Mistificatore, dissacrante, ironico e provocatore. Abile manipolatore dall’ineguagliabile forza creativa e padre della fotografia senza macchina da presa. E non solo. Parliamo di una delle personalità più eclettiche e versatili dell’avanguardia artistica europea:
Man Ray (Philadelphia, 1890 – Parigi, 1976), al secolo Emmanuel Radnitzky. Genio indiscusso, trascinato dalla continua tensione alla sperimentazione, che incarna innovazione e al contempo contraddizione, che fin dal principio considera la fotografia come unica attività veramente remunerativa.
Ambiguità , sovvertimento e decontestualizzazione, esasperazione di meccanismi impossibili, riflessione disincantata sul corpo femminile, sulla sessualità e il voyeurismo, queste le cifre che caratterizzano l’iter dell’artista per la prima volta in Sardegna, in una mostra che fa la differenza. Grazie al taglio originale che esibisce capolavori, opere rare e alcune ancora inedite, c
he ricostruiscono l’universo visionario dell’artista, in un percorso che si svolge tra New York, Parigi e Los Angeles, per ritornare infine a Parigi.
Trecentotrenta pezzi fra sculture, dipinti, disegni, fotografie, oggetti e documenti personali sono stati sapientemente selezionati tra gli oltre duemila che fanno parte della collezione del Man Ray Trust di Long Island e assemblati a occupare tutte le sale del Museo. Uno sguardo all’artista in parte sconosciuto, in un percorso inusuale dove vita privata e arte si amalgamano, catturando lo sguardo tra fascinazione e stupore.
Se, infatti, non sorprende avvistare tra gli effetti personali chiusi nelle teche bastoni da passeggio, bombetta, anelli e valigetta da lavoro, mentre fra i documenti le bozze dell’autobiografia, la richiesta di un brevetto per una scacchiera e la formula di un procedimento chimico fotografico, non passano certamente inosservate alcune foto scattate durante l’amplesso con Kiki de Montparnasse, serie pubblicata dallo stesso
Breton che fu sequestrata e distrutta. Ma anche gli strumenti usati per le
rayografie, i gioielli creati appositamente per la moglie o gli appunti per un manoscritto, che ci restituiscono una visione più intima dell’artista.
Tra effetti
sabatier, meglio noti come solarizzazioni, e rayografie – le stesse che Breton recepì come interpretazione visiva della scrittura automatica surrealista – una selezione di fotografie di moda dai tratti fortemente pittorici e numerosi ritratti-icona che rientrano nel lavoro di documentazione di artisti contemporanei come
Picabia,
Matisse,
Brancusi e
Picasso ma anche Hemingway, Stravinskij e Henry Miller. Non poteva mancare, infine, il celebre
Cadeau, il ferro da stiro chiodato creato in occasione della prima personale a Parigi e riprodotto in serie dopo il furto in galleria.
Accompagnata da un importante e ben strutturato catalogo di quasi 400 pagine, la mostra attinge il titolo da un’opera che divenne anche l’epitaffio scelto dalla moglie per la lapide della loro tomba e che riassume il rapporto di Man Ray con la propria opera e con il pubblico. Incurante della sua grandezza e degli esiti raggiunti ma lucido e acuto osservatore della realtà . Curioso, attento ma mai troppo serioso.
Unconcerned but not different, appunto.