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Peter Welz, William Forsythe e Jan Fabre. Parte alla grande il Romaeuropa Festival

di - 14 Settembre 2009

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[14|09|2009] |||arte contemporanea/festival

Peter Welz, William Forsythe e Jan Fabre. Parte alla grande il Romaeuropa Festival

PETER WELZ, WILLIAM FORSYTHE
JAN FABRE. LE TEMPS EMPRUNTE

Peter Welz, William Forsythe

Retranslation | Final Unfinished Portrait (Francis Bacon) | figure inscribing a figure
dal 3 al 25 ottobre, Prima Nazionale
Galleria Nazionale d’Arte Moderna

Tre schermi di tre metri e mezzo per cinque con cornice in alluminio, altoparlanti vicini agli schermi e non visibili, l’incompiuto ritratto di Francis Bacon o una sua copia a grandezza naturale -1,98 X 1,46 metri-, tra 2 lastre di vetro, uno spazio tra i 400 e i 500 metri quadrati il più luminoso possibile: ecco le caratteristiche materiali di Retranslation | Final Unfinished Portrait (Francis Bacon) | figure inscribing a figure, una installazione coreografica multimediale di Peter Welz e William Forsythe in continuo movimento tra scultura, pittura, video arte e danza.
In questo binomio, Welz è uno scultore tedesco che attraverso le nuove tecnologie ha aperto una inedita prospettiva cinetica nelle arti plastiche; Forsythe è un coreografo statunitense che negli ultimi trent’anni si è imposto come una delle figure di spicco della danza contemporanea: il loro incontro nasce dall’idea di creare passaggi fluidi, continui e audaci da un linguaggio artistico all’altro e da un’opera all’altra. Non a caso la loro prima collaborazione, whenever on on on nohow on | airdrawing, prendeva le mosse da un frammento di testo di Samuel Beckett tratto da Worstward Ho.
Punto di partenza del loro secondo incontro è, invece, il quadro che alla sua morte Bacon lasciò incompiuto sul cavalletto da disegno. Era il 1992. Un’opera enigmatica: su uno sfondo tumultuoso appena sbozzato si fa avanti una figura che potrebbe essere George Dyer – l’amante di Bacon scomparso anni prima-, o forse il pittore stesso. Ripresa con più telecamere e montata da Welz, una performance di Forsythe che danza con guanti e calzari dotati di mine di piombo lasciando a terra tracce del movimento, punta a ricomporre sul suolo le linee del quadro di Bacon. Il risultato è una installazione che restituisce questa performance da diversi schermi, quindi diverse prospettive e punti di vista, suscitando anche una suggestiva eco dei cicli di quadri dedicati da Bacon alle opere di Velásquez e di altri grandi maestri del passato.
Il crescendo della curiosità per la figura del pittore irlandese Francis Bacon (1909 – 1992), si è concretizzato l’anno scorso nell’imponente mostra retrospettiva alla Tate Gallery che Londra ha voluto dedicargli. È un interesse coltivato soprattutto dagli artisti, tanto che in Italia un musicista come Giorgio Battistelli gli ha dedicato una sua composizione – Lettera a Francis Bacon, per raccontare con i suoni.
Nel caso di Welz e Forsythe il legame con il pittore irlandese sembra affondare le radici in quel lavoro di traduzione, traslitterazione, stenografia del mondo e della sensazione che il pittore irlandese infondeva nelle sue tele. La frase di Bacon “Nessuna illustrazione della realtà, ma creare immagini che siano un concentrato della realtà e una stenografia della sensazione”, in Retranslation si amplifica emblematicamente verso forme d’arte diverse, come danza, pittura e scultura, che celebrano il loro segreto legame.
William Forsythe è stato ospite del Romaeuropa Festival in tre precedenti edizioni: nel 1989 insieme al Ballet de l’Opéra de Paris a Villa Medici con Agon; nel 1991 a Villa Medici con Mondi riflessi – La nuova scena in video; nel 1996 insieme al Ballet Frankfurt al Museo degli Strumenti Musicali con Quattro coreografie (Firstext, Approximate Sonata, Four Point Counter, The Vertiginous Thrill of Exactitude)
Credits
Concept: Peter Welz
danza e coreografia: William Forsythe
su disegni di Francis Bacon
produzione: Peter Weltz presentato in anteprima al Musée du Louvre, Parigi
realizzato da: Galleria Nazionale di Arte Moderna e Romaeuropa Festival 2009
con il patrocinio di: Ambasciata della Repubblica Federale di Germania
con il sostegno di: Goethe-Institut Italien
presentato nell’ambito del festival europeo: TEMPS D’IMAGES 2009

