Circoli, incontri, scontri e fusioni raccontano la comunicazione motoria tra uomini e animali dietro le pennellate grosse e “sbadate” di
Nicola Pucci (Palermo, 1966; vive a Roma). Di origini siciliane ma di formazione romana, l’artista espone per la prima volta in un museo italiano e l’Aranciera di Villa Borghese ospita alcune delle sue opere più significative, valide a tracciare la sua ricerca figurativa e sociale.
È nell’ampia sala d’ingresso, infatti, che il pelo scuro del muso di un mastino si confonde con i capelli di un pugile intento a colpire il suo avversario, assolutamente ignaro della presenza mastodontica alle sue spalle: ne i
Tre boxer (2005) il cane ingombra un ring quasi evanescente, con lo sguardo lontano, intruso, incurante e incurato; due soggetti, la coppia di boxeur e la bestia, s’incontrano su un’unica tela, che inizialmente sembra riservare loro la minuziosa attenzione somatica del dettaglio, fin quando d’improvviso una pennellata traversa sbilancia il verso pittorico intrapreso e ne devia la fissità.
Il gioco motorio e fugace di un pennello “distratto” accomuna la maggior parte delle opere di Pucci, trovandosi a dar forma comunque impeccabile a uomini e animali verosimili, il cui connubio sfida gli odierni rapporti sociali: sfuggevolezza e surrealtà si imbattono in tele dagli echi baconiani, soprattutto se si guarda ai primi lavori dell’artista (non presenti in mostra), in cui trittici di volti adulti sfigurano leggermente i loro tratti somatici.
E se non basta un mastino dall’aria distratta e innocua a presenziare un ring che ricorda i dipinti del contemporaneo
Guida, pennuti pollastri dalle multiforme creste accompagnano la preghiera di una
Donna con galli (2008) o assumono lentamente le sembianze di un uomo (
Uomo con gallo, 2000 e una seconda versione del 2007) per completare la serie di “incontri” che il pittore intende mostrare. Nei “circoli” poi la lettura è un’adunata burlesca comunitaria dietro cui uomini distinti sbirciano ognuno il quotidiano, bianco, del vicino: nessuna parola scritta conferma in ogni caso la presunta lettura sbirciata, altro ironico contraccolpo d’una comunicazione mancata.
Al piano superiore, già solenne di
Giorgio de Chirico da collezione, il Museo Bilotti dedica infine una piccola sala alla serie “scontri” da cui sono tratte le “fusioni” di volti adulti. Con una particolare tecnica di collage in cui trapela l’effetto retinico della Op Art, Pucci ritrae doppiamente un uomo, raccontandone due diverse espressioni, poi accuratamente incide verticali nastri di tela e, una volta scomposti, li ricompone saltuariamente e senza un rigore figurativo preciso. Ciò che appare è
Volti III (2007), un dislivello ottico che sbilancia il ritratto, ora alterazione motoria dell’espressività fisiognomica dell’opera.
Per concludere con le parole della curatrice Giusi Diana, “
la meraviglia non è esattamente la reazione che ci si aspetta da parte di chi si occupa di critica d’arte, eppure inaspettatamente i dipinti di Pucci provocano meraviglia, o meglio secondo un’accezione colta: ‘maraviglia’”.