La Sala 1 è lo spazio adatto per mostrare un’opera alla settimana e incuriosire sulla produzione recente di molti dei nuovi nomi che si stanno facendo strada nel panorama locale. La prima serie di artisti raccoglie, per la cura di Roberta Vanali, sei nomi -Pietro Sedda, Silvia Argiolas, Alessio Onnis, Giuliano Sale, Pastorello e Gavino Ganau- in un progetto comune, “a tappe”, dal titolo
Cruel Fairy Tales. Agli artisti è stato chiesto di confrontarsi con il tema della fiaba come strumento ancestrale di indagine degli abissi della condizione umana. Per questo le fiabe sono “crudeli”, perché la crudeltà è nella stessa condizione umana, ed è nella narrazione per essere sublimata in un sistema simbolico.
La rassegna si apre con
Sacroiliaca di
Pietro Sedda. Qui la fiaba (
Le mani nere della scimmia) è poco più (o poco meno) di un pretesto per una riflessione ingombrante, che porta subito in media res. L’equilibrio è nell’opera tra la figura della scimmia, al centro della composizione, e l’angolo in basso a sinistra, con una natura morta di libri. Fra natura e cultura.
Silvia Argiolas si confronta con nientemeno che
Cappuccetto Rosso, una bambina dall’aria ingenua, anche troppo, con uno sguardo ammiccante, davanti allo sfondo di un bosco scuro. Insetti e strani animali insidiano Cappuccetto, ma lei non sembra darsene pena. È la falsa ingenuità che qui è crudele. Dietro la porta c’è un’ondata di moralismo? Un’inspiegabile tensione etica nella nuova generazione? Il progetto nuorese dovrebbe servire anche per avanzare questo tipo di analisi, senza pregiudizi.
Il soggetto scelto da
Alessio Onnis è
Carmilla, vampira la cui storia è ispirata a quella di Erzsebeth Bathory, nobildonna ungherese che fece uccidere seicento vergini per lavarsi nel loro sangue.
La contessa è ritratta in una composizione bilanciata e simmetrica, da illustrazione anni ’30; ma potrebbe essere anche una moderna
suicide girl, e spiegare dove può esser finito oggi il senso di sacrificio. A cosa servono i piercing, i tatuaggi, gli autoscatti di nudo su Internet? A non invecchiare.
Giuliano Sale presenta
Hansel e Gretel come se fossero appena usciti da un ospedale psichiatrico. Nel crescere, delle fiabe si dimenticano i finali. Si fanno coraggio a vicenda i due bambini, ma letteralmente non vanno da nessuna parte.
Pastorello prende in carico
Pierino e il Lupo con meno geometria e maggior espressività immediata. Il riferimento non è tanto alla fiaba quanto alla composizione di Prokofiev. Pierino è buono, ed è buono pure il lupo, e tutto si risolve in una giostra di colori. Pastorello ricorda i finali, per ciò nutre ancora fiducia nell’umanità. Conclude la rassegna
Gavino Ganau con un percorso tutto interno all’immagine. La tensione etica è assente o, meglio, è trasfigurata nell’assenza di tensione che la civiltà dell’immagine crea, propinandoci una realtà innocua, filtrata. Filtro inamovibile, se siamo costretti per sempre a vedere Biancaneve o Alice con gli occhi di Walt Disney.
Il risultato globale dell’operazione è innanzitutto quello di incuriosire sull’opera di questi artisti. Certo è che visitare una mostra alla settimana in un luogo come Nuoro non è il massimo della comodità, ma la solidità concettuale dell’operazione ripaga degli sforzi. Si finisce addirittura per scoprire linee di tendenza comuni, generazionali: pittura, figurazione, immagine mediatica, finali tronchi. Oscurità violacea, ormonalità della condizione umana, contemplazione del proprio cinismo. Ma in lacrime.
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complimenti a ROBERTA VANALI per il lavoro svolto!