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di - 15 Ottobre 2014

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[15|10|2014] Arte Contemporanea

exfabbricadellebambole

Arte XXI Secolo: sistema, mercato, crisi, diritti e tutele

exfabbricadellebambole è un’associazione culturale la cui mission è la promozione di artisti esordienti e non che già dal 2009 organizza workshop di orientamento al mercato dell’arte al fine di essere introdotti con informazioni e strumenti per costruire la propria carriera.

L’associazione si avvale della collaborazione di due professionisti d’eccellenza mettendo a confronto le loro risposte, in un’unica intervista, in base a competenze diverse ma complementari che presenteranno nel prossimo workshop ‘Essere artisti oggi: una nuova professionalità’, giunto alla sua 15° edizione.

INTERVISTA: NICOLA MAGGI: Nicola Maggi, storico dell’arte specializzato nel mercato sistema economia dell’arte collezionismo nonché fondatore di un seguitissimo blog che si chiama ‘Collezione da Tiffany’.

Nicola, dal tuo osservatorio quali i difetti e i pregi degli artisti italiani rispetto ai colleghi all’estero?

«Domanda complessa. Se guardiamo i nostri artisti dal punto di vista della qualità e della preparazione, sinceramente, non vedo grandi differenze. Basta fare un giro in una fiera per rendersene conto. Anzi, non di rado, trovo molti nostri giovani più interessanti e profondi rispetto a tanti loro coetanei stranieri che, magari, hanno quotazioni di mercato ben più alte. Quello che vedo, però, in molti dei nostri ragazzi che decidono di intraprendere la carriera artistica è tanta confusione e ingenuità. Conoscono pochissimo le regole del gioco e raramente sanno presentarsi al mercato. Pensano che basti mandare un’email con un link al proprio sito per attirare l’attenzione. Una situazione che riguarda, in primo luogo, chi si avvicina a questa carriera da autodidatta, ma da cui non è immune neanche chi esce dall’accademia. E questo dipende anche da un’offerta formativa con programmi didattici che, molto spesso, non danno strumenti adeguati in questo senso».

Gli artisti esordienti italiani faticano ad entrare nel sistema dell’arte poiché sottovalutano i passaggi fondamentali quali il costruire il proprio curriculum o scegliere più selettivamente con chi collaborare e dove esporre. Che consigli daresti a un giovane che vuole iniziare?

«In Italia sono circa 50mila le persone che si autodefiniscono artisti. Il processo di selezione è durissimo e, come in ogni altro lavoro, farsi notare non è facile. Un giovane deve essere realistico e ambizioso allo stesso tempo. Deve credere in quello che fa e sapersi vendere. Quando si cerca un lavoro, di qualunque natura, si deve essere consapevoli di quello che si vuole, delle proprie capacità e che saranno più le porte chiuse di quelle aperte. E’ necessario individuare chi può essere realmente interessato a noi e ci si deve dotare degli strumenti adeguati per presentarsi al meglio e per far capire, a chi si ha davanti, che siamo la persona giusta. Un curriculum ben scritto aiuta, ma occorre anche metterci la faccia e non accontentarsi di mandare un’email e un paio di immagini ad un indirizzario indistinto».

Oggi ci sono delle legiferazioni a tutela del lavoro degli artisti. Secondo te quanti dei nostri artisti ne sono al corrente?

«In pochi e anche chi le conosce spesso non se ne cura pur di vendere. Non rendendosi conto del danno che si arrecano».

In Italia purtroppo la maggior parte degli artisti non osa chiedere contratti espositivi con regole chiare e con i servizi offerti realmente dalle gallerie. Confrontando i rapporti con l’estero a tuo avviso è più facile esporre in Italia o fuori dall’Italia?

«Ti rispondo con un dato: il 63% degli artisti inglesi non espone perché le gallerie gli chiedono di pagare per farlo. E stiamo parlando di uno dei mercati dell’arte più floridi. Come vedi tutto il mondo è paese. Ma vale anche il detto “patti chiari, amicizia lunga”: promuovere un esordiente costa e con un mercato che non gira, come quello italiano, è probabile che le gallerie chiedano un contributo all’artista. Se la galleria è seria, però, quel contributo sarà un investimento sulla propria carriera, se invece è solo una “affitta pareti” saranno soldi gettati al vento. Un motivo in più per stare molto attenti quando si scelgono le gallerie a cui ci si propone».

Molti artisti pensano che basti esporre le loro opere per essere notati o acquistati. Puoi indicare i passaggi necessari e l’iter per giungere alla quotazione di una opera?

