20 dicembre 2006

second_life Second Life, Second Art

 
Migliaia di persone vivono una “seconda vita”. E non stiamo parlando di poligamia o di nascoste esistenze notturne. Parliamo dei mondi virtuali, luoghi fatti di pixel in cui si riproducono i meccanismi del mondo reale. Ma non solo. I nuovi universi creano anche nuove idee, estetiche e stili di vita. Non mancano l’arte e l’architettura. Ne abbiamo parlato con Mario Gerosa, autore del libro Mondi Virtuali....

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Hai affermato che la distanza tra mondi virtuali e realtà si sta assottigliando. Quali sono le cause di questo avvicinamento, e in che modo i due universi comunicano?
L’avvicinamento si deve principalmente alla riduzione della dimensione tecno-sperimentale della realtà virtuale, che è passata in secondo piano. Fino a dieci anni fa, se chiedevi a qualcuno di parlarti di realtà virtuale, ti citava il film Tron o il completo con il casco e i guanti muniti di sensori. Oggi la realtà virtuale viene percepita in tutt’altro modo, come uno sdoppiamento psicologico e drammaturgico e non tanto come uno spaesamento spaziale. Nei mondi virtuali non si crea l’illusione di trovarsi in un altro luogo, ma si stimola la voglia di credere di essere da un’altra parte. E questa manipolazione psichica è molto più forte.

L’immersione è comunque totale…
Si, benché tu sappia che il mondo che vedi si trova solo nel monitor, dopo dieci minuti che sei connesso ti senti integrato in quel mondo, non riesci a staccartene. Quello che vedi oltre lo schermo non è così slegato dalla realtà, è comunque un mondo con un sostrato di amicizie e relazioni. Buona parte delle azioni che compi nel mondo virtuale si possono ripercuotere nella vita vera. Se tratti male un personaggio, tratti male una persona, se dai un bacio appassionato ad un avatar rischi di comprometterti. Nei mondi virtuali si delineano storie che, volenti o nolenti, entrano a far parte della nostra prima vita.

Le persone come scelgono di auto-rappresentarsi nella “seconda vita”?
Ci sono due atteggiamenti: il primo consiste nel creare un avatar sempre più simile a sé e il secondo nel rendere il proprio personaggio un tipo alla moda, magari vestendolo con abiti stravaganti. Fioriscono vestiti e accessori curiosi, ideali per avatar trendy, che qualche volta vengono anche prodotti nel mondo reale. Penso alla linea Preen di Aimée Weber in Second Life, che verrà realizzata anche per le persone in carne e ossa.
Entropia Universe, opere di Mark Kostabi nel Museo di New Oxford
Succede anche il contrario vero? Alcune marche reali migrano nel virtuale…
Si, un altro tipo di percorso va dal reale al virtuale. Con ritorno al reale. È il caso di American Apparel, il marchio americano di abbigliamento, che ha aperto una boutique in Second Life. Quando compri l’abito per il tuo alter ego, ti dicono “non vuoi comprare anche per te la t-shirt del tuo gemello virtuale?” e si apre una finestra che ti rimanda al sito dove puoi comprare il capo di abbigliamento vero.

Esistono artisti e gallerie nei mondi virtuali come Second Life? Come se la cava il sistema dell’arte sintetico?
La situazione dell’arte nei mondi sintetici è abbastanza confusa. Infatti, mancando un’estetica che dia delle indicazioni per l’arte e l’architettura “in world”. C’è tutto e il contrario di tutto. Innanzitutto, come è stato già fatto in Second Life e nel museo di New Oxford in Entropia Universe (dove espongono Mark Kostabi, Ernst Billgren, Kika Karadi, e Mark DeMuro) si possono portare nei mondi virtuali opere vere, presenti nella realtà. Poi ci sono le gallerie dove espongono i dilettanti che usano con disinvoltura Photoshop, calcando la mano sugli effetti speciali e creando opere marcatamente oleografiche, con albe, tramonti e romanticissimi cieli stellati digitali. Seguono le gallerie/museo che propongono quadri famosi per arredare le case, come la SL Tate Gallery, dove ci sono capolavori universali, dalla Gioconda ai dipinti di Magritte.

