14 luglio 2014

L’altra metà dell’arte

 
Intervista a Francesca Ceccherini, project manager e producer di contemporary locus, un progetto che prevede il coinvolgimento di artisti contemporanei per l’interpretazione di spazi urbani dimenticati.
di Manuela Valentini

di

Francesca, cos’è contemporary locus?
«contemporary locus è un’associazione culturale onlus che nasce nel 2012 con l’obiettivo di riscoprire luoghi dismessi e segreti, a partire dal territorio bergamasco, attraverso progetti d’arte contemporanea site specific quali chiave di lettura, apertura e interpretazione. L’attenzione è rivolta prevalentemente a luoghi ‘invisibili’ che nascondono ancora un interesse storico-artistico o sociale. Il nostro lavoro è spinto da curiosità e determinazione, nel superare porte chiuse e spazi precari, abbandonati o sconosciuti. Dopo una prima fase di ricerca dei luoghi, ci dedichiamo a studiarne la storia e approfondire la loro condizione di segretezza e silenzio. Queste suggestioni sono fondamentali per la ricerca degli artisti, italiani e stranieri, selezionati in base a poetiche, ricerche e specificità espressive che possono dialogare per relazioni o interferenze con gli spazi. Oltre all’attività espositiva costruiamo momenti di accoglienza e riflessione dedicati alle pratiche artistiche contemporanee: Welcome to Bergamo #wtobg. Sono occasioni per riflettere, per  sviluppare nuove reti e per aprire le porte della città a interlocutori diversi del sistema dell’arte. 
contemporary locus è Paola Tognon, direttrice artistica e curatrice, Elisa Bernardoni, anima tecnologica e amministrativa, ci sono io Francesca Ceccherini che mi occupo della produzione, e Maddalena Bonicelli, l’ufficio stampa. Ma contemporary locus è anche tutte le persone che collaborano con passione e in forma volontaria ai progetti. E sono molte, il team si allarga da 4 a 15/20 persone a seconda dei progetti.» 

Arriviamo alla produzione delle opere… Di cosa ti occupi nello specifico?
«Il mio lavoro consiste nel coordinamento delle attività dell’associazione e nella produzione dei progetti espositivi. Coordino le fasi di ricerca e studio, passando per la richiesta dei permessi e per il fundraising. Di ogni singolo progetto seguo invece la produzione delle opere con il curatore e gli artisti per stabilire la fase logistica, i tempi e le modalità di realizzazione, fino al momento dell’opening. La fase più delicata è forse quella dedicata ai sopralluoghi, in cui gli artisti trovano un primo contatto con lo spazio, con la sua dimensione e la sua atmosfera. Conoscere sin dall’inizio il progetto dell’artista coinvolto e le sue trasformazioni mi permette di osservare da vicino anche la parte inventiva con lo scopo di raggiungere l’obiettivo più vicino possibile alle aspettative dell’artista, del curatore e quindi dell’associazione. Sono parte di contemporary locus e quindi bilancio il mio ruolo che, in qualità di producer, non è direttamente legato al solo artista. Diversa ma importante, la fase di fundraising, ossia il coinvolgimento di partner e sponsor che consentono l’effettiva produzione del progetto. contemporary locus è seguita con continuità da due main partner, la Fondazione Credito Bergamasco e La Rocca srl, azienda di Martinengo leader nella produzione di abbigliamento sportivo di alta gamma, esempio di qualità nel Made in Italy. Sono coinvolti poi altri interlocutori, sponsor che offrono erogazioni liberali oppure competenze, materiali o servizi.»
Qual è l’ultima fatica di contemporary locus?
«Forse penso più a una sfida. Oggi siamo giunti alla sesta edizione di contemporary locus che quest’anno si svolge all’interno di San Rocco a Bergamo, una chiesa del 1400 sconsacrata e chiusa da ottant’anni. In condizione di totale dismissione, con problemi di statica e divieto di praticabilità, sono state invitate a lavorare le artiste Margherita Moscardini e Jo Thomas. Margherita ha realizzato un’opera site specific che ha fatto della messa in sicurezza la natura del suo lavoro realizzando un passaggio, un percorso ascendente protetto da reti metalliche che dall’ingresso della chiesa arriva alla finestra contrapposta. L’opera raggiunge l’obiettivo di rendere accessibile l’ex chiesa, praticabile e “attraversabile come una piazza”. L’apertura notturna, complessa dal punto di vista logistico, prevede l’accensione di luci da cantiere collegate al sistema di illuminazione cittadino. Quando la città si illumina, anche San Rocco si illumina, accentuando il senso di inclusione nello spazio pubblico. In questo progetto l’Impresa Poloni e l’architetto Francesco Valesini, accettando con noi la sfida di costruire una struttura di sicurezza declinata nella ricerca contemporanea di Margherita, hanno avuto un ruolo fondamentale. Insieme al progetto di Moscardini, la composizione sonora di Jo Thomas, artista inglese che ha riscritto in musica la morfologia dello spazio e della luce, registrando rumori e antichi suoni, come l’organo seicentesco anticamente presente. Jo ha disegnato prima di comporre e ha scritto in seguito per suggerire, attraverso note elettroniche, l’universo segreto di San Rocco. Anche l’installazione di Thomas funziona notte e giorno: due speaker monodirezionali che dal 17 maggio non si fermano mai. Selezionata l’azienda migliore e più adeguata, l’installazione sonora è stata realizzata con Sangalli Tecnologie che ha fornito impianti audio di alta qualità, ha concesso il prestito in condizione di minima sicurezza e con un funzionamento continuo 24H. Nei progetti espositivi il mio ruolo consiste nella produzione dell’idea espressa dall’artista, nella decisione della strada da intraprendere, nell’individuare professionisti che abbiano le competenze necessarie e nella gestione delle relazioni tra i diversi interlocutori.» 