Jan Fabre. Le temps emprunté
dal 28 ottobre al 31 gennaio 2010 dalle ore 10, Prima Nazionale
Museo Carlo Bilotti

Il continuo travaso d’idee tra arti plastiche e teatrali che caratterizza il lavoro di Jan Fabre prende vita in Il Tempo preso in prestito: una mostra e al tempo stesso un punto di osservazione privilegiato sul laboratorio dell’artista belga, un percorso attraverso i suoi spettacoli visti con gli occhi di celebri fotografi come Carl De Keyzer, e Robert Mapplethorpe, Jorge Molder, Helmut Newton….
Dice Fabre: “La fine di uno spettacolo assomiglia a un corpo la cui anima parte per vagabondare tra i corpi del pubblico”. Un’anima che può far rivivere il proprio corpo in modo diverso, con una triangolazione che dal tavolo da disegno e da lavoro dell’artista arriva fino alle fotografie d’autore. Nel teatro di Fabre è soprattutto l’interprete a diventare strumento di sperimentazione, per la costruzione di significati e per una ricerca del senso stesso del teatro. La valenza ludica o metafisica, scioccante o commovente della presenza corporea degli attori, trova la sensualità statuaria dell’obbiettivo di Mappelthorpe, il gioioso, geometrico e ricercato edonismo degli still life di Newton, la vivacità della sala prove e del laboratorio teatrale negli scatti di De Keyzer, l’irrequieto movimento della scena in Molder. Scatti d’autore caratterizzati da sguardi molto diversi tra di loro, da cui emerge sempre inconfondibile il segno di Fabre, per quanto visto da prospettive molto distanti. È un segno che troviamo ancor più chiaramente in una serie di disegni, modellini e bozzetti dello stesso Fabre. Partendo da uno dei primi spettacoli, The power of theatrical madness (1984), nella mostra sono esposte una serie di opere che si articolano lungo vent’anni per giungere fino al recenti Requiem for a metamorphosis (2007). In molti casi quindi si tratta di opere autonome, interessanti di per sé, e da cui Fabre ha poi preso spunto per suoi lavori teatrali, secondo un’estetica della bellezza e della metamorfosi che attraversa tutta la sua opera. Una crescente tensione anima il percorso espositivo, dove l’immaginazione caotica dell’artista belga, con le sue pieghe derisorie e scioccanti, appare come il mezzo per innescare nel pubblico quel processo che più di duemila anni fa Aristotele definiva “la catarsi”. Tra disegni, bozzetti per le scene, fotografie, Il tempo preso in prestito è tempo sottratto alla messa in scena, una metamorfosi ultima di fine spettacolo, un modo per farne deflagrare l’anima una volta di più.
Jan Fabre è stato ospite del Romaeuropa Festival in due precedenti edizioni: nel 1987 con Das Glas im Kopf wird vom Glas e nel 2oo1 con As long as the world needs a warrior’s soul
Credits
Fotografie: Helmut Newton, Carl de Keyser, Robert Mapplethorpe, Jorge Molder, Malou Swinnen, Dirk Braeckman, Marteen Vanden Abeele, Wonge Bergmann, Jean-Pierre Stoop, Pierre Coulibeuf
disegni: Jan Fabre
organizzazione: Aldo Miguel Grompone
realizzazione: Musei in Comune e Romaeuropa Festival 2009
con il sostegno di: Ambasciata del Belgio in Italia
supporto organizzativo e servizi museali: Zetema
con la collaborazione di: BNL Gruppo BNP Paribas, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena

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