Quali sono le esperienze che ritieni più interessanti?
Quelle che sfruttano esclusivamente gli strumenti e i contenuti di Second Life per realizzare opere originali. Ci si può fare un’idea di questo atteggiamento visitando il Cole Photography Studio, dove ci sono vari ritratti fotografici di avatar ripresi in pose curiose. Non meno interessante lo spazio espositivo Enigmatic Artworks, che presenta mostre tematiche di fotografia. Puntano ancora più in alto spazi come The Port e i Nonpolynomial Labs, veri e propri centri di sperimentazione artistica. Credo che vada considerata con attenzione anche un’arte decisamente più commerciale, come quella proposta da Allure Photography, che realizza anche foto di matrimoni. Tra avatar, naturalmente.

Quanto costano le opere d’arte fatte per Second Life?
In generale non costano molto: in media si va dai 200 ai 1000 Linden Dollars, (il Linden Dollar è la valuta di Second Life, corrisponde a 0,34 dollari Usa). Però le opere vengono vendute soltanto per l’uso interno a Second Life e spesso non sono pezzi unici.
La Sheep Tower di Second Life – foto di Giff Constable
Si fa anche moda e design?
Si trovano espressioni artistiche originalissime nei negozi per avatar, dove si vende di tutto: dalle acconciature, agli abiti, agli oggetti di design. Basta fare un giro da FurNation Worlds per rendersene conto: curiosando in quel surreale emporio del kitsch, tra “dragon penis” e abiti “goth style” si colgono i frammenti di un’estetica videoludica ancora da scrivere. A questo proposito, sto cercando di allestire una mostra che indaghi i rapporti tra arte e videogame, individuando le influenze che intercorrono tra la cultura del nostro tempo e quella dei mondi sintetici.

Hai promosso la Convenzione per la salvaguardia del patrimonio architettonico virtuale, una carta che tutela le costruzioni realizzate nei mondi digitali. L’architettura di questi ambienti ha un valore intrinseco, dunque necessita di salvaguardia in quanto “bene culturale”, o si tratta di un’iniziativa a scopo, per così dire, documentario?
Credo che queste architetture abbiano un valore in loro stesse. Bisogna prendere atto della loro esistenza. Sarebbe opportuno che si organizzassero visite guidate in questi mondi, magari insieme a qualche storico dell’architettura, e cominciare a monitorare questo patrimonio culturale. Però, ancora prima, bisogna definire dei criteri di valutazione e di giudizio, utili per fare una selezione e capire quali di queste architetture siano originali e quali invece siano trascurabili.

Che tipo di estetica racchiudono?
Le architetture dei mondi virtuali sono il tassello mancante di un futuro annunciato e mai arrivato. Sono parte della rappresentazione del mondo di Un ritratto di Mario Gerosa – foto Sergio Ramazzotti oggi o di domani, preconizzato dalle copertine di Urania di Karel Thole o dai disegni di ispirazione fantascientifica di Jim Burns, immaginato nelle scenografie di film come 2001 Odissea nello Spazioe presente a frammenti nella vita vera attraverso le architetture di Norman Foster e Zaha Hadid. È all’immaginario della fantascienza che bisogna guardare, a una fantascienza possibile, realizzabile, e non esageratamente utopica.
I mondi virtuali di riferimento per queste nuove architetture sono Second Life e Entropia Universe. In particolare in Second Life sta addirittura maturando una coscienza dell’architettura digitale. Esiste infatti un gruppo chiamato Society for Virtual Architecture che organizza conferenze su questi temi.

Che rapporto c’è con l’architettura vera?
Il rischio sempre latente è che si realizzino delle architetture non consapevoli del background dell’architettura contemporanea. Forse sarebbe opportuno coinvolgere architetti veri che abbiano una sensibilità affine all’immaginario di questi mondi. Mi vengono in mente Greg Lynn, Future Systems, Massimiliano Fuksas. Sarebbe bello se progettassero qualcosa per un mondo virtuale. E in Second Life vedrei benissimo anche un’opera di Anish Kapoor.

