Esibisce la data del 14 dicembre 1919 la prima copertina del “Giornalino della domenica” realizzata da
Pino Melis (Bosa, 1902 – Roma, 1985), all’epoca non ancora diciottenne. L’anno seguente è la volta delle tre illustrazioni per la novella di Carlo De Angelis,
Come gli uomini, e della stesura con relativa illustrazione della novella
Il garofano bianco. I tratti raffinatissimi, la linea essenziale e tendenzialmente geometrizzante, il virtuosismo tecnico fanno dell’artista un alto interprete delle avanguardie Liberty e Decò -così com’era nella tendenza di
Vamba– alle quali coniuga una poesia dalle note estremamente malinconiche. Figura trascurata rispetto ai tre fratelli Olimpia, Melkiorre e Federico, attivi in ambito pittorico e nell’artigianato come gran parte degli artisti isolani del tempo, Pino si distingue per innovazione tecnica e raffinatezza stilistica, combinati a una trama narrativa che si dispiega fluida e che pare accostarsi più a
Edina Altara piuttosto che a
Tarquinio Sini. È da sottoilineare quanto il tono “giapponista” attribuito da Antonio Faeti in catalogo non possa assolutamente prescindere da quella che è la tendenza internazionale del Liberty. Andrebbe quindi considerata come direzione obbligata, mentre sarebbe da approfondire il “voluto” anacronismo del dopoguerra.
Nella prima antologica dedicata all’eclettico artista non mancano valide testimonianze della sua vasta produzione, dalle illustrazioni per bambini alle eleganti miniature, dalle bozze per gioielli, tessuti e abbigliamento a decorazioni d’arredo sardo, fino ai disegni preparatori per la commissione di vetrate, dove estrema eleganza e cura maniacale del dettaglio non tardano a emergere. Nel ‘25 la linea assume una ulteriore rigorosità nelle illustrazioni a due colori del
Grappolo D’oro -libro di testo per le scuole elementari- per diluirsi man mano fino agli anni ’40, dove i contorni si fanno più lievi e meno spigolosi, come nel fantastico repertorio di animali finemente vergato per i
Viandanti dell’aria.
Lontana da quel linguaggio da Grand Hotel imperante, Pino Melis rivela una poetica personalissima, che nel decennio successivo sfocia in un’illustrazione di forte impatto luministico, intensificato dagli interventi a biacca sugli inchiostri (come nelle serie
Armonie sottomarine e I tesori del mare) e per la ricchezza e preziosità dei broccati (come ne
I re Magi e nelle illustrazioni per le fiabe di
Cenerentola e
La bella addormentata o nelle tavole realizzate in punta di pennino per
La lucciola senza lanterna).
Allo stesso periodo appartengono i tessuti decorati all’aerografo con l’ausilio di stencil, impreziositi da perline e pailettes, nonché la spilla finemente ricamata su seta e i pendenti dipinti su avorio, tutti con delicati motivi ispirati al mondo della natura. Dai primi figurini di moda del 1916 alle miniature a carattere sacro degli anni ’40, fino ai progetti per le vetrate degli anni ‘60, sempre con estrema attenzione alla realtà sarda quanto a quella internazionale, tutto concorre a delinare il colto patrimonio culturale e l’indiscussa abilità tecnica di Pino Melis. Nonostante l’allestimento non offra abbastanza respiro, in quanto lo spazio messo a disposizione -una sola sala per un centinaio di pezzi in mostra- sia a dir poco improponibile.