Alessandro, dove sei nato e quanti anni hai? Dove vivi e lavori al momento?
«Sono nato in provincia di Varese, vicino al confine con la Svizzera e ho 29 anni. Vivo a Milano e il mio lavoro si divide principalmente tra Gallarate, dove lavoro al Museo MA*GA e San Marino dove sono curatore di Little Constellation».
A proposito di “Little Constellation”… In che cosa consiste?
«Little Constellation è un progetto di due artisti sammarinesi, Rita Canarezza e Pier Paolo Coro. Nasce come lavoro di ricerca dedicato all’arte contemporanea nei piccoli stati e nelle micro-aree geo-culturali d’Europa. Oggi Little Constellation è un network internazionale per l’arte contemporanea che vede la collaborazione di oltre cinquanta istituzioni tra paesi quali Andorra, Cipro, Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Montenegro, San Marino Canton Ticino, Ceuta, Gibilterra, Kaliningrad, Isole Aland, Isole Faroe, Guernsey, Jersey. Il network si propone prima di tutto come piattaforma internazionale conoscitiva, per la diffusione di informazioni, esposizioni, incontri e residenze per artisti, nonché per favorire la creazione di co-produzioni e di collaborazioni per nuovi progetti, sia per quanto concerne produzioni artistiche che a livello espositivo ed editoriale, con artisti, associazioni, musei, centri per l’arte, istituti pubblici e privati e fondazioni internazionali. Il network oggi è frutto del lavoro dei due artisti fondatori del progetto e mio, anche se non va mai dimenticata l’importanza, fondamentale, di Roberto Daolio».
Che ricordi hai di Roberto Daolio?
«Ho conosciuto Roberto nell’inverno 2009, grazie a Rita e Pier Paolo in occasione della mostra che stavano iniziando a organizzare per la primavera successiva a Careof, a DOCVA e alla Sala delle Colonne presso la Fabbrica del Vapore a Milano. Roberto si è occupato di Little Constellation sin dal 2004, io in quell’occasione ho lavorato come suo assistente e da quel momento sono entrato nel team. Nella mia formazione umana e professionale la figura di Roberto è per me fondamentale per la serietà della ricerca, la distanza da qualsiasi interesse narcisistico che spesso vede il curatore come “star” e per l’amore e dedizione con cui dialogava e seguiva gli artisti. Spero davvero di avere imparato, almeno un po’».
Dal 2004 lavori nel dipartimento educativo del Museo di Gallarate. Quale ruolo svolgi esattamente e di che cosa ti occupi? Come coniughi le tue conoscenze in materia di curatela con questa attività?
«Il MA*GA, il museo di Gallarate, è davvero il luogo dove ho avuto modo di sviluppare la mia professionalità. Ho iniziato a 20 anni a lavorare come semplice operatore didattico e la fiducia che negli anni ho ricevuto da varie persone, in primis dalla direttrice Emma Zanella, mi hanno permesso di crescere. Oggi nella mia attività progettuale non sento distanza tra pratica curatoriale e attività educativa. Mi spiego. Non mi ritengo un curatore, bensì un ricercatore culturale che utilizza lo strumento curatoriale per sviluppare una pratica discorsiva dell’esperienza dell’arte. In questo senso l’orizzonte educativo, i motivi, le politiche, le relazioni tra società civile e ricerca artistica contemporanea sono parte integrante del lavoro che cerco di fare. In termini pratici significa, soprattutto insieme alla mia amica e collega Lorena Giuranna, organizzare e curare seminari, laboratori, reinventare le metodologie attraverso cui il pubblico fruisce delle mostre e degli aspetti discorsivi e didattici ad esse legate, invitare artisti a costruire pratiche collaborative o di co-progettazione nate, per esempio, insieme a studenti d’arte o semplici curiosi. In questo senso penso, per esempio, ai progetti nati durante i mesi in cui il MA*GA era chiuso a causa dell’incendio: il seminario ANDARE e/o STARE di Giovanni Morbin o il progetto MAG – Museo Aperto ai Giovani condotto da artisti come Sergio Breviario, David Casini, Alice Cattaneo, Giovanni De Francesco, Andrea Magaraggia. A Gallarate, inoltre, sempre insieme a Emma Zanella, come Co-Segretario Generale mi occupo del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate, l’istituzione nata nel 1950 che ha effettivamente costituito il nucleo di opere da cui poi negli anni Sessanta è nato il museo. Vorrei sottolineare come tutte queste attività siano sempre progettate e sviluppate in una dimensione collettiva in cui confronto e dialogo sono fondamentali, è per questo che ci tengo a non comparire mai come “curator ex machina”».
Qual è il tuo sogno nel cassetto, professionalmente parlando?
«Lavorare alla Galleria Nazionale d’Islanda a Reykjavik è stata per me è un’esperienza davvero stupenda, per cui, ammetto, mi piacerebbe davvero tornarmene lassù!».
A cosa ti stai lavorando in questo periodo e quali i tuoi progetti futuri?
«Al momento è in corso questa mostra, Alternative Nomadi, presso la Fabbrica del Vapore a Milano che si ricollega all’esperienza, per me fondamentale, di Mediterranea 16 ed è stata l’occasione per ripensare ad alcuni dei lavori che il collettivo curatoriale, di cui ho fatto parte, ha selezionato per la XVI Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo. A conclusione di questo progetto, la mostra personale dell’artista e regista maltese Dustin Cauchi che inaugurerà il 9 Gennaio a Viafarini DOCVA. Inoltre con le mie colleghe e la mia direttrice si sta discutendo delle attività future del MA*GA, ora che abbiamo riaperto, e per quanto riguarda Little Constellation stiamo lavorando ad un progetto davvero ambizioso in un territorio di confine estremamente delicato, Gibilterra, ma al momento è ancora un po’ prematuro entrare nei dettagli».