Approssimazioni. Di luoghi, appartenenze, tempo, soggetti, verità. Quattro fotografi, Totò Bongiorno, Giandomenico Marini, Tano Siracusa e Franco Carlisi, al di là delle differenze stilistiche e contestuali, riflettono tutti sullo stesso problema: rendere familiare allo spettatore una realtà non sua. Discorso che vale per il fotoreportage in senso lato e che in questa sede, però, contro le aspettative di esotismo e straniamento solitamente connaturate al genere, nasce nella maggior parte dei casi proprio dalla realtà più quotidiana e scontata.
Lo sguardo di
Totò Bongiorno, giovane fotografo di Agrigento, accompagna i rituali di vestizione di alcuni transessuali, creature colte in un tempo e in un luogo qualunque nella speciale sospensione tra la prosaicità della carne e il guizzo del possibile. La presenza dell’osservatore partecipante non è considerata una ulteriore occasione di esibizionismo, ma di partecipazione collettiva a un gioco estremamente serio, di cui condividere le responsabilità. Goffaggini e difetti avvicinano questi corpi, palesemente “diversi”, più di quanto non stupiscano i loro sessi modificati, sui quali s’indugia curiosi.
Franco Carlisi presenta
Iavaivoi, reportage su una piccola comunità multietnica che vive in un contesto zingaresco a Grancifuni, nell’entroterra siciliano. Facendo largo uso del “mosso” con evidente funzione espressiva, Carlisi crea quadri di tremolante bellezza. La luce flebile di un tramonto si fonde a quella artificiale e all’incertezza degli interni, tracciando i vaghi confini di un piccolo mondo di soggetti periferici ma a noi solidali nella ricerca di un minimo punto di consistenza, come un abbraccio che diventa riparo.
La Roma di
Giandomenico Marini è una città che istintivamente riconosciamo, anche se non del tutto, e i volti ripresi in scene di ozio, lavoro e socializzazione sono quelli che da sempre la popolano. Badanti, portieri, pizzettari, balie e donne di servizio hanno cambiato lineamenti e inflessioni, ma senz’altro da un Sud provengono. Il fenomeno dell’immigrazione assume pose ed espressioni rassicuranti, o perlomeno familiari, come nel caso degli uomini cinesi riuniti ai giardini, come un tempo i nostri anziani.
Gli scatti di
Tano Siracusa, altro noto professionista agrigentino, seguono vie più assodate nello scandagliare l’idea di alterità, con ambientazioni siciliane, africane, indiane, ma anche qui cogliendone aspetti marginali, dettagli e momenti bressoniani, e conducendo una riflessione attenta sull’uso della luce e sullo statuto della fotografia nell’epoca della crisi del suo linguaggio.
La mostra s’inserisce tra le collaborazioni strette da Su Palatu con alcune delle più interessanti realtà editoriali italiane dedicate alla fotografia. Dopo “Il Fotografo”, che aveva proposto la mostra
Estremi curata da Sandro Iovine, è ora il direttore del trimestrale siciliano “Gente di fotografia”, Franco Carlisi, a proporre una selezione per lo spazio sardo dedicato alla fotografia.