Occorre oltrepassare la soglia della sala perché si azioni automaticamente un articolato congegno fatto di funi, corde da arrampicata e carrucole, dal quale ciondola una serie di campanacci che, oscillando ritmicamente, ricorda le solenni e cadenzate danze dei Mamuthones. Non è ammessa illuminazione alcuna, se non quella che filtra dal foro del campanile adagiato per terra, unico spiraglio del falò occultato che brucia aromi dell’isola.
Si tratta del secondo appuntamento di Project Space, progetto site specific affidato stavolta a
Nico Vascellari (Vittorio Veneto, 1977), giovane artista che -nonostante ciò- non ha bisogno di presentazioni. Basti ricordare il Premio New York 2006 che ha seguito quello Internazionale della Performance del 2005 e la partecipazione all’ultima Biennale di Venezia attraverso il Darc. Nico Vascellari è musicista, performer e videoartista eccentrico e istintivo, al limite del borderline, che ha fatto dell’improvvisazione una costante e dell’interazione col pubblico un elemento imprescindibile. L’origine è una poetica di ascendenza punk, con chiari riferimenti underground, che confluisce nel concetto di natura come fonte inesauribile d’ispirazione, dove l’avanguardia performativa pare attingere a piene mani tanto all’estetica del caos di
John Bock quanto all’interazione dei diversi ambiti espressivi di
Mike Kelley.
Nonostante l’eterogeneità dei codici linguistici, l’artista sfugge dal concetto di “opera totale” per effettuare un sistema di stratificazione della memoria attraverso la decontestualizzazione di oggetti a cui conferire nuove identità, relazionandoli con lo spazio circostante, che funge da contenitore.
Ma anche attraverso la sollecitazione dei sensi, per quella sottile evocazione di primordialità che in Sardegna trova terreno alquanto fertile e che rinveniamo nel fieno e nelle piante aromatiche che ardono lentamente, lasciando che acri profumi si diffondano fra le pareti del museo, così come il fragore dei campanacci. L’artista ci ricorda che simbologie e forme si ritrovano in luoghi e culture differenti, anche molto distanti tra loro, come i Krampus (sinistri personaggi che affiancano Nikolaus, coperti di pellicce e abiti scuri, il cui compito è punire i bambini cattivi) visti in Austria, che collega ai Mamuthones e alle loro danze, sottolineando al contempo quanto si collochino in dimensioni antitetiche, come stabilito dal campanile rovesciato.
“Il rovescio è l’opposto, l’anti. Il mio campanile è sospeso tra due opposti”, precisa Vascellari.
Tra natura e folklore -non tanto riferito alla cultura popolare, quanto agli elementi che hanno contribuito alla sua evoluzione- con il compiacimento di rifarsi a credenze e paure ancestrali o cedere a seduzioni arcaiche, Nico Vascellari mette in atto uno scenario straniante e suadente fatto di
“memorie, di esperienze vissute associate ad altre solamente immaginate e a una forte fascinazione verso il nero del folklore. Tutto condito da ascolto protratto di ‘Geister im Waldgebirg’ degli Sturmpercht”.
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eh si, dopo il mirto sardo del man (che se lo avesse fatto un sardo lo prendevano a calci), se lo inviteranno al madre di napoli proporrà orge di limoncello e sfogliatelle...bravo nico, goditela finchè durà e tutti ci cascano!
Bellllllissssssssssimo articolo! grande Roby
Veramente..certi commenti son d'un noioso....che m'annoia anche solo scrivere per dirlo, ma è necessario: non sia mai che si possa pensare che non esistono anche persone non logorate da invidie varie...cosa c'entri il discorso sul mirto poi è un mistero...a volte è più onorevole star zitti. Io inizio da qui, sperando che qualcuno mi segua....