Propone 180 opere, suddivise in due diverse sedi, la mostra dedicata a
Picasso. All’Exmà le opere grafiche e ceramiche realizzate dall’artista fanno da traino a quelle allestite al Castello di San Michele, un doveroso omaggio al maestro spagnolo condotto da 70 artisti, tra il 1973 e il 1975, sotto la supervisione di Wieland Schmied. Nucleo successivamente acquisito dalla Fondazione Mazzotta che vede da
Hartung a
Chillida, da
Tàpies a
Twombly e ancora da
Max Bill a
Christo fino
Beuys, per concludere con un consistente nucleo recentemente realizzato dai componenti della
Cracking Art.
Costantemente alla ricerca di nuovi mezzi espressivi, Picasso non tarda a prendere in considerazione le possibilità che l’arte incisoria poteva offrire. Sono oltre 2.200 le opere grafiche stampate su carta -tra incisioni su rame, linoleum e litografie- che costituiscono una delle più importanti produzioni della storia dell’incisione. Dovranno trascorrere ancora tre anni per vedere realizzate le
Demoiselles d’Avignon, quando l’artista avvia la produzione calcografica con l’acquaforte
Le repas frugal. Edita da Ambroise Vollard nel 1913, nella raccolta dei
Saltimbanques e appartenete all’ultimo periodo blu, l’opera rappresenta il pezzo forte dell’omaggio al maestro spagnolo. La linea dura e spigolosa incide le sagome dell’uomo e della donna languidamente adagiati all’estremità di un tavolo miseramente apparecchiato. Le mani scheletriche e nodose emergono a contraddistinguere un’atmosfera cupa e drammatica esaltata dal fitto tratteggio.
Da uno dei capolavori giovanili dell’artista a
Le Tricorne (1920), 32 bozzetti tra costumi, scenografia e sipario, realizzati tra il 1915 e il 1919 -in collotype e dipinti a mano- per l’opera dell’autore dei Balletti russi Sergej Diaghilev. Anticipa
Guernica nel soggetto quanto nel linguaggio estetico,
Sueno y mentira de Franco (1937) la coppia di truculente incisioni, sotto forma di racconto, cariche di ferocia e satira graffiante.
Attraverso
Deux contes (1948) -‘60 con una linea fluida ed essenziale senza l’uso del chiaroscuro- si passa agli anni Sessanta con
Sable mouvants (1966), serie di dieci tavole all’acquatinta e puntasecca per il poema di Pierre Reverdy, dove indaga il rapporto fra artista e modella, già ampiamente affrontato nella
Suite Vollard. Ispirata al romanzo
Calisto e Melibea di Fernando de Rojas,
Le Celestine (1968) si dispiega in 66 tavole all’acquaforte e acquatinta, dov’è ancora la donna a fare da protagonista, così come ne
Le cocu magnifique,, sempre dello stesso anno. Incentrata tra gelosia ed eros, la serie di dodici tavole illustrano la farsa in tre atti di Fernand Crommelynck, riproponendo personaggi mitologici come il Minotauro e la Carmen. Chiudono la mostra alcune ceramiche dipinte, tra tondi e piastrelle, dove prevale la figura del picador.