Negli ultimi anni si assiste al dibattito su un argomento di significante rilevanza: la tutela e la conservazione dell’architettura moderna. Poiché la divulgazione è uno strumento fondamentale per sensibilizzare al tema le persone, Cagliari ospita la mostra itinerante Città di fondazione italiane 1928/1942, patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del e organizzata in collaborazione con il Consorzio Camù. Dietro l’idea dell’esposizione c’è anche uno studio sistematico, documentato in un ricco catalogo di 350 pagine, che ha portato ad individuare 170 realtà, molte delle quali in rovina.
A partire dal ’28, sulla spinta delle grandi opere di bonifica, il regime fascista promosse la nascita di nuovi insediamenti, tra villaggi, borghi e città. Città “di fondazione”, appunto, perché nate dal nulla in aree prima inospitali o poco popolate e in antitesi con l’origine storica della maggior parte dei centri abitati italiani.
La loro pianificazione si basava sullo schema del castrum romano e sulla presenza costante di determinate strutture (come la Casa del Fascio e la Casa del Balilla). Eppure queste città funsero anche da luoghi in cui sperimentare l’architettura razionalista, quella teorizzata da Le Corbusier e Gropius e che molto seguito ebbe pure in Italia. Assenza di decorazioni, ampie vetrature, utilizzo del cemento armato: queste alcune “regole” sulle quali si basava la nuova avanguardia architettonica.
Il sobrio e ordinato allestimento conduce in un viaggio dal Trentino Alto Adige alla Sicilia. La gigantografia, posta all’ingresso, delle due torri dello stabilimento SAICI di Torviscosa è di sicuro effetto. Il percorso, organizzato per regioni, è ricco di immagini d’epoca e completato da testi sin troppo esaustivi, con addirittura analisi architettonico-urbanistiche.
Ciò che emerge prepotentemente è lo scontro tra diverse concezioni del costruire, ovvero l’oscillare tra un vieto storicismo da un lato e la tentazione di dar spazio al funzionalismo dall’altro. La chiesa di S. Maria ad Alberese è agli antipodi rispetto alla sistemazione della piazza di Guidonia, che ricorda il Bauhaus di Dessau. La dittatura fascista si comportò in maniera ambigua nei confronti dell’architettura moderna, molto spesso corruppe le posizioni “puriste” inserendo simmetrie, assialità e monumentalismi. Di questo “razionalismo mediterraneo” non mancano esempi significativi: il serbatoio idrico di Pontinia o lo stabilimento caseario a Tresigallo. Di sicuro interesse la sezione dedicata alle città di fondazione in Sardegna: Mussolinia (l’attuale Arborea, con la moderna casa del fascio di Ceas), Carbonia e Fertilia. E poi come non rimanere incantati di fronte all’idrovora di Sassu, davvero un simbolo dell’estetica di una prima età della macchina che oggi pare lontanissima.
matteo muggianu
mostra visitata il 2 marzo
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