Fermata, immobile, pausa, standby. La riflessione in verticale sulla contemporaneità vivace, piena e feroce, del nostro tempo si concretizza in ‘lungo’ attraverso superfici diverse, diverse come le impressioni che le hanno create, formulate, realizzate. Nella sala a botte dello spazio culturale Man Ray [luogo senza spigoli in bianco assoluto già di per se in sospensione perpetua], leggere e trasparenti, ma anche solide e decise, si stagliano dall’alto verso il basso le opere di diciannove artisti del panorama isolano. Mariolina Cosseddu, curatrice della mostra, individua come chiave di lettura quell’esigenza che Gillo Dorfles, nel suo ‘Intervallo Perduto’, pretende come momento di stasi necessario a non perdere la «propria sensibilià per il passare del tempo e la discontinuità del suo procedere». Invito generalizzato rivolto alla società come all’arte, quest’ultima interprete privilegiata che esprime, ora in maniera spavalda e provocatoria, ora attraverso mezzi sommessi e intimisti, coscienze e umori di un sentire comune: realtà di un mondo del quale siamo contemporaneamente causa e vittime.
La ‘fermata’ di Paolo Ollano, è un cuneo chimico/batteriologico che insidia – violento – la superficie, rivestita di fotografie a contrasto esagerato di uomini e donne vittime del ‘900. Una visione altrettanto inquieta ce la regala Giuliano Sale, con il suo feto [quasi] umano su vagina viola-indaco. Non la vede bene, nemmeno Antonello Ruscazio la cui sedia, ‘blu rilassante’ , è sovrastata da un groviglio di corde che, a sguardo attento, rivela cappi pronti per l’uso. Geometrie di forme scalene su cellofan, per
andrea delle case
vista il 10 giugno
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