Carlo De Meo alla Galleria Andrea Ciani

“Ho bisogno di perdermi ancora, di penetrare l’incerto protetto e coperto d’insicurezza. Ho necessità dell’altro indefinito”. E’ a questa personale, e soprattutto impellente esigenza, che l’artista Carlo De Meo non può sottrarsi dal dare seguito. E la mostra Lost in translation è il suo particolare punto di vista.
Riflesso della sua continua indagine di comprensione dei diversi livelli del reale, l’esposizione si costruisce intorno al concetto del “perdersi”: così l’artista, per risolvere l’enigma del vivere di ogni giorno, suggerisce di perdersi come un novelloulisse, e lo fa con la propria ironia, con i suoi giochi di parole e con le sue piccole sculture.
Utilizzando il proprio corpo, Carlo De Meo allestisce lo spazio della galleria con opere, scultoree e fotografiche, che abitano lo spazio e ne scandiscono il percorso: è’ “Lost in translation”, che dà il benvenuto, l’unica posta su di un piedistallo, sintesi della riflessione dell’artista e dalla quale derivano tutti i possibili sviluppi, tra cui la mostra stessa. Il titolo è volutamente preso dal film di Sofia Coppola: “cercavo un titolo, e quello era perfetto“.
Ma è con L’impressionista -opera realizzata in situ e soggetto portante delle foto esposte- che si coglie appieno l’operazione artistica di De Meo. Oppure con Senza titolo 3, ulteriore evoluzione di “Senza titolo 1” e “Senza titolo 2”. Ed infine, con Cinquantaeuroalchilo l’artista affronta anche, con indicazioni ben precise, lo spinoso ed annoso argomento della “vendibilità” dell’artista.