È il 1930 quando Jennifer viene attirata in un castello-orfanotrofio popolato da bambine terribili, delle quali diviene vittima e prigioniera. Rule of rose è il titolo del controverso videogioco che tanto ha fatto discutere per le tematiche di pedofilia e violenza, ma che oggettivamente non appare così cruento se non dal punto di vista dell’adulto che fatica ad accettare il lato oscuro dell’umanità. Partendo dal presupposto di quanto un bambino possa essere terrificante per un adulto, anche a causa dell’incapacità di comprendere uno stato dell’esistenza così difficile e in parte dimenticato, il curatore Ivo Serafino Fenu individua cinque artisti che hanno fatto dell’infanzia il loro cardine e che in qualche modo hanno anticipato le atmosfere di Rule of rose, per una ricognizione sul tema che dal 2000 arriva fino al 2006.
Per Danilo Sini l’universo infantile rappresenta il punto d’unione tra realtà e immaginazione. Dalla serie dei Bambinicattivipentiti, grotteschi personaggi che nulla hanno di puerile, fino ai Bambinitopolini inquietanti clown, disarmanti nelle posture quanto nelle espressioni, che celebrano la morte del mito di Mickey Mouse. Sinistre figure dell’immaginario collettivo che originano da simbologie e iconografie perlopiù religiose, dove la spiritualità diviene oggetto di consumo, come il Sacro Cuore stampato sulle loro magliette.
Quello di Gianfranco Setzu, invece, è un immaginario fatto di colte citazioni, dove l’obiettivo primario è quello dello spiazzamento sensoriale. Partendo dalla sottile perversione insita nella natura orientale, propone un progetto site specific ispirato ad Old boy, pellicola del regista coreano Park Chan-Wook. Simbolo dell’individualità
Pietrolio (all’anagrafe Pietro Sedda) scandaglia il passaggio dall’infanzia all’età adulta evocandone il dramma: uno stato dell’esistenza in cui ingenuità e malizia si sovrappongono e si confondono. Attraverso una dimensione enigmatica ed oscura, i Bambini-follicolo -figure chiave dell’opera dell’artista- sono perversi esserini dai volti indefiniti, opulenti nei tratti e dalle pose ammiccanti.
Anche per Silvia Argiolas il mondo dell’infanzia è lo specchio di un’umanità degenerata, al limite della perversione, incarnata da bambole livide, smembrate, esseri svuotati dal loro candore. Adolescenti spregiudicate, costruite artificiosamente dai media, che popolano le pagine di riviste patinate, sono al centro della ricerca espressiva dell’artista che attinge dal mondo dei manga. All’interno di un’indefinita e ambigua religiosità dove sacro e profano convivono, i bambini sono esseri-simulacri senza alcuna identità, ridotti a merce di consumo dal degrado di una società alienata. Condizione dal quale muove anche Giuliano Sale, che con spietato cinismo e torbido gusto del grottesco s’inoltra nell’ambito infantile per dar vita ad inverosimili manipolazioni genetiche. Piccoli replicanti, ibridi mutanti di un mondo primordiale, rappresentano il delirio d’onnipotenza di cui è pervasa l’umanità. Fantascienza e cruda realtà danno vita ai mostri di un immaginario mistificante, per esorcizzare il dramma dell’esistenza nei suoi aspetti più borderline. Dai diabolici Spinky, fauni ingannatori lacerati dalla malvagità, fino agli appartenenti ad una setta segreta relegata ai margini della società, sono tutte icone macabre dell’era contemporanea.
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complimenti x la mostra !
mi pare piuttosto interessante e da NON sottovalutare...
articolo interessante!
bella mostra!!!!!!!!
molto sicuri! presicce?
SICURI?
SEMBRAN UN Pò COPIE DI PRESICCE ,HIRSCH ECC ECC
bella mostra! ma la galleria lascia a desiderare!
si. i due galleristi lasciano molto a desiderare!