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Laura Cristinzio: “nunc est bibendum”

di - 18 Settembre 2015

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[18|09|2015] arte

Laura Cristinzio: “nunc est bibendum”

Domenica 20 settembre Giornate Europee del Patrimonio ore 11 Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Laura Cristinzio: nunc est bibendum

Mariantonietta Picone Petrusa

Entrare in sintonia con il proprio territorio potrebbe sembrare una cosa naturale per un artista, ma non è proprio così o almeno non è sempre così. È vero che in epoca di Transavanguardia è stato addirittura teorizzato il cosiddetto genius loci come prerogativa dei “magnifici cinque” portati in auge da Achille Bonito Oliva: mi riferisco naturalmente a Mimmo Paladino, a Francesco Clemente, a Sandro Chia, a Enzo Cucchi e a Nicola De Maria. Tuttavia, non si può certo pensare che il genius loci possa intendersi come una loro prerogativa esclusiva. Per alcuni il legame con la propria terra avviene a un livello subliminale, per cui lo stesso artista ne è condizionato, ma senza averne coscienza, per altri è il frutto di una ricerca precisa volta a individuare le radici del proprio sentire e del proprio fare. Certamente quest’ultimo è il caso di Laura Cristinzio che vive con grande consapevolezza la nostra epoca con tutte le novità che essa ci propone – soprattutto in termini di nuovi materiali e di nuove forme di comunicazione – ma allo stesso tempo senza mai negare il senso di appartenenza, anzi molto spesso sottolineandolo, fino a far rivivere in materiali moderni stratificazioni culturali antichissime, molto caratterizzate dal punto di vista territoriale. Certamente il lavoro di Laura Cristinzio, nonostante l’uso di materie all’avanguardia – che vanno dall’acciaio corten a tutti i generi di polimeri, fino alle fibre ottiche – non è incentrato sul concetto di “non-luogo”, tanto caro a Marc Augé e ripreso talvolta in sede artistica da personaggi come Ed Ruscha o Robert Smithson: per costoro l’opera affronta il tema dello sradicamento di elementi naturali e/o dell’anonimato omologante di certi luoghi metropolitani; al contrario, il lavoro della Cristinzio punta in modo deciso verso la ricerca di elementi identitari forti, che nel suo caso vanno individuati nella terra vulcanica del luogo dove abita e lavora.

Non è una strada semplice quella prescelta da Laura Cristinzio che ha l’ambizione di tenere insieme tutto: sperimentalismi e tradizioni, moderno e antico, progettazione razionale e allusioni poetiche, natura e tecnologia, configurazioni spaziali rigorose e suggestioni coloristiche, il senso della gravità e quello della leggerezza. C’è poi un elemento che domina su tutto e che nelle sue opere fa molto spesso da legante: la ricerca della luce, che a sua volta prende strade diverse, conferendo alle sue opere differenti configurazioni e di conseguenza differenti significati. Ogni lavoro è una sfida, spesso indotta proprio dalla scelta dei materiali e subito dopo rinfocolata dalla configurazione del luogo a cui l’opera stessa è destinata. O viceversa. Su tutto si distende il velo della Storia, che in alcune sue opere è come un profumo di cui si impregnano gli arredi di una dimora o i vestiti che si indossano: qualcosa che ci accompagna più o meno consapevolmente e di cui è quasi impossibile liberarsi.

Viene spontaneo un raffronto con le monumentali istallazioni di Richard Serra, anch’esse in acciaio corten: indubbiamente è il materiale con la sua particolare qualità rugginosa, determinata dal tipico processo di ossidazione bloccata – tale da creare una vera e propria patina protettiva – a indurre lapossibilità di un confronto, ma questo si arresta qui, non va oltre. L’opera di Serra che più potrebbe accostarsi a questa della Cristinzio è Snake, con il suo andamento sinuoso, ma la lastra ondulata di Serra, oltre ad essere più alta e più lunga è omogenea, non ha trafori e costituisce una vera e propria muraglia; inoltre la differenza maggiore sta nel significato: l’opera di Serra è del tutto autoreferenziale, come del resto è tipico della Minimal art, e fonda il proprio significato nella sua stessa forma autoreggente, nonostante il considerevole peso del materiale, e nell’esperienza percettiva dello spettatore in relazione allo spazio in cui l’opera è collocata. Al contrario l’opera della Cristinzio va letta come un palinsesto in cui si stratificano vari significati: quelli inerenti all’aspetto formale, ai tipi di materiali e all’esperienza percettiva di tipo fenomenologico da parte del fruitore sono senza dubbio molto importanti anche per lei, ma non sono autoreferenziali, dal momento che costituiscono il mezzo per farci avvicinare a un brano di storia e di storia strettamente legata al nostro territorio. L’immagine del palinsesto funziona anche per la lettura formale e iconografica dell’opera: abbiamo già detto della compresenza di richiami diversi alla villa di Oplonti; a questi si aggiunge un’ulteriore evocazione, quella del triclinio su cui appare adagiata la figura stilizzata di Poppea in metacrilato rosso che stacca prepotentemente rispetto al bruno rugginoso dell’acciaio. Naturalmente il rosso non può non evocare il rosso pompeiano, così presente negli affreschi antichi e quindi anche a Oplonti; ma ricorda anche la lava incandescente del Vesuvio e con la sua forza sembra racchiudere in sé tutta l’energia del nostro vulcano. È probabilmente per questo che il metacrilato rosso è un inserto ricorrente nelle sculture di Laura Cristinzio.

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