La diffusa sfiducia verso una corretta informazione porta a non dare sufficiente rilievo a certe tematiche, come quella dei diritti delle donne e, più in generale, quella dei ruoli di genere e del femminismo. Si procede convinti che certe questioni fondamentali siano state risolte in un passato glorioso e unico, dai toni netti, quelli del bianco e nero. Non ci si rende conto che alcune questioni rimangono latenti e, se mal gestite da anni di indifferenza, possono tornare ed assumere toni ancor più aspri. Il femminicidio è sotto gli occhi di tutti e in Italia, negli ultimi anni, ha assunto proporzioni allarmanti.
Anche nell’ambito della produzione culturale siamo abituati al femminismo tradizionale, quello degli anni Sessanta e Settanta, ma molti progetti artistici degli ultimi anni mirano a ridare attenzione alla questione, a volte in maniera più sottile, altre con interventi più ‘popolari’. È interessante oggi osservare come le donne, esauste di dover ancora ribadire certi diritti, sembrino essere diventate più consapevoli della loro ‘unicità’, fatta di intuito, coraggio, resistenza passiva, indipendenza, istinto materno e assunzioni di colpe. E sembra naturale che le giovanissime generazioni di artiste vogliano parlare delle problematiche legate al gender in maniera diversa, apparentemente ingenua e populista, ma proprio per questo molto diretta.
L’inglese Sarah Maple, classe 1985, ha già ricevuto enormi attenzioni sin dal 2007, anno in cui, in concomitanza con la fine degli studi presso la Kingston University, ha vinto il premio 4 New Sensations, istituito proprio quell’anno dalla Saatchi Gallery. È stata poi definita «l’erede al trono di Tracey Emin» da Andrew Johnson su The Independent on Sunday e la sua prima personale del 2008 a Londra presso la Salon Gallery ha causato reazioni molto violente. L’artista si definisce musulmana (la madre è musulmana e il padre è cristiano) e alcuni lavori esposti in quell’occasione erano chiaramente provocatori. Ha deciso, quindi, di alleggerire la tematica religiosa e di dedicarsi maggiormente al femminismo.
Maple utilizza diversi medium, dalla fotografia alla pittura alla documentazione video di performance. Al centro di ogni suo lavoro c’è sempre lei, con il suo tipico taglio di capelli che è divenuto anche il suo logo, che interpreta diversi ‘ruoli’ in maniera ironica e sovversiva allo stesso tempo.
Di recente Sarah Maple ha ricevuto un enorme interesse in Irlanda del Nord e, precisamente, a Belfast dove la Golden Thread Gallery l’ha promossa in ben tre progetti. Il primo, dal titolo YOU CAN’T JUST PUT YOUR WORK EVERYWHERE, è stato curato dal giovane Ben Crothes e realizzato in partnership con la Golden Thread Gallery e il supporto di Arts & Business Northern Ireland durante lo scorso Belfast Festival at Queen’s. Si tratta di una serie di sei grandi manifesti affissi nel Cathedral Quarter (la zona artistica della città) con la riproduzione di opere fotografiche molto note dell’artista, come ad esempio Self Portrait with Kate Moss del 2007 o Lollypop, opera già utilizzata come poster per la metropolitana londinese prima dell’inaugurazione della sua personale It’s a Girl!, tenuta nel 2012 presso la Aubin Gallery.
La Golden Thread Gallery ha inoltre appena chiuso una grossa personale di Maple, dal titolo God is a Feminist, inaugurata il 28 febbraio 2014. Nel frattempo, insieme ad altre artiste – Gemma Anderson, Charlotte Bosanquet, Ursula Burke, Shelby Hanna, Mary Morgan, Tonya McMullen e Sinead O’Donnell – lo spazio nordirlandese ha portato alcune opere di Maple a Scope New York, confermando così il forte interesse verso l’artista inglese.
God is a Feminist potrebbe definirsi quasi un’antologica della Maple che, sommata al progetto dei manifesti, restituisce un ritratto abbastanza completo della sua produzione. Le due grandi sale della galleria hanno ospitato una selezione di stampe fotografiche e di dipinti a olio tra cui Menstruate with Pride del 2010-2011, un trittico che ritrae l’artista al centro, vestita di bianco con una macchia rossa all’altezza dell’inguine, che guarda lo spettatore orgogliosa mentre intorno amici e parenti la osservano disgustati. L’olio era già stato esposto in due personali, quella del 2012 a Londra e quella del 2013 presso il Kunstihoone in Estonia.
Nel corridoio di congiunzione delle due sale sono state invece esposte due documentazioni video di performance, Slaps e Soap Box, entrambe del 2013, mentre la sala finale, tinteggiata di rosa, ha ospitato la serie dedicata alle protagoniste femminili di Walt Disney, del 2011. Sei ritratti fotografici rappresentano ciascuno una principessa (Bianca Neve, Cenerentola, la Bella Addormentata, la Sirenetta, la principessa Jasmine e la Bella di La Bella e la Bestia) che guarda lo spettatore con il diploma in mano. Ai lati di questa serie vi sono sei lightbox in cui le medesime protagoniste delle fiabe si ritrovano a rivestire ruoli normalmente “attribuiti” al genere maschile come, ad esempio, la Bella Addormentata (vestita ovviamente come tale) che svolge un’operazione a cuore aperto.
La presenza costante dell’opera di Maple nel panorama artistico di Belfast degli scorsi mesi non può che sollevare la questione dei ruoli di genere nel più vasto panorama della storia e della politica nordirlandese e in particolare di come le donne, lungo tutte le travagliate vicende dei Troubles, siano state, insieme ai bambini, le vittime silenziose ma resistenti di una lotta armata decisa e fatta quasi esclusivamente da uomini.
Il linguaggio volutamente sfacciato e Pop della Maple arriva dritto al punto, senza passare lungo la sfera dell’emotività. Quando le sue opere si inseriscono nel tessuto sociale attraverso manifesti e poster il connubio di parole e fotografie riesce ad essere tagliente perché così è necessario fare quando si è guidati dall’urgenza del pericolo.