Categorie: rubrica curatori

CURATORIAL PRACTICES

di - 17 Gennaio 2018
L’arte concettuale oggi non riguarda solo gli oggetti immateriali, ma il lavoro immateriale che opera nell’economia della conoscenza, coinvolgendo nel processo anche il cervello. Ne parlo con Warren Neidich conclamato artista post concettuale, docente, scrittore e teorico.
The Psychopathologies of Cognitive Capitalism. Part Three: The Cognitive Turn indaga molti dei concetti introdotti nei primi due volumi: il capitalismo cognitivo, che si intreccia nei suoi effetti sulla psiche. Puoi presentarlo, per favore?
«Questo ultimo volume di Psychopathologies of Cognitive Capitalism nasce dai risultati delle deliberazioni che hanno avuto luogo durante due diversi simposi. Il primo, tenuto da Mark Fisher e da me, con la conferenza intitolata The Psychopathologies of Cognitive Capitalism Part Three: The Cognitive Turn al Department of Visual Culture, del Goldsmiths College. Il second evento è stato nel Marzo del 2015 organizzato in congiunzione con il Goethe-Institut di Los Angeles ed era intitolato Noise and the Possibility of a Future. Questo libro combina casualmente elementi di entrambi i programmi».
Chi ha contribuito?
«Le collaborazioni includono i saggi di: Meena Alexander, Amanda Beech, Franco “Bifo” Berardi, Ray Brassier, David Burrows, Tyler Coburn, Jacquelene Drinkall, Mark Fisher, Bronac Ferran, Matthew Fuller, Liam Gillick, Melanie Gilligan, Scott Lash e Anthony Fung, Lambros Malafouris, Anna Munster, Warren Neidich, Dimitris Papadopoulos, Luciana Parisi, John L. Protevi, Howard Slater, Kerstin Stakemeier, Ryan Trecartin, Marina Vishmidt. Franco “Bifo” Berardi è l’unico autore incluso in tutti e tre i volumi».
Pizzagate, 2017. Neon glass sculpture, circa 400 x 500 x 280 cm
Come definisci questa nuova edizione?
«Questa terza edizione fa eco con i primi due volumi nel suo interesse per le prime fasi del capitalismo cognitivo, specialmente dove si interseca con il post-Fordismo e il post-Workerism. Continua la discussione sulla precarietà, la valorizzazione, l’economia 24/7, la finanziarizzazione del capitale, l’economia comportamentale e il lavoro immateriale come forza sociale per cambiare la sub-reattività. Inoltre celebra e ribadisce la discussione sulla svolta neurale o cognitiva nel capitalismo, in particolare la sua attenzione alle capacità della nuova economia di scolpire il potenziale plastico neurale del cervello e i processi di epigenesi».
Come è iniziato il lavoro di ricerca? In modo autonomo?
«Come afferma Franco Berardi nella sua pubblicazione Soul At Work, l’autonomia comprende la formazione dei soggetti come il rovescio della medaglia nel processo di normalizzazione: la lotta in primo piano, la resistenza, il ritiro e le linee di fuga che sfuggono al sistema capitalistico di dominio. Insieme, cospirano per produrre un argomento alternativo. Rifiutando la temporalità sincrona e melodica posta dal capitalismo per una scelta che è singolare e talvolta rumorosa. L’importanza delle organizzazioni politiche collettive in questo processo non può essere sopravvalutata. Cosa significa veramente? La resistenza autonoma negli anni Sessanta ha funzionato su due fronti. Il primo nell’azione della così definita politica dei prezzi in cui i quartieri e le sezioni delle città adottavano strategie di prezzo comuni per ridurre i costi dei bisogni di base come l’elettricità e i trasporti che hanno rifiutato la cosiddetta razionalità economica dell’offerta e della domanda. Il secondo elemento era il potere salariale che si rifiutava di collegare la produttività al salario. Ma con la nuova economia tutto è cambiato. La nuova economia intrappola le energie cognitive, emotive, immaginarie e affettive. Questo cosiddetto mettere l’anima al lavoro genera effetti paradossali. Il capitale umano e le sue capacità intellettuali sono ora vincolati all’opera stessa e ora il lavoro è dove sorge l’autostima e la libertà di creare. Il rifiuto del lavoro diventa quindi il rifiuto del sé. In questo nuovo ambiente i vettori insurrezionali non possono più mappare nella vecchia economia e nelle guerre sociali che ha indotto. Al contrario, si verificano diversi cambiamenti, come l’ascesa del lavoratore di massa e l’importanza dell’intelletto generale che non é più legato al capitale fisso e al sapere scientifico ma al cervello sociale. Nella mia analisi questo cervello sociale diventa il luogo in cui la sostanza stessa del cervello diventa il capitale fisso. Il capitale circolatorio e il lavoro immateriale lasciano tracce nell’hard ware dei circuiti cerebrali come memorie. Quindi l’idea di autonomia è perché legata all’idea della neuro biopolitica. L’autonomia comprende la formazione dei soggetti come il rovescio della medaglia del processo di normalizzazione: la lotta in primo piano, la resistenza, il ritiro e le linee di fuga che sfuggono al sistema capitalistico di dominio. Insieme, questi cospirano per produrre un argomento alternativo. L’autonomia rifiuta la temporalità sincrona e melodica postulata dal capitalismo. Sto sostenendo che l’autonomia riguarda la stabilizzazione selettiva delle sinapsi in un sistema nervoso variabile attraverso l’azione di un ambiente estraniato alla plasticità neurale del cervello producendo un cervello singolare della moltitudine».

