L’occhio saturo di colore, dopo l’esperienza d’Ibridaafrica, attraversa il cortile interno del Lazzaretto, pausa neutra prima di affrontare la seconda tappa della trilogia I Colori del Nero. Nelle sale, tra le basse volte di questa parte dello spazio espositivo, sabbia del deserto e tende di lino annodate costituiscono l’allestimento della mostra fotografica di Daniela Zedda, che racconta, attraverso 55 immagini, l’Eritrea o meglio i suoi colori. Sono, infatti, nuove sollecitazioni retiniche di ocra, azzurri e rossi intensi, i protagonisti di questo reportage fotografico che tornano a stimolare il nostro occhio proseguendo una riflessione sull’Africa iniziata con la mostra precedente.
L’Eritrea, che la storia del colonialismo ha legato al nostro paese come appendice di un Impero dalle ambizioni espansionistiche di ‘cartone’, torna ad essere regione bellissima del continente nero attraverso le immagini che la fotogiornalista sarda ha realizzato nel 1994 all’indomani del conflitto con la vicina Etiopia. Ahimè, quasi dieci anni abbiamo dovuto aspettare per poter ammirare una selezione delle 2700 fotografie scattate dalla Zedda in quei luoghi, ma l’attesa, sembra essere stata premiata da una mostra, che non solo suggerisce riflessioni e stimola interesse, ma conferma le capacità di una straordinaria fotoreporter.
Periferia di un deserto che si affaccia sul mare e forse anche periferia del mondo, l’Eritrea si racconta attraverso, un carro armato dimenticato, mercati multicolore, muri scrostati, ma soprattutto donne, uomini, animali e bambini che si muovono in un prolificare di spazi difficili da contenere. «Gran parte di queste immagini – afferma la fotografa cagliaritana – mi sono venute incontro per caso… Incontri frontali, diretti, quasi mai filtrati da angolazioni o letture particolari». Tutto è catturato col metodo bressoniano del colpo di sonda: «sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore». La bella mostra, è seguita da un catalogo la cui veste grafica è stata affidata al pubblicitario Gavino Sanna, [da sempre estimatore della Zedda], mentre i testi sono di Erminia Dall’Oro, Luisa Leonelli e Donatella Schmidt.
mostra del giocattolo africano
L’ultima tappa de I Colori del Nero, si svolge tra latta, ferro e plastica. Tutti materiali utili per realizzare giocattoli creati e utilizzati dai bambini africani in mancanza di Mattel e playstation. Ecco allora la metamorfosi di una lattina d’aranciata in giraffa; del cartone in Boeing 777, sospeso sopra le nostre teste; e ancora macchine e biciclette in filo di ferro; bambole di stoffa dalle espressioni in plastica cucita tutte ‘made in discarica’. Non il risultato di un’esigenza concettuale ma vero e proprio reciclyng art nato dalla reale necessità del gioco che spesso rivela una discreta manualità. A volte sommarie nelle forme, a volte maniacali nei dettagli di paraurti e manubri, queste piccole sculture/giocattolo si mostrano a Cagliari, provenienti dal Museo Africano di Verona e prima ancora da Kenia Senegal, Mauritania, Mozambico, Congo, Benin, Zambia, Etiopia, Togo, Egitto, Ruanda, Sud Africa. Ludica dimostrazione dell’arte di arrangiarsi.
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