Una personale dell’artista che ripercorre la propria maturazione secondo tappe che s’intendono come nuovi punti di partenza: Cosmografie, le opere realizzate tra il 1990 e il 2002 sono oggetto dell’esposizione in cui Gianni Atzeni (Cagliari, 1947) mostra la continua sperimentazione che anima il suo fare artistico.
L’allestimento è curato dallo stesso Atzeni che in una sala installa 10 Stati tratti dalla medesima matrice ma disposti in ordine sparso. Dieci stampe di piccolissimo formato che sono opere senza multipli, sottile gioco d’artista che vuole scherzare sulla serialità dell’opera grafica, creando pezzi “unici” privi di tiratura ma che si differenziano l’un l’altro per minimi segni, sottili velature, e che perseguono il duplice intento di marcare il percorso di lavorazione sulla lastra e fermarne l’immagine, che inevitabilmente si perderebbe nel proseguo del lavoro d’incisione.
Nelle stessa sala un’altra installazione intitolata I guardiani, raffigura quattro enormi figure, totemiche e gravide, dall’aspetto ancestrale. Stampate su grandi fogli, viste di profilo, guardano lontano e richiamano l’attenzione del pubblico per la loro presenza imponente e per l’enigma che sembrano celare dietro i loro corpi tecnologici. L’artista le considera le protettrici del proprio lavoro, i “guardiani del proprio cosmo”. Lastre di ferro, zinco e acciaio dalle quali, con forza segnica o con grazia di spolvero ha estratto immagini dal forte contenuto visionario.
Una fase del suo percorso artistico è rappresentata dalle pagine della rivista “Thélema” (nella quale negli anni ’80 uscirono centinaia di suoi elaborati artistici originali) dalla quale ora estrapola frammenti e sulla quale compone versi che s’imprimono sulla stampa. I caratteri tipografici della rivista attraversano e si mescolano con la forza segnica dell’incisione. Il risultato che scaturisce è un misto fra il collage dadaista e l’espressionismo astratto.
L’astrazione è la cifra di Atzeni che raramente ricorre a temi figurativi se non con dettagli marginali e sempre con intenti non descrittivi.
Le opere in acquaforte plasmano forme e colori morbidissimi, textures che s’intersecano con segni forti, ferite aperte sulla lastra o con linee più docili. Ad indicare la doppia anima del lavoro incisorio opera della mano dell’artista e della morsura che compie il disegno dello stesso artista.
I lavori di Atzeni non si esauriscono nella mera sperimentazione, egli conosce e ottiene ciò che desidera dal lavoro incisorio, domina le morsure e ricerca sapientemente accostamenti e contrasti tonali. Alcune sue incisioni sono giocate sull’uso di più tecniche sulla stessa lastra, su duplici inchiostrazioni, sulla ricerca di effetti pittorici. Intenti che persegue e che già desidera superare per approdare a nuove soluzioni espressive secondo la logica sperimentalistica del suo impegno creativo.
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