The Palinopsic Field, Installation view, LACE (Los Angeles Contemporary Exhibitions), 2016


Il nuovo clima estetico permette bene questo tipo di approccio radicale. Stiamo cambiando la nostra vita e il metodo nel quale usiamo il nostro cervello. Puoi introdurci l’economia della conoscenza impegnata nel processo del cervello, per favore?
«Per questa domanda dobbiamo riunire tre idee attualmente in circolazione. La prima presa a prestito da Marx, è eloquentemente sviluppata da Catherine Malabou nella sua introduzione al suo libro What Should We Do With Our Brain: “Gli umani producono il loro cervello, ma non sanno che lo creano”. Implicita a questa affermazione è un riferimento al lavoro dei neuroscienziati Jean-Pierre Changeux e Gerald Edelman secondo cui il cervello non è un dato a priori ma attua una condizione a posteriori, il risultato dell’ambiente. Il cervello è scolpito dalle contingenze in via di sviluppo con le quali si trova di fronte agli ambienti uomo / donna in continua evoluzione. La capacità del cervello di cambiare e modificare non è semplicemente un fenomeno generazionale ma un processo storico. La sua forma è il risultato di un processo coevolutivo; nel quale riflette le relazioni sociali, politiche, economiche, psicologiche e spirituali definendone lo spirito di ogni generazione attraverso un’architettura neurale. In terzo luogo, questi cambiamenti non sono casuali ma sono il risultato di evoluzioni temporali quantitative che raccolgono potere. Come ha affermato Engels, i processi della natura non sono metafisici ma materiali e tracciano una storia. Ha ipotizzato, invocando Darwin, che lo sviluppo della vita è un processo che ha richiesto milioni di anni di accumulo e di distruzione di forme. Qui adattiamo le teorie di Gerald Edelman che aveva intuitivamente capito che la capacità del cervello di cambiare e la sua connessione con l’ambiente era costituita da una teoria analoga a quella di Darwin chiamata Theory of Neuronal Group Selection. Che il cervello fosse in costante mutamento era evidente, ora come nel passato, che i suoi gruppi neuronali fossero selezionati in modo darwiniano, nel suo rapporto con un ambiente umano costantemente dato nel processo di metamorfosi. Infine questa dialettica è una lotta di opposti che si contendono l’ascesa. È in questa teoria del materialismo dialettico e storico del cervello che troviamo dove risiedono il potere dell’arte e dell’architettura. L’uomo e la donna hanno il potere di cambiare e complessificare le stesse condizioni del mondo attraverso cui creano una nuova architettura neurale. Attraverso il mio termine neuropower gli umani sono ora esplicitamente consapevoli del potenziale di questa plasticità neurale e in effetti questa è l’arena fondamentale della politica di oggi. Sottolineando la lotta su chi controlla questo processo di cambiamento dialettico nell’evoluzione del cervello ora e nel futuro. Siamo in una situazione di stallo in cui il liberalismo anarchico di sinistra, dell’estrema sinistra e il liberalismo del grande capitale di destra non corrispondono più alle esigenze della post modernità».

