Sfondi gialli e bruni incorniciano composizioni visive dalle tonalità soffuse, lasciando spazio a corpi immersi in un mare di colori addensati come la nebbia. Nelle opere di Franco Podda l’eternità dell’Io -che vede sé stesso e la propria diversità- è calata per la prima volta nel mondo di Ethny City, una dimensione estemporanea, ben distinta dal contesto sociale di appartenenza, frutto di una sofisticata quanto lirica elaborazione mentale. Figure dai tratti fisionomici puri, dalle linee dolci e lo sguardo assente sono immagini simboliche tratte da contesti dove tutto ciò che appare è frutto di una costruzione artificiale voluta e diffusa dai mass media. Proprio da questa finta proposta consumistica, carica di stereotipi e sgradevoli tendenze feticiste, ha inizio la ricerca dell’artista che, attraverso lo strumento grafico, si appropria delle forme sottoponendole ad un processo di rinascita e di trasformazione in chiave pittorica.
Nella lavorazione digitale che porta alla costruzione dell’opera, l’artista estrapola da alcuni siti internet immagini di donne e bambini con l’intenzione di decontestualizzarle e riproporle, in maniera provocatoria, attraverso una chiave di lettura che riscatti, preservandola, la propria identità. Le stampe rappresentano così il risultato di un’approfondita ricerca delle origini etniche e antropologiche attraverso la proiezione visiva del corpo che, strappato in genere da una turpe condizione di sofferenza, si trasfigura in una nuova essenza di vita a cui l’artista, con gesto risoluto, attribuisce un significato glorioso.
Lessico digitale e sperimentazione fotografica si fondono in un linguaggio assolutamente contemporaneo, che l’artista utilizza con sapienza tecnica e una lunga esperienza maturata nel campo della grafica e dell’informatica.
erica olmetto
mostra visitata il 10 marzo
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