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“Pay attention, please”, ovvero fuori la collezione sarda dal museo man di Nuoro.
Dispiace iniziare con una critica, così forte, la recensione dell’ultima mostra che il museo d’arte moderna della provincia barbaricina, propone fino al 14 ottobre. Dispiace perché, quest’importante manifestazione di respiro internazionale, che riunisce numerosi artisti d’eccezione, occupa con le sue opere, realizzate site specific, tutto il museo e probabilmente, da molti, solo per questo sarà ricordata.
Dal febbraio del 99 il man ha proposto importanti mostre, riuscendo a gestire, con notevoli successi sia la collezione permanente, costituita da grandi nomi del novecento isolano, sia le numerose mostre temporanee che si sono susseguite, affermandosi per qualità e dinamicità organizzative come la più notabile istituzione isolana per l’arte contemporanea.
Forte di questi successi la direttrice del museo, Cristiana Collu, ideatrice della mostra insieme a Fernando Castro Flores e Luca Beatrice, tenta il coraggioso salto sentito, a detta della stessa Collu, come il punto di svolta che la giovane vita del museo nuorese si presta a compiere.
Non si tratta della solita collettiva preconfezionata d’artisti internazionali che sbarcano in Sardegna, ma di una mostra ideata e realizzata su misura per il man. Il concetto della rassegna fa riferimento alla frase della famosa opera di Bruce Nauman che nel suo crescendo (da Pay Attention, please a Pay Attention Mother Fuckers) ne è la cifra mentre il celebre saggio di Walter Benjamim ‘Per una critica della violenza’, ne costituisce la permeabile cornice. L’attenzione come considerazione dell’individuo e dei suoi bisogni, come necessità che arriva ad imporsi anche attraverso la violenza più cruda e alla sua assuefazione, ha portato gli artisti a proporre una loro personale interpretazione che tiene conto dei molteplici e complessi aspetti che sottendono l’urgenza e l’attualità di questo tema.
Ventotto artisti invitati, più di una trentina le opere esposte. Diabolico braccio meccanico per il portoricano-statunitense Arnaldo Morales alla cui estremità sono collocate delle manette che, comandate dal visitatore, si serrano rumorosamente come un’inquietante e perversa macchina industriale. Nella stessa sala si trovano le traboccanti losangos della brasiliana Adriana Varejao: maioliche squarciate da lunghi tagli, vomitano materiale organico sottolineando un assurdo controsenso. Più ironica è l’improbabile navicella spaziale dello statunitense Steven Brower, realizzata con materiale di recupero: sembra più una casa giocattolo per bambini che un’astronave, forse per questo è destinata a rimanere incastrata nelle sale del man.
Il tedesco Jonathan Meese, presenta una videoinstallazione accompagnata da stilizzati volti, affiancati da simboli e scritte che ne individuano i personaggi: Stalin, Hitler, il marchese De Sade, Mendoza, Wagner, Caligola, Rasputin. – baffetti alla Hitler- diventano frequente segno grafico eletto, evidentemente, ad emblema per eccellenza della violenza nella storia dell’uomo.
Francesco Lauretta con Occidente, ridicolizza l’assistenzialismo occidentale nei confronti del terzo mondo mentre Andrea Chiesi propone la violenza sottoforma di G.R.U., mostri d’acciaio dalla secca geometria.
Un nuovo “quarto stato” in versione fine millennio, è la grande tela di Andrea Salvino, stessa tecnica, diversa condizione. Manifestanti, lanciatori di pietre e polizia in assetto antisommossa, sono ora i nuovi protagonisti di questa società divisa tra global e antiglobal. Gabriele Picco, propone una nuova forma dl melanoma quello proficuo, ossia colorati loghi aziendali: BMW, Malboro, Versace sparsi qua e la sulla pelle. Sullo stesso tema, l’opera Fashion victim, dell’olandese Erwin Olaf: patinate immagini fotografiche di nudi maschili e femminili, coperti nel volto, da eleganti buste delle famose griffe della moda internazionale, il titolo fa il resto.
Tedesca manifattura con tanto di aquila e svastica, nelle porcellane fotografate dal cubano Ernesto Pujol, esposte e predisposte in diverse soluzioni associate sempre a rigide scarpette da neonato. Sarà, ma questa mostra sembra più una provocazione alla moda dove il gesto “violento” sta nella negazione al visitatore della collezione sarda, più che nell’interpretazione degli artisti. Dopo lo sfratto subito dalla Galleria Comunale di Cagliari che, da luogo principe dell‘arte sarda è ora diventato sede della permanente collezione Ingrao, con i suoi Boccioni e Morandi, non sarà arrivato anche il turno del museo nuorese? Si badi bene, non è questa una critica nei confronti di un certo tipo di manifestazioni o di un certo tipo di arte, ma bensì il timore che il patrimonio artistico isolano venga considerato come un modesto riempitivo di cui accontentarsi tra una mostra internazionale e l’altra. Sperando non sia questo un pensiero della Collu, attendo fiducioso gli eventi futuri.
andrea delle case
Pay attention, please, fino al 14 ottobre 2001, Nuoro, Man, Museo d’Arte Provincia Nuoro, via Satta, 15, telefono 0784252110, da martedì alla domenica, orari 10/13, 16.30/20.30, ingresso 5.OOO intero, 3.000 ridotto, gratuito l’ultimo giorno della mostra, Bookshop.