E come si tutela l’architettura virtuale, praticamente?
Un museo sarebbe la soluzione più appropriata. Non penso a un’esposizione statica, ma piuttosto a un museo vivente, simile a quelli dove vengono ricostruite importanti architetture. Questo museo dovrebbe permettere di visitare case e palazzi di pixel. È il momento di storicizzare questi manufatti, anche perché sta succedendo qualcosa di veramente nuovo in materia di architettura videoludica, nei mondi virtuali e nei videogame. Recentemente Valve, la software house di Half-Life -uno dei videogame che hanno fatto la storia di quel medium- ha annunciato Portal, un gioco rivoluzionario, con architetture hyperlinkate dinamicamente, che permetterà di mutare radicalmente gli spazi.
L’avatar di Mario Gerosa in Second Life
Nei mondi virtuali esiste anche un fiorente settore editoriale. Come sono e quali sono le principali riviste virtuali?
Si va da Second Style, una specie di Vogue di Second Life, con le tendenze di moda per gli avatar, a Digital Traveller, una rivista di viaggi, a SL Business, dedicato a chi vuole investire nel virtuale. Un giornale leggendario è stato l’Alphaville Herald, in cui Urizenus, alias il professor Peter Ludlow, commentava i vizi privati del mondo di The Sims Online. Ludlow non esitava a denunciare episodi imbarazzanti di prostituzione, razzismo e altro. Così il suo account fu chiuso e tutte le menzioni all’Alphaville Herald furono eliminate dai forum. Subito dopo, le cronache di Urizenus sono riapparse nel Second Life Herald.

E i giornalisti?
Uno dei più celebri è Hamlet Au, il reporter embedded di Second Life, che scrive per New World Notes. Un altro personaggio di spicco è Marco Manray, alias Marco Cadioli, autore di reportage di guerra in Counter-Strike e di servizi fotografici di costume in Second Life.

link correlati
http://mariogerosa.blogspot.com
http://virtualarchitecturalheritage.blogspot.com 
www.internetlandscape.it 

a cura di valentina tanni

[exibart]

5 Commenti

  1. A me pare di cogliere, in considerazioni di questo genere, la posizione sempre più subalterna, la consistenza sempre più evanescente dell’arte, di questa arte – di quella che tradizionalmente si è abituati a chiamare arte – rispetto ad altre forme di espressione (il cinema, la musica, l’animazione), dotate di una più vivida e lampante immediatezza.

