| RENATO MAMBOR â PROGETTO PER UNâANTOLOGICA II inaugurazione sab 7 febbraio | ore 18.30 | galleria mascherino | roma | a cura di barbara martusciello A 45 anni dalla storica mostra Mambor Schifano Tacchi (gennaio 1959) alla Galleria Appia Antica di Roma, esposizione che ha aperto idealmente una stagione artistica romana di straordinario successo, la Galleria Mascherino propone Renato Mambor â Progetto per unâAntologica II (dallâUomo statistico a Renato dâEgitto), secondo appuntamento di una serie di mostre che la Galleria dedicherĂ allâartista. Mambor è un protagonista della scena artistica sin dagli anni â60, quando a Roma si è formata una generazione di artisti e intellettuali, amici e compagni di avventura, che ha lasciato unâimpronta indelebile nella ricerca culturale italiana. Dopo il grande successo della prima parte di questo progetto (dicembre 2002), la Galleria Mascherino propone questo secondo appuntamento con Renato Mambor che, come il precedente, è mirato a una rilettura del lavoro di Mambor in ambito concettuale visivo, del quale egli è stato un precursore e che è di grande importanza per le ultime generazioni di artisti; da ciò lâinteresse per la sua opera da parte della Galleria Mascherino, generalmente attenta alle sperimentazioni di artisti giovanissimi. La mostra, strutturata come una sorta di catalogo a parete con schede esplicative delle varie fasi del lavoro di Mambor, si sviluppa in forma antologica per considerare in maniera quanto piĂš completa possibile la lunga ricerca dellâartista dal 1957 al 2004. In questo secondo appuntamento si è inteso approfondire il lavoro di Mambor focalizzando lâattenzione sulla presenza iconica dellâUomo che ha contraddistinto la sua opera a partire dal 1961 e che, passando per il teatro e le azioni fotografate, è stata ribadita anche nella piĂš recente produzione. Negli appuntamenti successivi verranno invece sottolineati alcuni momenti e aspetti particolari del suo progetto artistico. Alla fine del 1959 Mambor apre lo studio a Roma insieme a Tano Festa. In questo periodo realizza dei quadri costruiti come oggetti con legno, chiodi, colla e vernici industriali. Utilizza smalti compatti stesi in campiture monocrome su tutta la superficie per eliminare ogni valore dellâazione, al fine di realizzarne lâazzeramento linguistico e la completa spersonalizzazione, postulato di tutta una generazione di artisti romani e non. Nel 1961 realizza Signori, opera nella quale compare, per la prima volta nelle sperimentazioni dei giovani artisti romani di quel periodo, la presenza iconica dellâUomo. Questâopera, che apre la mostra, può considerarsi un precedente della serie successiva del 1962, quando la sua attenzione viene attirata dallâomino stilizzato del segnale del passaggio pedonale e dallâuomo statistico, una figura umana bidimensionale che, trasportata nei suoi quadri, simboleggia lâuomo quantitativo, senza volto e caratteristiche individuali, dunque con una connotazione di rappresentazione umana oggettiva. Di questa serie è esposta una grande tela del 1962, Uomini Grigi. Alla fine del 1962 questa figura statistica assume la forma di timbro, consentendo una moltiplicazione dellâimmagine che Mambor utilizza per realizzare dei quadri che ricostruiscono ambienti o spazi urbani. Espone queste serie per la prima volta alla Galleria La Tartaruga nel febbraio 1963 nella ormai storica mostra 13 pittori a Roma e nellâaprile dello stesso anno nella mostra Lombardo Mambor Tacchi. In mostra una rara tela del 1963, Stadio. Nel 1964 inizia a interessarsi ai disegni dei rebus enigmistici. Questi hanno la caratteristica di essere disegnati in modo da rappresentare nella maniera piĂš fedele possibile un vocabolo, costituendo quindi una specie di definizione grafica di un nome. Mambor utilizza questi disegni come se attingesse a una sorta di vocabolario iconico nella serie di quadri che chiama Ricalchi, nei quali il suo interesse non è rivolto alla rappresentazione di realtĂ oggettuali, bensĂŹ al loro essere equivalenti iconici del nome convenzionalmente accettato per quellâimmagine, perchĂŠ, per usare le sue parole, âlâimmagine non è il nome, il nome non è la cosa, la cosa non è lâessenzaâ. Per chiarire il suo disinteresse verso la rappresentazione oggettiva Mambor appoggia le immagini sulla tela grezza, senza preparazione, per evitare ogni forma di contaminazione espressiva, disegnando solo quei tratti che delineano la morfologia essenziale delle figure e ricoprendole poi con campiture monocromatiche che lasciano trasparire solo le linee fondamentali del segno al fine di realizzarne un completo svuotamento. Anche le sequenze e gli accoppiamenti delle immagini sono utilizzati per chiarire che il suo interesse è solo nel rapporto tra la definizione grafica e il nome che questa rappresenta. Infatti talvolta utilizza serie di immagini incoerenti tanto