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19
maggio 2009
fino al 21.V.2009 Giuseppe Pettinau Cagliari, Laboratorio 168
sardegna
Un’antologica che copre oltre vent’anni di ricerca. Per un artista che è stato protagonista dell’arte isolana, dal Gruppo di Iniziativa al Gruppo 91. Per trasformare infine l’Informale in segni e spunti metamorfici...
Con la mostra antologica allestita al Laboratorio 168, Giuseppe Pettinau offre un denso spaccato della ricerca artistica compiuta tra il 1984 e il 2006, leggibile nei 26 dipinti a olio e nei sedici disegni a china in esposizione. Il pittore è uno dei protagonisti dei principali eventi artistici degli ultimi quarant’anni in Sardegna, avendo aderito, negli anni ‘60, al Gruppo di Iniziativa, e avendo inoltre fondato il Gruppo 91, di cui ha redatto il Manifesto.
La mostra racconta l’evoluzione del linguaggio di Pettinau che, dagli anni ‘80 in poi, libera il “simbolo” dai suoi connotati di segno grafico e materia (propri del periodo di adesione all’Informale), per fargliene assumere di nuovi: il simbolo “si configura con maggior pienezza e acquisisce una moltitudine di strati di senso, polivocità semantica, dualità”, come afferma l’artista.
La padronanza della tecnica pittorica si esprime negli immensi cromatismi dominati da atmosfere aeree e prive di gravità, il cui aniconismo è interrotto dall’introduzione di forme geometriche, lettere, numeri o frecce (Voragine luminosa, 1986). Il vuoto è dato da stesure di colore morbidamente sfumato; una sospensione metafisica annullata, talvolta, dai graffi che incidono la superficie pittorica, segni istintuali nell’armonia del nitore cromatico, come si osserva nell’opera intitolata In cucina (1986-89). Ma sul vuoto vengono raffigurate anche la labilità e la precarietà dell’equilibrio (Punto esclamativo per Senecio che oscilla, 1987) e il dramma corale della città devastata (Lamento della città distrutta, 1995).
Non mancano certi richiami al surrealismo di Miró, individuabili nelle variegate forme geometriche sospese negli spazi infiniti (La giostra del diavolo, 1997), così come si ritrovano le suggestioni dell’Informale, specie nella Colonna melodica con numeri (1990), il cui campo visivo è attraversato da una teoria verticale di macchie scure, memore dei tagli fontaniani.
Il gruppo di dipinti realizzati tra il 1996 e il 2006 (Nell’antro del fornaio, Mutazione urbana dell’angelo, Santo, Figura, Sfinge umana e, ancora, Figura) declina in modi differenti un medesimo motivo: una forma riconducibile a quella di un pesce dotato di piede palmato. È una metamorfosi uomo-animale, un’allusione alla condizione dell’uomo condannato alla paralisi, ferito da graffi, costretto a nuotare in acque ostili e grevi. Una rappresentazione drammatica e angosciosa dell’umanità, che tuttavia volge il volto verso l’alto, anelando alla salvezza e alla pace, “aprendosi a un aldilà che non si rivela”, specifica l’artista.
Riflessioni analoghe si ritrovano nelle opere poetiche di Pettinau, raccolte nel volume intitolato Una bicicletta e la storia. In particolare, la poesia intitolata Dialogo: “Allora non è più certo / che qualcuno si fermi davvero un giorno ad aggiustarmi, / umile in un antro, i prolassi mistici, gli anelli (anime e strappi) con bisturi da chirurgo.
La mostra racconta l’evoluzione del linguaggio di Pettinau che, dagli anni ‘80 in poi, libera il “simbolo” dai suoi connotati di segno grafico e materia (propri del periodo di adesione all’Informale), per fargliene assumere di nuovi: il simbolo “si configura con maggior pienezza e acquisisce una moltitudine di strati di senso, polivocità semantica, dualità”, come afferma l’artista.
La padronanza della tecnica pittorica si esprime negli immensi cromatismi dominati da atmosfere aeree e prive di gravità, il cui aniconismo è interrotto dall’introduzione di forme geometriche, lettere, numeri o frecce (Voragine luminosa, 1986). Il vuoto è dato da stesure di colore morbidamente sfumato; una sospensione metafisica annullata, talvolta, dai graffi che incidono la superficie pittorica, segni istintuali nell’armonia del nitore cromatico, come si osserva nell’opera intitolata In cucina (1986-89). Ma sul vuoto vengono raffigurate anche la labilità e la precarietà dell’equilibrio (Punto esclamativo per Senecio che oscilla, 1987) e il dramma corale della città devastata (Lamento della città distrutta, 1995).
Non mancano certi richiami al surrealismo di Miró, individuabili nelle variegate forme geometriche sospese negli spazi infiniti (La giostra del diavolo, 1997), così come si ritrovano le suggestioni dell’Informale, specie nella Colonna melodica con numeri (1990), il cui campo visivo è attraversato da una teoria verticale di macchie scure, memore dei tagli fontaniani.
Il gruppo di dipinti realizzati tra il 1996 e il 2006 (Nell’antro del fornaio, Mutazione urbana dell’angelo, Santo, Figura, Sfinge umana e, ancora, Figura) declina in modi differenti un medesimo motivo: una forma riconducibile a quella di un pesce dotato di piede palmato. È una metamorfosi uomo-animale, un’allusione alla condizione dell’uomo condannato alla paralisi, ferito da graffi, costretto a nuotare in acque ostili e grevi. Una rappresentazione drammatica e angosciosa dell’umanità, che tuttavia volge il volto verso l’alto, anelando alla salvezza e alla pace, “aprendosi a un aldilà che non si rivela”, specifica l’artista.
Riflessioni analoghe si ritrovano nelle opere poetiche di Pettinau, raccolte nel volume intitolato Una bicicletta e la storia. In particolare, la poesia intitolata Dialogo: “Allora non è più certo / che qualcuno si fermi davvero un giorno ad aggiustarmi, / umile in un antro, i prolassi mistici, gli anelli (anime e strappi) con bisturi da chirurgo.
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Giuseppe Pettinau – Opere 1984-2006
Laboratorio 168
Via Mameli, 168 – 09123 Cagliari
Orario: da martedì a sabato ore 18.30-20.30
Ingresso libero
Info: mob. +39 3386439548
[exibart]