Si vede che a
Fred Forest (Mascara, 1933; vive a Nizza) gli oggetti proprio non vanno a genio. Non per nulla, già a partire dagli anni ’60 salta a pie’ pari gli esordi da disegnatore per dedicarsi all’immaterialità del video, delle connessioni telematiche e computerizzate e dell’“attimo fuggente” delle azioni-incursioni d’arte impegnate. Corrosive e beffarde provocazioni per movimentare energie sociali -le stesse cui fa appello, fin dal nome, la nuova galleria Entropyart|in|progress, che avvia con Forest la propria ricerca sulle relazioni tra arte, scienza e tecnologia- dagli esiti inimmaginabili: come quando l’artista riuscì a far prendere sul serio la sua parodistica candidatura alla dirigenza della televisione bulgara nel 1991.
Non è certo inarrivabile, dunque, la mission, finora “impossible” anche per la migliore
intelligentsia italiana, di risolvere l’“emergenza-rifiuti” in Campania. Il bizzarro e l’effimero delle passate azioni reali si potenziano e trovano prosecuzione nell’infinita potenzialità virtuale. Forest trova il modo di volatilizzare simbolicamente, nel
Disintegratore mistico di rifiuti da lui costruito su Second Life a Nizza, insieme a caterve di oggetti di scarto provenienti su navi da Napoli, anche la stessa estetica dell’oggetto,
scarto di una visione artistica non più pregnante, da
rifiutare a favore di un’estetica della comunicazione.
Gli scatti esposti, con l’avatar di Forest sullo sfondo delle sue costruzioni in SL, sono perciò rappresentazioni o, meglio, come l’artista specifica, “presentazioni” a carattere quasi documentario di un’opera-azione mostrata sul monitor piuttosto che opere in sé. Le foto dell’immaginifico e terribilmente pericoloso monolite mangia-rifiuti, monumentale fornace dal fascino quasi dantesco, o dell’avveniristico e startrekiano
Centre expérimental et laboratoire social, sede di dibattito per tutti gli avatar che esprimeranno proposte per il problema-rifiuti, sono un reportage che ha lo scopo di invogliare i fruitori a rendersi attori di quella che è la vera opera d’arte: la movimentazione e la partecipazione sociale.
Lo stesso disintegra-rifiuti sembra solo un pretesto per innescare il coinvolgimento degli individui tramite il loro doppio virtuale nel dialogo che, a detta anche del curatore Enrico Pedrini, è il più profondo messaggio di Forest. Lo sconfinamento nel mondo digitale della Linden Lab non ha quindi il senso di una fuga dalla realtà, anzi paradossalmente è un invito a fronteggiare l’attualità e una responsabilizzazione ancor più pressante per l’intelligenza collettiva o, meglio, è il caso di dirlo,
connettiva.
Del resto, per chi come Forest è riuscito a rendere possibile nel mondo reale ciò che è apparentemente impossibile, il virtuale piuttosto che “irreale” può solo significare la raddoppiata verità di una “realtà aumentata”, che la consapevolezza e l’impegno rendono concreta.