La collettiva si colloca all’interno della seconda edizione del Festival Multimediale Bos’Art, che ha visto il succedersi di una serie di eventi legati a cinematografia, letteratura e arti visive. Voluta dal Centro Studi Colletti e curata da Olivia Spatola, vede la partecipazione di un eterogeneo gruppo di artisti con oltre quaranta opere proposte. Nel tentativo di aprire uno scenario sulle tendenze artistiche contemporanee, mettendo a confronto l’esperienza di artisti storicizzati con la ricerca di giovani esponenti, la mostra risente della mancanza di un adeguato progetto curatoriale -nonostante una buona selezione delle opere esposte-, della delimitazione ad un campo d’azione più serrato per un discorso così ambizioso che vorrebbe svelare le ragioni dell’arte.
Le sale ristrutturate dell’ex convento dei Cappuccini fanno da sfondo all’evento introducendo le opere degli artisti noti che si snodano tra i due corridoi principali. Accensioni cromatiche, analogie e contrasti formali sono alla base della stampa digitale di Ciriaco Campus che esibisce barbabietole con bandiera nel tentativo di cogliere ciò che va aldilà dell’apparenza. Dalla riflessione di una tematica sviluppata negli anni ’70, Elisabetta Catalano trae L’ebrea dalla performance di Fabio Mauri. In un rigoroso bianco e nero l’artista immortala la ragazza nuda nell’atto d’incollare meticolosamente ciocche di capelli su un vetro a creare una stella di Davide.
Dall’ossessiva ricerca dell’equilibrio attraverso la sua alterazione, in bilico tra presenza e assenza, Federico de Leonardis trova la sua riflessione nei materiali di riciclo -nettamente contrastanti tra loro- che colloca in punti di fuga immaginari di architetture inesistenti (Museo e Museo 2).
Atmosfere stranianti anche per la Trisside di Renato Ranaldi, ambiguità dell’instabile, che si misura nel gioco di ribaltamento formale e concettuale in rapporto allo spazio circostante. Origina da quest’ultimo e dall’energia intrinseca degli elementi, la pittura di Marco Gastini che si dilatata mediante materiali fluttuanti rivelando uno spazio fisico intangibile, uno spazio altro di foucaultiana memoria. Ancora pittura ma stavolta connotata dal rigore scientifico a caratterizzare l’opera di Carlo Guaita, le cui Trame monocolore indagano, con metodo ed incessante quanto silente ricerca, l’universale concetto di natura. Alla sua visione razionale si contrappone la ricerca plastica di Giuseppe Spagnulo che confluisce nell’aprire un dialogo diretto tra superfici antitetiche, in questo caso tra la pesante sabbia vulcanica e la fragile carta. Chiude la sezione dei maestri Vincenzo Satta che esplora il colore come fonte di luce ed essenza della pittura.
Dalla luce come rivelatrice di vita primordiale scaturisce l’indagine analitica di Nicola Evangelisti e delle sue cosmogonie. La light box Struttura spaziale round crilex B1 è un nucleo pulsante di vita, palla incandescente sospesa nell’infinito spazio, frutto di inattesi studi scientifici.
Ancora tra i giovani è da segnalare Fabio Gianni con Tube1 e Tube2. Muovendo da una serie di materiali ospedalieri, l’artista vuole farsi testimone di malattia e sofferenza lasciando ai posteri una sorta di reperti archeologici del futuro. E’ la fotografia a fare da protagonista per Eva Gerd: Captured e Stumbled sono immagini tratte dalla performance dove esibisce esseri antropomorfi dai lunghi arti dai quali si lascia avviluppare divenendo prima vittima poi carnefice. Ancora fotografia per Cosimo Terlizzi, dove in ambedue le immagini il tempo è come sospeso e la poesia si miscela a narrazione e memoria, e per Isa Catoni che indaga il corpo umano, lo seziona palmo a palmo osservandone la struttura epidermica per accostarla al volto senza vita di una statua lignea.
Una mostra che non riesce a sviscerare le “ragioni dell’arte” ma che allinea una schiera di ventisette artisti con differenti percorsi, operanti in varie aree geografiche, proponendo una ricognizione sugli attuali mezzi espressivi in una terra dove l’arte è ancora per pochi -o meglio sempre per gli stessi- e la sete di conoscenza in tal senso ancora troppo insoddisfatta.
roberta vanali
mostra visitata il 16 agosto 2005
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