nella narrazione quanto nella resa prospettica e dimensionale proprio per evidenziarne la loro unica essenza comune, quella di vocaboli in forma iconica, come nella grande tela, recentemente ritrovata e ora nuovamente esposta, Nudo e palazzo, del 1965; oppure, al contrario, utilizza sequenze perfettamente coerenti quando il suo interesse è nellâevidenziare la definizione visiva di un gesto o di un verbo come, ad esempio, nel quadro in mostra Il gesto del sonno del 1965, giĂ presentato alla Tartaruga e nellâesposizione Pop Art e ricerca oggettuale a Roma negli anni sessanta (1981). Questi lavori, realizzati tra il 1964 e il 1966 ed esposti nel 1964 al Premio La Tartaruga, nel 1965 al Premio Nettuno e sempre nellâaprile dello stesso anno nella personale alla Galleria La Tartaruga presentata da Marisa Volpi, evidenziano Mambor come precursore del concettuale che di lĂŹ a poco si sarebbe sviluppato e ne chiariscono le distanze con lâarte Pop alla quale era stato assimilato negli anni precedenti. Nel â66 Mambor, insieme a Mario Ceroli e Cesare Tacchi, si trasferisce per alcuni mesi a New York, chiude lo studio di Roma e al ritorno si trasferisce a Genova dove nel 1967 espone alla Galleria La Bertesca nella storica mostra Arte Povera e Imspazio, a cura di Germano Celant. Sempre a Genova nel 1968/69 inizia la serie delle Azioni Fotografate tra le quali La fontanella di via Barletta, Araldica mobile, Faccia bianca e altre, esposte nella sua personale alla Galleria La Bertesca nel maggio 1969 e riproposte in questa mostra nelle stampe originali. Nel 1968 Mambor prosegue la sua analisi sulla pittura trasferendola negli Itinerari (Rulli), opere dipinte attraverso le impronte lasciate dal colore di cui è intriso un utensile di gomma, di quelli che comunemente si trovano in commercio e che decorano le pareti come finta tappezzeria, grazie al quale Mambor allontana ancora una volta il fatto a mano libera, il segno calligrafico che può rivelare la soggettivitĂ dellâartista che egli rifiuta categoricamente in questa fase della sua ricerca. Questa serie di lavori si estenderĂ , sempre in quegli anni, ad eventi in bilico tra i diversi linguaggi della pittura, della fotografia, dellâhappening, del teatro e alle vere e proprie azioni fotografate. Di questâesperienza sono in mostra alcune rare fotografie originali realizzate nello studio di Genova. Nel 1970 crea La difesa (Biliardino), unâopera scultorea e installativa che fu esposta nella storica mostra VitalitĂ del negativo curata da Achille Bonito Oliva al Palazzo delle Esposizioni. Lâopera è stata poi successivamente riambientata nellâantologica Relazione al Museo Laboratorio dâArte Contemporanea di Roma nel 1996. Viene oggi riproposta in mostra nella configurazione originale. Lâinteresse per la sagoma umana registrata attraverso il pretesto del gioco del calcio si ritroverĂ piĂš volte in Mambor e si caratterizzerĂ nel 1979 con lâinstallazione-evento Allevamenti di campi da football realizzata a Roma in via Sabotino. Nel 1983 rappresenta al Metateatro di Roma Gli Osservatori, indagine che poi confluirĂ , alla fine degli anni â80, quando ritorna alla pittura, nel ciclo dellâOsservatore e le coltivazioni, presentato nel 1991 alla Fondazione Mudima a Milano e nel 1993 al Palazzo delle Esposizioni di Roma, anno della sua partecipazione alla Biennale di Venezia. Mambor prosegue in questa serie nel suo sistema di evidenziamento linguistico, analizzando la specificitĂ del fare e del vedere, del creare e del contemplare. In mostra è esposta lâopera Gli orditi della terra, giĂ presentata al 54° Premio Michetti. La mostra prosegue con opere della piĂš recente produzione dellâartista tra le quali: Mediatore azzurro, nella quale converge lâesperienza dei Rulli, Uomo geografico, Agente, Testimone oculare, Uomo-torre, dove torna preponderante la presenza problematica e linguisticamente affrontata dellâUomo. La mostra comprende inoltre due opere della serie Potatore, appositamente realizzate, dove lâesperienza visiva e cognitiva viene riformalizzata in termini pittorici, congiungendo realtĂ e rappresentazione, e si conclude con altri due lavori ideati per la galleria: lâopera a parete Renato dâEgitto, che si anima mediante i movimenti dello spettatore, e la grande scultura Il praticante e la lingua della Terra, opera che sottolinea la scelta metodologica dellâartista, interessato allâanalisi dei meccanismi che determinano emozioni e azioni umane e che regolano la realtĂ . Galleria dâarte MASCHERINO Via del Mascherino 24, 00193 ROMA Tel.-fax 06/68803820 â 338/2699414 E-mail: mascherino@iol.it Mostra: Renato Mambor â Progetto per unâAntologica II (dallâUomo statistico a Renato dâEgitto) Inaugurazione: sabato 7 febbraio 2004 alle ore 18.30 a cura di Barbara Martusciello Orario di apertura: dalle 16.30 alle 19.30 (escluso lunedĂŹ e festivi) Fino al 10 aprile 2004 |