Nell’ottica di unire la propria attività con l’arte contemporanea sarda, l’architetto cagliaritano Gaetano Lixi apre a Cagliari un nuovo spazio dedicato all’arte, LI, Cinquantuno. Lo spazio dello studio è stato organizzato inserendo elementi moderni, come pannelli verticali che ospitano le opere degli artisti, lasciando a vista le mura in pietra più antiche che si fondono in maniera armonica con gli spazi di una ex tipografia. All’interno di questo legame fra passato e presente si collocano, fin dall’entrata a dare un senso di continuità, le opere di Marco Pili (Nurachi, 1959).
L’artista rifiuta la riproduzione della realtà esterna come semplice imitazione della natura e si impegna a creare una realtà artistica regolata da leggi proprie. Utilizza per le sue tele mezzi di espressione differenti, tutti sottratti alla natura come la sabbia, la terra, l’argilla, e li fonde con la colla, con i tessuti, con la cera, con le vernici. “Come un cercatore d’oro, individua i giacimenti di sostanze da far sedimentare, trattare, depurare, le prende in prestito alla natura – lo dice piano – per restituirle sotto forma d’arte” afferma Alessandra Menesini nella sua presentazione. Questi elementi naturali vengono plasmati con strumenti differenti, in una costante ricerca di sperimentazione: l’opera di spatole e pennelli si intreccia in armoniche composizioni.
L’artista unisce le diverse espressioni che caratterizzano l’astrattismo: la forma e la geometria, intesi come elementi razionali, si fondono alla funzione espressiva del colore, fattore più emozionale.
Nelle sue tele sagome silenziose e forme geometriche si stagliano a formare paesaggi, campi, tramonti e sconfinate pianure che ricordano la campagna oristanese, luogo d’infanzia dell’artista. “Paesaggi di polvere e fango, di gretti sbiancati, di zolle aggrumate. Terre calcinate leggere come talco, terre pallide che sanno di sale, terre scure carnose e rosse di argilla pastosa.” La forma espressiva del colore è un ingrediente fondamentale che caratterizza tutte le tele di Marco Pili: il nero più cupo e profondo si stende accanto al candido e luminoso bianco, tutte le possibili sfumature dei colori brulli della terra sono messi a contatto. E in ogni tela, a dare quasi l’idea del fuoco, è sempre presente il colore rosso, acceso come una piccola e incessante fiamma, a ravvivare paesaggi polverosi ed ingialliti. “Cacciatore di impronte, assaggiatore di zolle, poeta dei ampi, Marco Pili.”
michela leondi
mostra vista il 23 dicembre
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