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02
novembre 2009
fino al 14.XI.2009 L’Indicibile Dicibile Tempio Pausania (ot), Museum Templese
sardegna
Dieci artisti a confronto, per sviscerare l’indicibile. Tra pittura, scultura, installazione e fotografia. Per riportare alla soglia del linguaggio ciò ch’è sepolto nell’inconscio...
di Lia Turtas
La parola nascente, quella che non si è ancora fatta norma
prescrittiva, ma che fonda l’ethos dell’individuo. L’incontro ogni volta
rinnovato con l’opera, come oggetto che entra a pieno titolo nella definizione
del soggetto. Il dialogo col sacro, le affinità tra il gioco dell’arte e il
rito, inteso non come cristallizzazione di gesti, ma nella sua capacità di
riportarli in vita, ancora e sempre.
La mostra Indicibile Dicibile – parte di un progetto più ampio
su Arte e Fede
promosso dalla diocesi di Tempio e che confluirà nel raffronto tra religione cristiana
e religione islamica – registra le suggestioni che un tema così importante ha
generato in dieci artisti sardi delle ultime generazioni.
In Groviglio coronarico, Pastorello dipana linee di tensione turgide
e tese, vere e proprie scariche di energia su fondo astratto. Pare un esercizio
calligrafico alla Pollock, un esempio aggiornato di japonisme dalle allucinazioni rizomatiche
pensili e proliferanti. Il foro di Roberta Filippelli si affaccia su un vuoto
inconoscibile: è facile immedesimarsi nelle creaturine così vicine all’abisso,
eppure così inconsapevoli. Chiara Demelio adotta invece il gioco performativo come strategia
per alludere a un rito del quotidiano perso e malinconicamente evocato, e per
eludere nella narrazione il senso di perdita attraverso una parodia di gesti
condotta nel teatro naturale della propria coscienza.

In Minime distanze, Gianni Nieddu pone i suoi omini di fronte a funzioni semplici, ma in
quanto tali immani. Ogni episodio della serie diventa un compito da risolvere,
un esercizio minimo di sopravvivenza per passare al successivo, in una catena
di fatiche e piccole grandi peripezie. Gavino Ganau affronta la dimensione
collettiva, da stordimento mediatico, della fruizione rituale di significati: la
socialità come antidoto, pieno d’incognite, allo smarrimento del singolo.
Monica Lugas crea una scultura dalla materialità sfuggente, i cui
strati di rivestimento fanno pensare a una pelle come superficie d’interscambio
e comunicazione. Mentre Alessio Onnis propone due figure femminili enigmatiche, sfingi
mortifere, creature sataniche sospese tra il raccapriccio goyesco e l’effimera
vitalità delle frequentatrici di bistrot postimpressioniste.

Veronica Gambula esplora il territorio dei sogni, luogo deputato per
eccellenza dell’indicibile. Coi suoi pupazzi riporta alla dimensione infantile,
coniugando romanticismo e psicoanalisi. Per concludere con Enrico Piras e Giusy Calia, che cercano l’indicibile tra gli
spazi e le menti di ex manicomi, il primo attraverso una scatola-valigia dove
si raccolgono frammenti e relitti di un’esistenza sommersa, l’altra tramite il
riflesso e lo sfocato fotografico, agenti del doppio e dell’ignoto.
prescrittiva, ma che fonda l’ethos dell’individuo. L’incontro ogni volta
rinnovato con l’opera, come oggetto che entra a pieno titolo nella definizione
del soggetto. Il dialogo col sacro, le affinità tra il gioco dell’arte e il
rito, inteso non come cristallizzazione di gesti, ma nella sua capacità di
riportarli in vita, ancora e sempre.
La mostra Indicibile Dicibile – parte di un progetto più ampio
su Arte e Fede
promosso dalla diocesi di Tempio e che confluirà nel raffronto tra religione cristiana
e religione islamica – registra le suggestioni che un tema così importante ha
generato in dieci artisti sardi delle ultime generazioni.
In Groviglio coronarico, Pastorello dipana linee di tensione turgide
e tese, vere e proprie scariche di energia su fondo astratto. Pare un esercizio
calligrafico alla Pollock, un esempio aggiornato di japonisme dalle allucinazioni rizomatiche
pensili e proliferanti. Il foro di Roberta Filippelli si affaccia su un vuoto
inconoscibile: è facile immedesimarsi nelle creaturine così vicine all’abisso,
eppure così inconsapevoli. Chiara Demelio adotta invece il gioco performativo come strategia
per alludere a un rito del quotidiano perso e malinconicamente evocato, e per
eludere nella narrazione il senso di perdita attraverso una parodia di gesti
condotta nel teatro naturale della propria coscienza.

In Minime distanze, Gianni Nieddu pone i suoi omini di fronte a funzioni semplici, ma in
quanto tali immani. Ogni episodio della serie diventa un compito da risolvere,
un esercizio minimo di sopravvivenza per passare al successivo, in una catena
di fatiche e piccole grandi peripezie. Gavino Ganau affronta la dimensione
collettiva, da stordimento mediatico, della fruizione rituale di significati: la
socialità come antidoto, pieno d’incognite, allo smarrimento del singolo.
Monica Lugas crea una scultura dalla materialità sfuggente, i cui
strati di rivestimento fanno pensare a una pelle come superficie d’interscambio
e comunicazione. Mentre Alessio Onnis propone due figure femminili enigmatiche, sfingi
mortifere, creature sataniche sospese tra il raccapriccio goyesco e l’effimera
vitalità delle frequentatrici di bistrot postimpressioniste.

Veronica Gambula esplora il territorio dei sogni, luogo deputato per
eccellenza dell’indicibile. Coi suoi pupazzi riporta alla dimensione infantile,
coniugando romanticismo e psicoanalisi. Per concludere con Enrico Piras e Giusy Calia, che cercano l’indicibile tra gli
spazi e le menti di ex manicomi, il primo attraverso una scatola-valigia dove
si raccolgono frammenti e relitti di un’esistenza sommersa, l’altra tramite il
riflesso e lo sfocato fotografico, agenti del doppio e dell’ignoto.
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lia turtas
mostra visitata il 17 ottobre 2009
dal 17 ottobre al 14 novembre 2009
L’Indicibile Dicibile
a cura di Roberta Vanali
Museum Templese – Palazzo Pes
Via Villamarina, 1 – 07029 Tempio Pausania (OT)
Orario: da martedì a domenica ore 18.30-20.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 0796393099;
tempioampurias@tiscali.it;
www.museumtempioampurias.it
[exibart]