Categorie: sardegna

fino al 9.III.2003 | Folle | Oristano, Gallery

di - 4 Marzo 2003

La mostra preferisce l’aggettivo folle e non il sostantivo follia. Forse perché il termine Follia rimanda alla bizzarra condizione del Hidalgo don Qijote , o per rimanere in tema cavalleresco a quella di Orlando: “furioso d’amore”. La parola Folle invece, sa di condizione anormale nell’accezione più buia, d’alienazione mentale capace di generare mostri come il goyesco “sueño de la razon”. Folle inoltre prevede un’ambiguità semantica valida nel senso di condizione, gesto folle, ma anche folle come massa indistinta di persone, o ancora aggiungendo una semplice preposizione, in folle,di congegni meccanici che girano a vuoto. Curata da Ivo serafino Fenu, la mostra non gode di contributi pubblici nè utilizza i mezzi di una galleria privata. Fenu ha fatto tutto da sé: un locale notturno, una manciata di sponsor e tre artisti. Giuseppe Ventimiglia, Pietrolio, e Barbara Pinna.
Al Vernissage, le presentazioni: due sedie e una piccola Graziella nera. La prima sedia, vuota, ospita spiritualmente Ventimiglia, artista scomparso e considerato erroneamente folle; l’altra sedia è occupata dalla Pinna che preferisce non parlare affidando alla sua installazione e alla generosa scollatura la propria presenza; mentre al centro è posta la bicicletta, modello Graziella, di Pietrolio. La piccola bicicletta rappresenta il mezzo con il quale l’artista, incappucciato fetish e di nero vestito, irrompe nelle mostre altrui imponendo/proponendo le sue opere, salvo poi disertare, come in questo caso, la propria inaugurazione.
Ma parliamo delle opere. Ivo Serafino Fenu, citando Dubuffet, ci propone una traccia, una base da cui partire: “La creazione artistica, ovunque compaia, è in tutti i casi sempre patologica” . L’arte quindi come espressione patologica, valvola di sfogo nel caso di Ventimiglia, i cui ritratti a falciate di colore, parlano di occhi grandi e barbe incolte sovrapponendosi come quinte di una scenografia. Se appartenesse ad un movimento sarebbe quello dell’ Entartete Kunst [ammesso che si possa considerare tale], dando alla definizione scelta da Hitler e Goebbels nel 1937 per le avanguardie, quella di degenerazione genetica, malattia mentale. In questo senso i due intuirono, associando gli Ismi del Novecento al lavoro dei folli, un’origine comune, una creatività patologica soggettiva, spontanea, che non si preoccupa della regola perché si occupa di esprimere altro. Pietrolio è in folle . All’interno della sua light room, sinistramente indefinita, la stasi avviene tra uno degli ominidi deformi che la abitano e un elemento esterno che non è lo spettatore. La follia della Pinna nasce da una frase di T. S. Eliot ” Qui non si può stare in piedi”. La sua installazione prevede un tappeto blu Klein, lucido e brillante, fatto di vetro sensuale e inaccessibile, come l’arte contemporanea. Per cui un eventuale viaggio da queste parti, appare come il folle volo di Ulisse oltre le colonne d’Ercole.

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Folle. A cura di Ivo Serafino Fenu, Oristano, Gallery, Via Garibaldi n. 68 Tutti i giorni dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 20. Ingresso gratuito. Informazioni 347 0068195

[exibart]

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