[exibart]
Vorrei leggere recensioni degne della mostra allestita nei locali del Man di Nuoro, soprattutto in un portale come Exibart, solitamente ben lontano da sfoghi propagandistici o personali.
Oltre tutto, mi spiace sottolinearlo e potete naturalmente non inserire il commento, la recensione del sig. Andrea Delle Case è “attraversata” da imprecisioni ed errori d’ortografia.
Distinti Saluti
Cara Angela,
seppur orientato in buona sontanza ad una poco velata stroncatura, almeno alle intenzioni della mostra. L’articolo mi sembra descrivere l’evento in maniera tutto sommato completa ed esauriente; avendo letto qualche sprazzo su questa mostra aspettavo di poterne leggere una recensione e solo Exibart mi ha dato questa possibilità.
Il giornalista, questo è il suo mestiere, esprime un parere che non voglio pensare sia derivante da tornaconto personale e che, al contrario, deve fornire al lettore una chiave di lettura.
I commenti alle notizie, peraltro, ci sono apposta per controbattere, criticare, rispondere, affermare il contrario. Mi sembra invece che lei abbia semplicemente buttato il sasso ritirando via la mano. Ha parlato di articolo fazioso ma non ha detto come la pensa lei, ha evidenziato errori ortografici che dopo una seconda lettura fatico a trovare.
Mi faccia sapere e verranno corretti, mica ci vergognamo di sbgliare a schiacciare un tasto…Salutissimi.
Caro Massimiliano e cara Angela,
Oltre a qualche banale segno di interpunzione fuori posto oppure assente, o altri insignificanti errori oggettivamente dovuti alla comprensibile fretta, piuttosto che alla digitazione, tali da poterli considerare sviste e non errori grammaticali/ortografici veri e propri, NON si può dire che l’articolo contenga errori.
Solo se, naturalmente, escludiamo l’uso improprio e cacofonico di quell’infelice “ma bensì” contenuto nell’ultimo paragrafo.
Non mi pare, ad ogni modo, che l’articolo possa assolutamente essere attaccato sotto questo aspetto.
Conosco la fatica e i “salti mortali” che alcuni redattori compiono, spesso in ore notturne, per scrivere i loro articoli, e sviste di questo tipo sono davvero irrilevanti.
Quanto alla “stroncatura” di cui Andrea Delle Case sarebbe artefice, non posso che compiacermi: solo il banditore delle aste è tenuto ad elogiare tutti gli oggetti e tutti gli stili.
Il redattore ha il diritto di esprimere il suo documentato punto di vista che può essere condiviso oppure no: questo commentario serve apposta per confrontare le varie interpretazioni.
Tuttavia, e c’è un tuttavia, l’articolo è assolutamente brutto sotto ogni sfera che può fare riferimento alla bellezza letteraria e giornalistica.
E’ una brutta cronaca elettrica intermittente,
a tratti fastidiosa, tediosa e spesso inconcludente.
Sarà l’età, ma non ci ho capito molto in questa gymcana tra esposizione critica alla mostra ed elucubrazioni urbanistico-politico-rivendicazioniste.
L’articolo a mio parere è, ripeto, davvero brutto.
Questo è il suo unico errore.
Ciao, Biz.
prima di leggere l’articolo non sapevo niente di questa mostra, dopo averlo letto so di che si tratta. Tutto il resto sono storiucce da criticucci d’arte rompiballucci. Aiòò
Non mi sembra che l’articolo abbia voluto sminuire la mostra del Man, dal mio punto di vista dopo aver analizzato le opere in mostra, Delle Case ha ritenuto opportuno precisare la posizione che l’arte sarda occupa oggi all’interno delle strutture isolane, che a quanto pare risulta essere posta in secondo piano per dare spazio ad altrettante importanti esposizioni. Questa mostra è stata un ulteriore impulso in questo senso, infatti dopo l’archiviazione della collezione isolana della Galleria Comunale di Cagliari, a favore della Collezione Ingrao, è stata la volta del Man che si è trovata a dover far posto alla mostra in corso, che ha occupato tutte le sale dei tre piani del museo. Credo sia retorico ricordare che un giornalista non può limitarsi a descrivere ciò che vede escludendo ogni commento personale, ma ciò che ancora non riesco a comprendere, cara Angela, è la sua posizione che non appare affatto chiara, come non appare chiaro se lei in questi ultimi mesi abbia preso in mano un quotidiano sardo, dato che le polemiche su quest’argomento non sono certo una novità.