Tutto ciò in cambio di cosa? Per chi?
«Le aziende sono coinvolte in tutta la nostra comunicazione – istituzionale, digital e social – allo scopo di raccontarsi attraverso l’arte. Questo meccanismo è quello che da molti anni aiuta molte realtà culturali straniere, che hanno ridotto al minimo la dipendenza dal finanziamento pubblico per rivolgersi ad aziende o imprenditori in cambio di riconoscimenti e sgravi fiscali importanti. In Italia c’è ancora una forte dipendenza dal settore pubblico che spesso significa rallentamento a causa di un sistema contributivo che non funziona e dalla mancanza di fondi per la cultura. Ciò che cerchiamo di fare, dunque, è coinvolgere il privato, renderlo attivo, consapevole e partecipe, offrendogli allo stesso tempo la possibilità di farsi conoscere e di raccontarsi per mezzo di un progetto culturale. Ci piace fare visita alle aziende, conoscere gli spazi di lavoro, i segreti del mestiere, le persone che vi lavorano. Ogni azienda ha un suo universo che con quotidianità si accende e si spegne, c’e molto da scoprire e da raccontare. Questo è l’approccio di contemporary locus.»  
E una volta terminate queste mostre cosa ne è degli immobili?
«Tutte le nostre installazioni sono temporanee e si differenziano da progetti permanenti di recupero. Il nostro obiettivo è sensibilizzare la comunità, riaccendere la memoria dei luoghi, rendere consapevole la collettività del tessuto urbano in cui vive e diffondere l’arte contemporanea. Le nostre azioni hanno spesso delle conseguenze: il Luogo Pio della Pietà Bartolomeo Colleoni per esempio, primo progetto di contemporary locus con Huma Bhabha e Francesco Carone, è divenuto anche sede espositiva per mostre temporanee. E ancora l’ex Hotel Commercio, dove hanno lavorato Francesca Grilli e Vlad Nanca, sembra stia stringendo accordi per il suo recupero con il ripristino a hotel. Per San Rocco invece stiamo progettando un convegno dedicato alla sua futura ri-funzionalizzazione, grazie anche all’intervento dell’Ordine degli Architetti e degli Ingegneri che sono stati motore del progetto contemporary locus 6. Oggi succede che le persone ci indichino nuovi luoghi della memoria. Sta succedendo qualcosa di coinvolgente da più parti.»
Le mostre prevedono cataloghi?
«Non stampiamo un catalogo tradizionale, ma sviluppiamo delle app che di fatto diventano i nostri cataloghi digitali. Sono gratuite, come l’accesso a tutti i nostri progetti, e si possono scaricare da iTunes in italiano e in inglese. Al momento stiamo lavorando alla numero 6. Le app raccolgono testi, immagini e video dedicati alla mostra, alla storia del luogo e agli artisti coinvolti, e ci consentono di raggiungere un’utenza eterogenea per geografia ed età, grazie anche alle otto piattaforme social attive. Tutto ciò è reso possibile grazie alla competenza di Elisa Bernardoni, vice presidente dell’associazione, sviluppatrice e responsabile del media project di contemporary locus. Per ogni mostra chiediamo infine a giovani artisti di realizzare video interpretativi, tracce documentarie ad oggi realizzate da Beatrice Marchi, Marco Chiodi, Giovanni Sannino e Giacomo Regallo, pubblicati sul nostro canale Vimeo.»

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