Davanti alle opere di Bosich ciò che la mente richiama è quello stato di meraviglia e ambiguità dettate dalla rappresentazione di un’esistenza deforme, dove oggetti e figure decontestualizzati assumono significati metaforici. Da una visione onirica con richiami sessuali, figure ibride al limite del grottesco rimarcano l’incoerenza e l’assurdità della rappresentazione, andando al di là di qualunque significato attribuibile.
Visioni fantastiche ed alienanti esprimono in realtà la condizione psichica dell’uomo con cariche fortemente drammatiche spesso sconfinanti nell’ironia, dando luogo a forze contrastanti.
L’irrazionalità della pittura di Bosich non si può circoscrivere all’interno di un movimento ben definito, tracce di dadaismo, espressioni oniriche surrealiste, rappresentazioni simboliche e memorie occulte hanno permesso di definire la poetica dell’artista “strutturalismo magico”, ossia in grado di svelare le reali motivazioni che si celano nella forma, in quanto ottenuta attraverso la fusione d’idee provenienti da diversi ambiti conoscitivi. Evidenti le reminiscenze degli antichi bestiari medievali, della pittura “sacrilega” e tormentata di Hyeronimus Bosh e delle visioni allucinate di Max Ernst , dove la materia è vissuta nelle sue misteriose mutazioni.
Il tratto preciso e descrittivo è funzionale ad improvvise ed infinite metamorfosi, mentre l’elemento cromatico non risalta volumetricamente la forma ma contribuisce a renderla indefinita per la continuità in cui si pone tra figura e spazio circostante, conferendo all’opera la parvenza di una sorta di bassorilievo cromatico, dove domina la brillantezza perlacea del colore.
A proposito della poetica dell’artista Enzo Rossi-Roiss scrive“…ogni definizione può contenere soltanto ciò che è definibile, non definiamo Bosich… la sua extravaganza è tanto extra che ai ragionatori, ai
roberta vanali
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