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Una pavoncella contro la siccità
sardegna
“Solo con l’acqua vive la pavoncella di Sardegna, e si rivela a chi sa scoprirla dal cielo...” Un’operazione di Land Art visibile a 2.500 metri d’altitudine è un grido di dolore contro la siccità che incombe...
Realizzata con tre milioni di piante d’erba medica, l’iconografia è quella dell’antica pavoncella bizantina, fortemente stilizzata e radicata nella cultura del popolo sardo che continua ad intagliarne le forme nelle caratteristiche cassapanche lignee e a dipingerne le fattezze nelle ceramiche artistiche.
E’ forse un record quello raggiunto dagli ideatori del progetto ma non la finalità. La pavoncella si estende su un campo di dodici ettari, porta nel becco un ramo fiorito, ottenuto con trentotto balle di fieno colorate con cento chili di rosso. Lungo trecento metri il disegno ha uno spessore di circa sei e il suo tracciamento è stato possibile grazie all’impiego di strumentazione GPS per l’ingegneria conseguente al calcolo di cartesiane e topografiche. Visibile fino a 2.500 metri d’altitudine, la pavoncella è il simbolo di una terra flagellata dalla siccità la cui vita è legata paradossalmente ad un filo d’acqua senza il quale la sua morte sarà inevitabile.
L’opera di land art, ideata da Antonino Soddu Pirellas, è l’emblema di fertilità per eccellenza della cultura isolana, la pavoncella rappresenta una terra sofferente che vorrebbe volare libera ma per questo necessita di un elemento di vitale che da tempo gli si nega. Non a caso l’area scelta è quella della Sardegna meridionale, fortemente colpita da una siccità senza precedenti. Il messaggio lanciato è drammatico, è un urlo di dolore finalizzato a denunciare il malessere che da decenni affligge l’agricoltura sarda.
Le liriche forme della pavoncella saranno visibili fino a settembre a quelle diecimila persone che ogni giorno sorvolano i cieli della Sardegna e che tra le immense distese ingiallite vedranno emergere un simbolo di speranza.
L’operazione è stata ideata dall’artista Antonio Soddu Pirellas in collaborazione con Roberto Meloni (Ingegnere del consorzio di bonifica della Sardegna meridionale), Giovanni Garau (Imprenditore agricolo), Bruno Soru (Agrisola – Monastir), Alessio Grazietti (Ingegnere della SOGAER aeroporto di Elmas), Franco Resta (Docente della Facoltà d’Ingegneria dell’Università di Cagliari), Maurizio Mulliri (Tecnico rilevazioni GPS), Luciano Piras (Ricognizioni aeree).
roberta vanali
[exibart]
Voglio complimentarmi con l’artista per questa suggestiva opera di land art e sono interessato a ricevere ulteriori informazioni sull’artista e sulla realizzazione pratica di questa come di altre opere eventualmente allestite.
l’idea sarà pure buona, ma la realizzazione…mha….
Operazione di Land Art interessante.
Grazie Roberta per averci informati.
per Raffaello
Se può esserti utile questa è l’e-mail dell’artista: pirellas@pirellas.com, ciao
gli aztechi possedevano strumentazione gps?
Il loro era solo un gesto / evento o qualcosa di più?
Comunque complimenti per l’idea… anche se il soggetto più che simbolo lo trovo molto decorazione, tatuaggio.
Interessante l’uso di materia viva
L’autore, conosciuto e ammirato oltralpe (me ne parlò per la prima volta il pittore Jean Ridon, a Marsiglia) ha, secondo me, voluto mettere un dito su una antica piaga, espressa in modo così estesa in una piagata ed estesa isola. Ma, citando le parole di Marcello Zante in una recente lirica,” mai il paese seppe costruire simboli, semmai fra cent’anni…”.
pietro frank