È facile di questi tempi sentir parlare dell’ipotetico “conflitto di civiltà” che minaccerebbe i già labili equilibri tra il mondo occidentale e quello mediorientale. Un particolare punto di vista nell’affrontare questa complessa questione ci viene offerto dalla mostra fotografica realizzata dall’ANSA, grazie alla collaborazione del Museo di Storia della Fotografia Fratelli Alinari, all’interno del progetto Ansamed, che promuove la circolazione delle notizie nei vari Paesi del Mediterraneo. È soprattutto il tema della conoscenza, del confronto e del rispetto in un ambito territoriale tutt’altro che omogeneo quello che viene fuori da questa selezione di circa 200 fotografie in bianco e nero, la maggior parte delle quali risalgono agli anni a cavallo tra ‘800 e ‘900. Immagini di usanze, religioni e lingue diverse che per necessità durante i secoli sono venute a contatto e che hanno sempre vissuto in un rapporto di amore-odio mediato da interessi commerciali e culturali. Tutti aspetti che vanno documentati e diffusi affinché diventino patrimonio comune.
L’elegante allestimento è curato sin dalla scelta cromatica, che privilegia i colori degli ulivi e delle terre; interessante è la presenza, accanto ai testi in italiano e inglese, di quelli in arabo.
Il percorso è un vero e proprio viaggio organizzato per aree geografiche, che ha un preambolo in una sezione dedicata ai paesaggi naturali: si attesta così da subito l’incredibile somiglianza tra luoghi anche molto lontani. Sono gli stessi paesaggi ad avere lo spazio maggiore, anche se non manca attenzione per la vita quotidiana. Fotografati entrambi nel 1900, i vicoli di Taormina e di Tétouan (Marocco) sembrano la medesima città.
Il Partenone nel 1907 era una “cattedrale nel deserto” rispetto al contesto attuale della caotica Atene. Il suk di Biskra (Algeria) e le donne cipriote al lavatoio mostrano gesti antichi e moderni allo stesso tempo. Sfortunatamente l’esposizione è priva di quelle foto più recenti (risalenti sino al 2004 e invece presenti in catalogo) che avrebbero accentuato l’impatto che ha avuto la modernità nel cambiare le città e l’ambiente naturale.
Ma la mostra è dedicata anche agli autori degli scatti, al Mediterraneo dei primi fotografi, ad un’attività pionieristica e non certo priva di rischi. Fino all’avvento della fotografia le persone conoscevano i Paesi lontani grazie a stampe, disegni e incisioni che spesso falsificavano la realtà. Calotipi e dagherrotipi permisero di ottenere invece immagini oggettive, tant’è vero che già dal 1835 gli archeologi sfruttarono questa enorme potenzialità nel loro campo. La documentazione e l’informazione sono oggi beni inestimabili, necessità mai svanite e che oggi si riaffermano prepotentemente e nei più svariati campi riguardo la mediterraneità, concetto sfuggente ma vivo nel dibattito contemporaneo.
matteo muggianu
mostra vista il 13 luglio 2006
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