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A Modena quindici artisti internazionali interpretano il tema dell’Io

di - 25 Gennaio 2006

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[25|01|2006] |||arte contemporaneacollettiva

A Modena quindici artisti internazionali interpretano il tema dell’Io

EGOmania
Just When I Think I’ve Understood…/Appena ho capito d’aver capito…

inaugurazione domenica 29 gennaio 2006 | ore 12 | a cura di milovan farronato | in collaborazione con angela vettese | galleria civica di modena | palazzo santa margherita | palazzina dei giardini | modena

Prodotta dalla Galleria Civica e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, la mostra propone una lettura trasversale sul tema dell’io – soggetto, oggetto, rifugio, trappola, inizio e fine, mania e tragedia, vita e morte – da parte di quindici artisti internazionali, chiamati a sperimentare e sperimentarsi direttamente in sede di mostra: Marc Camille Chaimowicz, Roberto Cuoghi, Hanne Darboven, Katharina Fritsch, Tim Hawkinson, Mike Kelley, Dongwook Lee, Rory Macbeth, Bjørn Melhus, Liliana Moro, Naneun, Anneè Olofsson, Marc Quinn, Ugo Rondinone, Markus Schinwald.
Marc Camille Chaimowicz ripropone un allestimento presentato a Londra negli anni Settanta in cui la persona si espande e si deposita in un poema epico fatto di gesti e oggetti quotidiani; lo sfondo è argenteo e ricrea un mondo diverso in cui tutto assume una valenza ipersensibile ma anche distaccata dalla realtà.
Roberto Cuoghi, artista che lavora su di sé al punto di cambiarsi in suo padre ingrassando e imbiancandosi i capelli, presenta circa 50 disegni della serie Il Coccodeista e ripete anche in questa occasione il desiderio di offrire di sé una immagine alterata. E’ una piccola prima personale che la Galleria Civica di Modena dedica all’ormai affermato artista modenese.
Hanne Darboven, protagonista dell’arte concettuale degli anni Settanta, esclude ogni emotività grazie a un eccesso di razionalità. Calcolo, descrizione, catalogazione, sono tutti ansiolitici potenti che la conducono a rassicurare il suo io. I dieci disegni esposti, contengono il loro codice che può essere decifrato; ma la sua logica ha un senso solo se riportata ai processi mentali dell’artista, del tutto gratuiti e connotati dal piacere di ruminare.
Katharina Fritsch presenta una delle sue opere più famose, Kerzenstander (1985): una svastica ottenuta con quattro strutture costituite ciascuna con due ordini di dieci candelabri, che ci restituiscono l’immagine di una croce uncinata ottenuta con delle candele. L’artista inserisce l’elemento luttuoso come memento, come a dire: ecco quali catastrofi può comportare un eccesso di fiducia in sé stessi e la conseguente perdita di contatto con la realtà.
Tim Hawkinson presenta un autoritratto parziale per descrivere la dilatazione della persona e il suo lato grottesco. E’ l’autoritratto di chi è stanco di sé stesso, di un isolamento dorato e noioso: l’artista ci parla dunque dei limiti della propria individualità e cerca di ironizzare sull’egomania di tutti i ritrattisti di ieri, oggi e domani.
Mike Kelley riflette sul collezionismo come forma di espansione ma anche annullamento di sè, proponendo quattro video legati fra loro che rappresentano le sue stesse collezioni, feticci divenuti opera nel momento in cui sono state acquistate da un altro collezionista/feticista.
Dongwook Lee presenta microsculture di soggetti umani dai corpi abbozzati assieme a residui organici di frutta essiccata che sembrano dire “Sei polvere e polvere tornerai”, espressioni di un senso di disorientamento ma anche di un sè che può essere costruttivo e fiducioso. Per Dongwook Lee come per Naneun, l’altro artista coreano in mostra, presente con un’ottantina di disegni, vale la considerazione che ovunque arrivi una concezione occidentale dell’io, arriva anche un’idea diversa e più forte rispetto alla cultura tradizionale.
Rory Macbeth profeta ed interprete dell’opposizione tra uomo e natura, da un lato, e dall’altro della loro compenetrazione, nell’installazione The Wood for the Trees prende alberi, sassi e altri elementi del mondo naturale e li plasma, per offrirne una visione semplificata e cesellata dall’uomo che così ne diventa il demiurgo.
Bjørn Melhus è l’unico, fra i quindici artisti presenti in mostra, che si camuffa e che presenta il suo stesso volto. Nel video Auto Center Drive compie una reale esplorazione della personalità mettendo in scena una galleria di identità che sono tutte interpretate dalla sua abilità camaleontica.
Liliana Moro presenta cinque cani fusi in metallo che si aggrediscono l’un l’altro. Sembrano cinque diversi animali, simili ma distinti. In realtà il cane è sempre lo stesso, come fosse clonato, metafora dell’atteggiamento aggressivo che alcuni di noi hanno verso sé stessi quando tendiamo ad essere talmente autocritici da essere autodistruttivi.
Anneè Olofsson lavora con le carte da parati, elemento decorativo-ossessivo, come ossessioni possono diventare gli oggetti che scegliamo per la nostra casa: più la rendiamo come le volevamo, più si trasforma in rifugio ma anche in prigione, luogo nel quale tendiamo a chiuderci, cercando gli aspetti più familiari e rassicuranti.
Marc Quinn presenta due enormi conigli di bronzo smembrati e fatti a pezzi, posizionati all’ingresso della mostra: quello che resta delle fiere che anticamente stavano a guardia dell’accesso alla casa. La bestia si è trasformata da leone in coniglio, ed è divenuta da fiero animale una povera bestia. In mostra anche un’immagine di fiore congelato che ci parla dell’antico mito di Narciso, innamorato di sé stesso, che rimirandosi affoga. Il fiore congelato riproduce il momento in cui non è morto, ma non è più nemmeno vivo, come se non volesse affrontare il passaggio dalla bellezza al decadimento: un’ossessione per la propria apparenza che nel mondo reale possiamo vedere quotidianamente.
Ugo Rondinone espone due grandi cerchi con onde concentriche che rappresentano valori diversi per ogni circonferenza, forme circolari che sono metafore di un centro su di sé che tende verso l’infinita espansione.
Il lavoro di Markus Schinwald è composto da due tende ingigantite, di un intenso rosso cardinalizio, con impresse scene tratte dall’Inferno di Dante in una, e immagini pastorali nell’altra. Parte dell’arredo di ogni casa, retaggio iconografico di incisioni e dipinti, in questa occasione la tenda diventa sipario che svela e che oscura due universi opposti della stessa personalità.


EGOmania
Just When I Think I’ve Understood…/Appena ho capito d’aver capito…
dal 29 gennaio al 2 maggio 2006
da martedì a venerdì 10,30-13,00; 15,00-18,00
sabato, domenica e festivi 10,30-18,00 chiuso il lunedì
ingresso gratuito
Galleria Civica, Palazzo Santa Margherita e Palazzina dei Giardini
Corso Canalgrande, Modena
Tel. +39 059 203 2911-2919-2940
www.comune.modena.it/galleria

galcivmo@comune.modena.it

Immagine: Marc Quinn, Southpole, 2005, olio su tela, collezione privata, © by the artist

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