«Che piaccia o no, per essere riconosciuti come artisti è necessario entrare nel Sistema dell’Arte e che questo ce ne dia lo status. E’ qui, d’altronde, che si innescano tutti quei meccanismi che determinano la carriera di un artista e, di conseguenza,il suo valore di mercato. In estrema sintesi possiamo individuare 4 passaggi fondamentali che vanno dal riconoscimento dei pari (ossia degli altri artisti) a quello del grande pubblico, che può anche non arrivare mai. Nel mezzo ci sta il riconoscimento da parte della critica, dei mercanti e dei collezionisti. Questi passaggi corrispondono ad una crescita di notorietà dell’artista, ad una sua valorizzazione culturale e, conseguentemente, anche economica».

L’importanza della comunicazione: gli artisti italiani spesso confondono il marketing con la comunicazione e la pubblicità. Puoi fornir loro qualche chiara informazione?

«In realtà è una confusione che fanno in molti. La comunicazione e la pubblicità, in realtà, sono due strumenti a servizio del marketing. Tanti, inoltre, lo riducono ad un’attività di mera commercializzazione. In realtà il marketing è qualcosa di più complesso e ne esistono varie declinazioni. Parlando di artisti che vogliono entrare nel sistema dell’arte, ci muoviamo, ad esempio, nell’ambito del cosiddetto marketing personale, ossia quell’insieme di processi che aiutano le persone ad entrare nel mondo del lavoro e a migliorare la propria posizione in termini di carriera, tanto per fare degli esempi. Ovviamente un artista non deve diventare un esperto di marketing, ma conoscerne i rudimenti può aiutarlo nell’attività di auto-promozione, evitando perdite di tempo e di soldi e ottimizzando i risultati».

INTERVISTA: LUCA RENDINA – curatore di mostre, esperto di marketing e comunicazione, fondatore e direttore dell’agenzia pubblicitaria Gandini&Rendina. Luca, oltre ad essere un esperto della comunicazione, hai anche una forte esperienza nella curatela e organizzazione di mostre. Dalla tua lunga esperienza sia come curatore che esperto di marketing d’arte, che consigli puoi dare agli esordienti che iniziano a proporsi presso le gallerie?

Prima di tutto scegliere con cura i propri interlocutori, il gallerista può diventare nel tempo un punto di riferimento. Rivolgersi quindi a realtà serie, frequentare workshop e stare in contatto coi colleghi. Poi, arrivare già con un proprio stile definito. Nell’arco del tempo il linguaggio di un artista può cambiare profondamente, trasformarsi, crescere nelle competenze, ma quando si entra in galleria bisogna essere certi di ciò che si porta.

Come ben sai oggi fare una mostra personale ed essere anche bravi non è sufficiente per imporsi al pubblico, essere notati e tanto meno vendere. Quali sono i mezzi utili per farsi conoscere?

Cercare visibilità attraverso i canali giusti. Ogni artista deve sentire quali siano i migliori per lui perché l’arte è uno strumento di comunicazione. Per quanto mi riguarda credo che ciò che ci circonda – gli spazi pubblici, dalla foresta al muro di una città – permettano interventi su larga scala in grado di amplificare il messaggio dell’arte.

Facciamo anche a te la richiesta cui ha risposto Nicola Maggi di chiarire le differenze tra marketing e pubblicità.

Il marketing lo fanno le gallerie e i dealer che devono collocare le opere sul mercato. In Italia è un lavoro difficile perché è una realtà purtroppo un po’ isolata dal grande mercato dell’arte, una delle ragioni è che le istituzioni nazionali non sanno come funzionano le dinamiche di questo mondo e quindi c’è molta incertezza. La pubblicità più che a far conoscere un artista è utile soprattutto per comunicare e promuovere uno specifico progetto.

Gli artisti che, magari escono da accademia come Brera, credono che applicando i coefficienti sia il modo per valorizzare le loro opere, ma oggi, a prescindere dalla crisi economica e dalla competitività con i mercati emergenti, che consigli potresti dare circa le quotazioni per chi inizia?

Di non svendere mai e di non regalare il proprio lavoro. Piuttosto barattare le proprie opere con quelle di altri colleghi. I grandi artisti come Picasso e Fontana furono anche grandi collezionisti. E’ giusto che gli artisti siano i primi a credere anche nel lavoro degli altri e a dire così la loro nel mercato.

Molti artisti, soprattutto esordienti o autodidatti, presumono che vendere un quadro significhi incontrare un collezionista, ma il collezionista chi è e che cosa fa realmente nel crearsi la sua collezione?

Negli ultimi anni il numero dei collezionisti è aumentato moltissimo. C’è chi compra seguendo il suo gusto, un’emozione oppure semplicemente perché si adegua ai suggerimenti del marcato. Ma non esistono solo i grandi acquirenti cinesi e americani. Noto con piacere che ci sono anche tanti giovani che, invece di sognare L’iphone6, risparmiano per mettere le mani sul loro primo quadro. (Emma Coccioli)

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