Quanto è forte la cenere?
In un residuo bellico che è quello della cava del CarteC di Cagliari, rifugio sotterraneo degli sfollati della seconda guerra mondiale, si apre la mostra “Sénne” dell’artista Alessandro Biggio. “Sénne”, “cenere”, dal tabargino, il dialetto genovese dell’isola di Calasetta, spazio natio e lavorativo dell’artista, è l’esclusivo ed unico elemento che è necessario tenere a mente, nel corso della mostra curata da Paola Mura e visitabile sino al 1 luglio.
Cenere come stadio finale del tutto, uomini, animali, oggetti. Tutto finisce nella cenere.
In una ricerca che prosegue da dieci anni, Alessandro Biggio sceglie un materiale che nega l’essenza stessa di materia. E ora, viene trasposto in una grotta dove tutto è assorbito e conservato, nella quale non è insolito trovare il ricordo di qualcosa che non c’è più: un fossile animale, ad esempio.
Il percorso espositivo si compone di tre passaggi, ai quali Biggio fa scandire tre differenti tipologie di opere. Le prime, una serie di nove sculture poste su piedistalli in legno di faggio, hanno l’aria di piccoli idoli sacri, di simulacri di difficile definizione. Si prosegue nello spazio silente e meditativo della Sala della grotta, per fare l’incontro con lunghe foglie di palma bruciate. Infine, l’ambiente si fa più ampio: attorno a noi, quasi fossero radiografie di cenere su carta, gli fanno compagnia tre sculture di cenere intrecciate al cotone, come spade pendenti dal soffitto.
Lavorata come sabbia, la cenere viene scolpita e plasmata, in un procedimento che appare irrealizzabile. Gli chiedo come: “Lavoro senza collanti, solo cenere e acqua”.
Palme, ulivi, eucalipto e lecci sono i fantasmi delle opere di Biggio, tutte provenienti da Calasetta: “Esistono differenze cromatiche e di effetti sulla forma” mi dice: “Devo necessariamente combinarle per rendere l’opera fruibile”. Un’analisi dai meccanismi scientifici e da laboratorio: scelta del materiale, tentativi, prove, resa concreta.
“Quando ho iniziato a sperimentare, quasi subito c’è stato questo incontro con un materiale che era anche simbolo, ultimo stadio della materia”. Eppure, quando gli chiedo quali fossero le sue intenzioni nello scorgere questo bagaglio di significato, mi risponde in tono serafico: “Nessuno. E’ un atto fisico, prima di tutto”.
Alessandro Biggio, Sculture di cenere su tela di cotone intrecciata, 2018, Courtesy: Giorgio Marturana, Musei Civici
Un lavoro di mano, un’esperienza tattile: utilizzo delle dita, dei palmi, la cenere viene “impastata” e si osserva come reagisce. “È un lavoro di pancia”, mi ripete più volte, un processo nel quale la lucidità mentale arriva solo in fase ulteriore, mentre è l’istinto e l’approccio alla materia così diretto e sensibile, che hanno svelato all’artista in quale momento prendere una decisione piuttosto che un’altra, quale forma, quando fermarsi.
Eppure, al di fuori del rimando materico di cui la mostra è carica, mentre visito la CarteC, la mia osservazione è anche ricca di rimandi formali, dallo scorgere forme arcaiche all’idea di trovarsi in un luogo dalla memoria atavica: gli chiedo se sia solo una mia impressione.
“No, assolutamente. Ho assecondato un processo per quel che veniva fuori ed è scaturito qualcosa dal sapore arcaico, antico. Ha sorpreso anche me, per via di questo dialogo con la materia e con nessuna forma a priori.”
Sono tutte opere al limite della resistenza: si parla di cenere, dopotutto. Biggio mi spiega che la differenza sostanziale con altri materiali sta in due fattori: il fatto che solidificandosi, riesca a raggiungere una densità superiore allo stato di genere ma che se schiacciata o urtata, si sbricioli. L’ultimo stadio della materia, rigenera il processo di creazione: non eterna, ma in forme che richiamano la carne, il corpo. La cenere non racconta la sua decomposizione quanto invece la sua immutabilità ed il suo essere palpabile.
“Qualche visitatore mi ha chiesto se fossero scheletri di animali, c’è chi ha pensato alla sepoltura. Sono tutte chiavi di lettura valide perché suscitano curiosità sensoriale. Vuol dire che quel contatto “di pancia”, di istinto e di creazione primordiale, è emerso”.
All’origine della forma, la cenere non si disperde.
Elena Calaresu
mostra visitata il 29 aprile 2018
Dal 17 marzo al 1 luglio 2018
Alessandro Biggio- Sénne
CarteC – Cava Arte Contemporanea
Giardini Pubblici, largo Giuseppe Dessì – Cagliari
Orari: dalle 10:00 alle 18:00
Info: +39 070 677.7599