  2. Second life è sicuramente didattico.
    Ma non è significativo.
    è significativo l’Atto di creare un mondo virtuale.
    è significativa l’attenzione delle persone ad un tale Atto, come se non aspettassero altro.
    è significativa la sua rapida evoluzione.
    Ma non è significativo second life.
    Sappiamo come funziona: il meccanismo mediatico studia gli andamenti del desiderio, del bisogno e della domanda, ci aggiunge un po’ d’estro per identificare gli oggetti “fotogenici” (mi sia consentito il termine) e li innalza, unilateralmente ed arbitrariamente, senza sapere bene di cosa stia parlando.
    Il mestiere del giornalista è difficile.
    Si combatte continuamente, tra la necessità di affermazione personale e la deontologia professionale.
    E così, da questo scontro inumano, nascono dei mostri: articoli comparsi su quotidiani a tiratura nazionale su “robot intelligenti” che non esistono, se non nei progetti dei relativi ideatori; caschi che “traducono onde cerebrali in flussi di linguaggio”, quando invece si parla di dispositivi elettroencefalografici con un po’ di tecnologia aggiunta.
    Son fatti veri, avvenuti, su tutta l’editoria di massa (su carta, televisione o elettronica che sia) nazionale ed internazionale.
    Il desiderio di “scoop”, di accaparrarsi l’interesse del fruitore dell’informazione è forte. Troppo.
    Second life è uno di questi “mostri”.
    Sistema software multiutente ben scritto e congegnato, second life ha, effettivamente, dei risvolti filosofici profondi e lungimiranti.
    E’ un peccato che sia proprio la realtà dei fatti a farne scomparire l’importanza filosofica.
    Perchè second life, per come è presentato, offerto in fruizione e, quindi, utilizzato dalle persone, è un “mindfucker” più che un mondo virtuale.
    E, come ogni “mindfucker” che si rispetti, second life applica tutte le sue energie alla creazione di trend vorticosi, in grado di risucchiare l’attenzione del singolo e dell’opinione pubblica.
    Gli elementi sono tutti presenti: la fissazione sull’estetica modaiola, l’estrema commercialità e commerciabilità, la sottomissione e dipendenza dai media ufficiali, i meccanismi “a leva”, in grado di creare moltiplicatori della volonta dei suoi fruitori, trasformando di fatto il desiderio di un “mondo altro” in un mero autismo consumistico. Non una vita virtuale. Ma un voyeurismo virtuale, quello sì. E meravigliosmente sfruttabile in senso commerciale: come la pornografia.
    Second Life non è molto diverso dalla finta rivoluzione sessuale che stiamo vivendo: costruito com’è sul voyeurismo, sull’assenza di rapporto (rapporto “reale”, non la tipica dipendenza_da_contatto indotta da chat, email e affini, che tutti gli “internauti” ben conoscono), sull’assenza del misticismo e delle componenti “oltre” della vita, come la spiritualità.
    Second life è l’incarnazione del paradosso di un mondo virtuale senza spiritualità. L’anima non c’entra, rimane assopita.
    Altro elemento di rilievo, e caratteristico di ogni “mindfucker” che si rispetti, è la presenza dei “divi”, delle celebrità.
    Personalità improbabili, poco significative e il cui merito consiste, soprattutto, nell’essere abili nell’impossessarsi opportunisticamente di spazi mediatici, sono alla base del successo di second life. Non sicuramente la sua significatività.
    Come si dice “s’ha da campà”: e questi “vvip” (virtual very important persons?) sgomitano e si agitano per poter dire “l’ho fatto prima io!”.
    Si inventano fotoreporter (evviva il tasto PRINT SCREEN del computer!), si inventano designer, architetti virtuali, artisti performativi lanciapizze, performer sessuali, modelli. Case editrici, clubs, imprese commerciali. Tutti a correre, per impossessarsi di un proprio pezzetto di questo mind-fucking-world.
    I media scelgono: la star di turno, quello che il pubblico dovrebbe considerare significativo in quel certo istante… cose così.
    E tutti appresso, che sennò si rimane indietro: “come??!?!? non hai un posto in second life?”
    E via un fiorire di articoli, di recensioni, di “eventi”, di simposi, di pubblicazioni…
    Peccato che tutti assomiglino più a oggetti adatti a riviste “da casalinghe” piuttosto che a trattazioni scientifiche, artistiche, sociologiche, politiche o filosofiche che siano.
    Quest’intervista è tipica, in questo senso.
    La realtà virtuale, i mondi “altri”, non sono in second life.
    La realtà passa per il corpo. Corpo esteso e aumentato tecnologicamente, magari, ma sempre di “corpo” si parla.
    I cyborg siamo noi, vien da dire: i cyborg sono sempre esistiti; la tecnologia non è solo computer e internet. La tecnologia è sempre esistita, che si parli di coltelli, macchine a vapore o bombe nucleari. E il corpo_completo ha sempre integrato la tecnologia, modificandosi ed aumentandosi: che si parli di preistoria, di medioevo, di oggi o di un futuro remoto quanto si vuole.
    La realtà “nuova” passa attraverso questa concezione del corpo_completo_e_aumentato, non attraverso i “mindfuckers”.

  3. Sto costruendo il mio atelier in Second Life, una mostra su Palladio per il cinquecentesimo anniversario dalla nascita. Sto scrivendo i principi per la composizione architettonica in Second Life e sperimentando nuove costruzioni. Per collaborare alle ricerche ed iscrivervi ai gruppi: European Virtual Architects e Palladio 1508 – 2008, contattatemi in SL

    Alfredo Desideri
    Saluti a tutti

  4. Condivido l’analisi fatta da Visionario che ruotando davanti a se quest’ultimo oggetto di consumo di massa (Second Life) lo spoglia, smascherando l’essenza intima dell’operazione, che è poi la stessa che stimola la webgeneration… guardare e agire standosene comodamente seduti a casa propria senza essere in pericolo, senza doversi esporre, senza prendersi responsabilità.
    Una vera pacchia? (segue)

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