Senza nulla togliere alla mostra mi sento di appoggiare appieno la polemica di Delle Case, perchè lo stato dell’arte sarda, da sempre sottovalutata, non veda tempi peggiori. Con questo vorrei sottolineare come gli interventi non abbiano niente di fazioso, ma bensì cerchino in qualche modo di preservare il nostro patrimonio, come d’altronde tutti i sardi dovrebbero fare.
Il commento di Roberta Vanali è semplicemente semplice, quindi assolutamente meraviglioso.
Vorrei poter avere la sua capacità di sintesi.
Cara Roberta, mi hai colpito favorevolmente e per questo sento di poter dire che hai colto la maniera migliore di esprimere un giudizio.
Penso già di amarti.
Sono ridondante, lo so.
Ma ti ringrazio.
Parlaci ancora, ti prego.
Ciao, Biz.
non e’ chiamando un criticuccio torinese – molto criticato a sua volta – che l’arte sarda si puo’ giocare qualcosa.
Sento che il caro amico Biz ama la capacità di sintesi e così amerà anche la mia poichè nello scrivere sono sempre molto sintetica.
La mostra del Man è interessante ed un lodevole richiamo a rispettare la dignità della persona.
E’lodevole la personale interpretazione dei 28 artisti contmporanei che con le loro opere sostengono l’attualità di questo tema , un richiamo alla violenza e alla necessità di combattere questo melanoma.
Mia cara Roberta se – lei come d’altronde penso “polemicamente” abbia fatto – avesse letto meglio i quotidiani locali avrebbe sicuramente notato come l’articolo del sig. Delle Case sia <> dagli articoli della sig.ra Alessandra Menesini, apparsi su l’UnioneSarda durante tutto il periodo estivo, nonchè come abbia integralmente ripreso il comunicato stampa della stessa mostra. Senza considerare, tra l’altro, che l’immagine del logo pubblicitario utilizzata è sotto copyright e in concessione per un unico portale sardo che – aihmè – non è il Vostro……..
E poi dicono ‘testardi come i sardegnoli’. Ma caspita che tritaballe questa signora!!!
Ora inizio a capire il perchè di tanto accanimento da parte di Angela che parrebbe essere Mariangela Corona, collaboratrice di Vai Sardegna, portale del gruppo L’Unione Sarda, nel quale, a quanto pare, tra le altre recensisce alcune mostre relative all’isola.
Leggendo alcuni dei suoi articoli – la cui impaginazione è analoga a quella di Exibart, comprensiva di “invia l’articolo” e “inserisci un commento” – ho potuto constatare come sia così attenta nel controllo della punteggiatura e nella descrizione degli allestimenti che spesso dimentica di leggere le opere…
E’ lecito chiedersi se Angela, consultando gli articoli del Nostro portale Exibart, senta pesantemente le sue lacune storico-artistiche o soffra per la mancanza dei commenti in calce agli articoli, praticamente inesistenti nel portale Vai Sardegna. In compenso ho potuto rilevare con piacere ben due interventi positivi alla sua recensione della rivista trimestrale “Zafferano”.
Un consiglio banale… si dia alla culinaria. Cari saluti.
Fortissima questa Vanali !! BRAVA!
Il fatto è che l’arte sarda contemporanea dovrebbe avere a disposizione uno spazio tutto suo,non solo per essere celebrata o celebrare ,ma per diventare un vero e proprio polo culturale.Sarebbe interessante assistere a seminari,dibattiti e quant’altro,in un posto che dia la possibilita’ anche ad artisti emergenti di farsi conoscere,che dia qualche notizia in piu’ ,che faccia conoscere le opere (e i nomi ) dei nostri artisti i quali ,sardi come noi,vogliono far emergere la sardegna ancora troppo legata alla storia trapassata,al mare e ai nuraghi…ESISTE ANCHE L’ARTE MODERNA!!
Se questo posto di incontri ed esposizioni fosse pensato ad hoc per mettere in luce nuovi progattisti sardi non sarebbe male,come ho detto vorrei che fosse un polo cultuale e come polo DEVE per forza materializzarsi essa stessa in un opera riconoscibile e di impatto.
forse sto sognando troppo!ricordiamoci che siamo in sardegna “terra di mare,spiagge e nuraghi” (senza nulla togliere alle spiagge,al mare e ai nuraghi!!)
ciao a tutti e complimenti ad EXIBART!