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Se vuoi conoscere te stesso, guarda in ogni angolo del mondo. Se vuoi conoscere il mondo, osserva nel profondo di te stesso. Se vuoi conoscere te stesso, allora cercati nell’universo; se vuoi conoscere il mondo, allora spingiti nel profondo di te stesso”. La corrispondenza tra macrocosmo e mirocosmo, che vede uomo e universo generati da un unico atto creativo – come teorizzato da Rudolf Steiner – è alla base della poetica di
Ignacio Llamas (Toledo, 1970; vive a Madrid), artista spagnolo alla sua prima mostra personale in Italia.
La correlazione fra il “tutto” e le “parti del tutto” si concretizza attraverso piccole e diafane architetture che s’integrano armoniosamente con l’ambiente circostante. Inducendo l’osservatore ad aguzzare la vista e a scrutare voyeuristicamente dalle minuscole aperture dalle quali filtrano le fonti luminose. Esortandolo a percepire che c’è dell’altro al di là dalla realtà tangibile.
Rifugi, luoghi di contemplazione e mistero. Non solo semplici contenitori, bensì spazi emozionali che concedono un vis-à -vis col proprio io per un profondo cammino interiore. Box asettici dai volumi puri, figli del Costruttivismo russo, della Minimal art e che non disdegnano l’esempio delle scatole Fluxus, diventano pretesto per intessere macrocosmo e microcosmo in un insieme indivisibile. Il tutto connotato da giochi di contrasti chiaroscurali, dai quali emergono inattesi e spogli alberelli – simboli generatori di vita – che si alternano a porzioni di scale – emblemi di una fase di transito che permette il raggiungimento degli obiettivi prefissati – e a piccoli sassi sparsi qui e là .
L’approccio è quello alla natura come verità privata di qualunque ornamento, per giungere all’essenza. Uno sguardo meditativo che attinge a piene mani dalla poetica Zen, consolidato da un’invisibile presenza: il silenzio. Silenzio, vuoto e luce sono, infatti, le costanti nella ricerca di trascendenza di Llamas. Silenzio che lascia spazio per ritrovare se stessi. Vuoto riempito dalla luce per la creazione di uno spazio etereo. Luce che attrae, congela e ridisegna i contorni delle cose. Per dare vita a piccoli mondi metafisici dove elementi apparentemente in conflitto sono percepibili come unitari.
Coerenti e ben risolte in un’installazione ritmica ed essenziale, le plastiche architetture seducono lo spettatore, che ritrova qualcosa di sé ogni qualvolta indaga tra quegli intimi scrigni di luce. Poetici e mutevoli spazi vitali. Mondi interiori da esplorare.