Il passato – quello lontano della Roma Caput Mundi – può avere i colori caldi della terracotta o il fascino algido dei marmi policromi.
Così ce lo raccontano due mostre, due allestimenti – tra Palazzo Caffarelli, in Campidoglio ed i Mercati di Traiano, con una passeggiata da non perdere nella Via Biberatica – che diventano un percorso dalla tarda età repubblicana ai fasti dell’Impero. Un vero e proprio itinerario, questo, per una giornata à rebours…
Piccola e preziosa è la mostra Gli dei di terracotta, allestita all’interno dei Musei Capitolini: quasi un dossier – ma senza pretese d’essere definitivo – dedicato allo strano caso del frontone di via di San Gregorio; l’enigma archeologico si svela poco a poco: all’inizio una serie di pannelli ne ripercorre la storia, mentre le sculture – ormai ricomposte – aspettano il visitatore nell’ultima sala.
Quando vennero rinvenuti – nel 1878 durante gli scavi condotti nella zona di Via di San Gregorio (tra il Palatino ed il Celio) – questi frammenti di terracotta colorata non erano che tanti pezzi di un tutto sconosciuto: catalogati e divisi tra musei e depositi sono stati oggetto di ricerche e tentativi di lettura; l’ultima ipotesi – presentata adesso all’attenzione del pubblico e degli studiosi – è frutto di un decennio di studio condotto da Laura Ferrea. Dovrebbe trattarsi del frontone di un tempio di tarda età repubblicana, probabilmente distrutto durante l’incendio del 64 d.C (siamo ai
Ercole è alle prese con un mostro marino, nel rilievo posto alla sommità del tempio (l’introduzione del rilievo acroteriale con il mito di Ercole ed Esione è una novità nelle ipotesi di ricostruzione fino adesso proposte), più in basso si svolge il sacrificio rituale, dei ed uomini trovano posto nel triangolo schiacciato: al centro una figura maschile armata di lancia, ai lati due dee, quindi – procedendo simmetricamente – due personaggi togati e due che conducono gli animali.
Lo spazio si riduce drasticamente e si riducono anche le dimensioni delle sculture, strizzando l’occhio ad una rigorosa gerarchia. Ancora difficile stabilire a chi fosse dedicato il tempio e determinare con precisione l’ubicazione: potrebbe essere Marte – prepotentemente implicato nel mito che racconta la fondazione di Roma – la figura centrale del fregio, rimangono ancora senza nome – o meglio senza un’identità certa – le figure femminili e gli altri partecipanti al corteo.
È di scena il marmo, ai Mercati di Traiano, protagonista di una grande mostra: bianco e colorato, raro o d’importazione, comunque costoso piaceva ad imperatori, aristocratici e nuovi ricchi ed era esecrato dagli scrittori – sono noti passi di Tibullo, Properzio, Orazio – intenti a condannare il lusso sfrenato e gli eccessi (ed intanto, parlandone ne alimentavano il mito…). Che si trattasse di luxuria privata o di publica magnificentia la scelta di utilizzarlo era come un’affermazione inequivocabile, segno di potere e manifestazione esplicita di prestigio.
In mostra: statue colossali – l’Imperatore seduto, in porfido, che proviene da Cesarea Marittima (Israele) – ritratti, divinità, animali, alcuni pezzi mai esposti a Roma ed una prima visione assoluta: il tripode con i barbari inginocchiati del I secolo, in cui l’uso del marmo colorato rasenta il virtuosismo tecnico.
E ancora molte curiosità: dagli attrezzi utilizzati per lavorare il marmo, alla ricostruzione in scala reale di una macchina di sollevamento, fino alle collezioni di lastrine di marmi ottocentesche, veri e propri repertori colorati, un po’ retaggio erudito, un po’ passione a la page.
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