La riqualificazione di una piazza al centro di Milano, numerosi interventi architettonici di esterni e d’interni, la presenza in musei e collezioni private sono all’attivo di Andrea Forges Davanzati (milanese di nascita, sardo d’adozione). Soddisfatto del suo percorso artistico azzarda: “cosa potrebbe desiderare di più uno scultore?”. Forte dell’esperienza improntata sugli insegnamenti di Munari, Marchese e Azuma, Davanzati indaga la natura attraverso strutture organiche che echeggiano concettualismi di derivazione gaudiana e strizzano l’occhio ai mobilies di Calder. La prima mostra in Sardegna lo vede esibire le sue sculture dinamiche alla Torre medievale dell’Elefante, nel 2003, in uno scenario mozzafiato; oggi l’artista le ripropone in un itinerario cronologico, che racchiude dodici anni di esperienza ad iniziare dal 1993, presentato da Alessandra Menesini.
Da una tendenza minimalista che riflette essenzialità e rigore nascono fluttuanti creature marine sulle quali è improntata quasi interamente la ricerca estetica dell’artista. Esseri unicellulari forgiati nell’acciaio sapientemente levigato, la cui capacità di assorbire e riflettere la luce conferisce intense vibrazioni in un complicato gioco di tensioni e rimandi, si dislocano ritmicamente tra le sale, talvolta sospesi ad oscillare altre adagiati su superfici luminose. La meticolosa analisi scientifica confluisce in primordiali creature zoomorfe che danno origine al Rotifero, prima scultura in bilico, che nella sua assoluta essenza formale pone in risalto la struttura primaria dell’organismo. Da quest’ultimo derivano i Ciliati dalle fluttuanti spire che a loro volta si evolvono in Parameci, protozoi delle acque stagnanti dalle fitte lamelle mobili, che attraverso cavi sospende rigorosamente nel vuoto.
Forges Davanzati depura le strutture del superfluo e le riduce ai minimi termini conferendo loro una parvenza quasi sacrale. Dall’idea alla sua realizzazione, l’artista vive ogni sua opera in prima persona conducendo una sorta di continuità naturale tra una scultura e l’altra come in una catena necessaria a sviscerare lucidi percorsi mentali.
Complessi organismi realizzati con abilità certosina come le Larvae, minuscoli testimoni del tempo, si affiancano alla stilizzazione di piccoli Ginepri, bonsai d’acciaio inossidabile dalle fronde modellate dal vento, e dai Pattern, composizioni tridimensionali di patate marine, accuratamente scelte tra le spiagge isolane.
Creature stranianti, apparentemente sinistre, e motivi fitomorfi liricamente trasfigurati, divengono pretesto d’indagine d’una tradizione che ha le basi nel naturalismo e dove il valore spaziale della forma pura, assoluta, si coniuga alla tensione spirituale raggiungendo un equilibrio costante. Equilibrio che trascende dalla semplice imitazione della realtà, come si legge nell’opera brancusiana dove ”non è la forma esterna che è reale ma è l’essenza delle cose. Partendo da questa verità è impossibile per chiunque esprimere qualcosa di reale imitando la superficie esteriore delle cose”.
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roberta vanali
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