Duende Diagram (2014) from the exhibition The Cartography of the Mind’s I at Barbara Seiler Gallery, Zurich

Una memoria precaria si sta affacciando sempre più nel pensiero.
«Come ho scritto quasi vent’anni fa nel mio saggio Blow-up: Photography, Cinema and the Brain una forma di memoria precaria diventa una componente essenziale dell’archivio neurale e come conseguenza domina l’immagine del pensiero prodotto sul palcoscenico dell’occhio delle menti.
Usando Blow-up di Antonioni per argomentare il mio caso, ho sostenuto che Thomas, il fotografo e il protagonista del film, in preda all’esaurimento nervoso, alla fine del film interpreta un immaginario gioco di tennis, il risultato di un conflitto tra realtà e riflessione tra due sistemi di memoria; un vero fatto emerso dai suoi ricordi incarnati derivanti da un’interazione con la natura e un’altro basato sull’artificialità, come lo erano i suoi ricordi creati facendo delle fotografie che erano state interiorizzati e costituivano insieme un archivio alternativo. Dissi allora che queste memorie fotografiche erano più faticose e più efficaci nell’insinuare se stessi attraverso i processi Darwiniani, nell’hardware della rete nervosa del cervello. Nel mio ultimo lavoro Pizzagate ho portato questo argomento ad un ulteriore passo avanti e ho esplorato la possibilità che questo processo costituisca il fondamento stesso del programma insidioso costituito dall’Alt Right chiamato click bait e meme magic. Fare clic attira l’attenzione degli utenti di Internet e a fare clic con il mouse sul contenuto è un esca. Le notizie false sono uno stimolante più forte per fare clic su notizie reali e sono quindi preferite dagli inserzionisti e dai web designer che lavorano nell’economia dell’attenzione. L’economia dell’attenzione monetizza l’attenzione».
Pizzagate, 2017. Neon glass sculpture, circa 400 x 500 x 280 cm, particolare
Come l’arte può cambiare realmente il cervello?
«Il potere dell’arte costituisce nella capacità del cervello di modellare esplicitamente l’ambiente. Gli artisti e i designer, mentre partecipano alla trasformazione del campo visivo, uditivo e tattile e dell’ambiente culturale, diventano specialisti nella programmazione e nel trattamento delle piattaforme multiple su cui questi campi sono espressi, siano essi analogici o digitali. Nelle fotografie, nei video, le poesie, ed i concerti di musica acustica e performance utilizzando i programmi software: Photoshop, InDesign e Final Cut Pro, Autocad, Sketch up e Rhino, hanno accumulato un incredibile potere di mutare le condizioni degli ambienti progettati e del cervello; e nemmeno lo sanno. Le implicazioni di questa affermazione sono profonde. Bruce Wexler nel suo libro Brain and Culture fa alcune dichiarazioni sorprendenti che sono significative per gli artisti, i cineasti, i poeti e gli architetti».
Pensi di essere un attivista?
«Non mi considero un attivista nel modo in cui Franco Berardi lo è. Sono ammirato dalla sua capacità di trasferirsi in luoghi di conflitto ed ispirare le persone all’azione. Preferisco vedermi come un rilanciatore di coscienza che spero ispirerà gli attivisti ad agire».
Camilla Boemio
@https://twitter.com/camillaboemio

Scrittrice d'arte, curatrice e teorica la cui pratica indaga l'estetica contemporanea; nel 2013 è stata curatrice associata di Portable Nation, il padiglione delle Maldive alla 55.° Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, dal titolo Il Palazzo Enciclopedico; nel 2016 è stata curatrice di Diminished Capacity, il primo padiglione della Nigeria alla XV Mostra Internazionale di Architettura, con il titolo Reporting from the Front; nello stesso anno ha partecipato a The Social (4th International Association for Visual Culture Biennial Conference) alla Boston University. Nel 2017, ha curato Delivering Obsolescence: Art Bank, Data Bank, Food Bank, un Progetto Speciale della 5th Odessa Biennale of Contemporary Art. E’ membro della AICA (International Association of Arts Critics). Boemio ha scritto e curato libri; ha contribuito con saggi e recensioni a varie pubblicazioni internazionali, scrive regolarmente per le riviste specializzate, e i siti web; ha tenuto parte a simposi, dibattiti e conferenze in musei e festival internazionali.

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