12 aprile 2007

Romano Bertuzzi a Palazzo Ducale di Sabbioneta

 

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[12|04|2007] |||arte contemporaneacollettiva

Romano Bertuzzi a Palazzo Ducale di Sabbioneta
 

LA SPIRITUALITA’ DEL FARE NELL’ARTE E NELLA NATURA

inaugurazione sabato 12 maggio 2007 | ore 17.30 | palazzo ducale | sabbioneta

La storia artistica di Romano Bertuzzi, piacentino, ha una sua atipicità che va rimarcata perché il suo lavoro attuale va compreso all’interno di una poetica estremamente rigorosa e particolare. Bertuzzi ha fatto negli anni ‘90 la scelta di dedicarsi ad una forma di ragionata opposizione alla civiltà tecnologica e dei consumi. La sua preoccupazione consisteva nel tentativo di preservare alcune coordinate speciali della sua condizione antropologica e in primo luogo il sapere materno. Questo consiste non soltanto nel rapporto personale e diretto con la prole, un dato in sé del tutto biologico, ma soprattutto in una trasmissione di conoscenze che sono il vero legame antropocentrico con la Terra, con la Natura. L’origine contadina quindi viene vissuta dall’artista come un valore da conservare e diffondere, anche in opposizione invece ad una società che livella gli stili di vita, i comportamenti e anche le abitudini in campo alimentare. L’arte per Bertuzzi, e per gli artisti che hanno fatto una scelta analoga, è stato un momento importante non di ricerca del nuovo a tutti i costi, ma un recinto in cui coltivare i frutti della tradizione, i saperi di una cultura contadina tra Emilia e Lombardia, che hanno continuano ad avere un senso, nonostante i tentativi di metterli da parte.
L’arte contemporanea vive anche di questi momenti in cui essere conservatori vuol dire proporre nuove modalità di comportamento. Bertuzzi ha fatto realizzare vere e proprie performance anche alla madre, facendola cucinare o fare il pane, cioè compiendo atti che ripristinano un legame tra l’uomo e i suoi alimenti. Tracce di un poieo in cui il fare si sposa al sapere. Inoltre l’artista ha “recitato” anche in prima persona il ruolo di un uomo della pietra, di un rude e semplice abitante delle pianure primordiali. La sua provocazione portata in tutta Europa, aveva un senso preciso nel proporsi come diverso, come colui che non vuole scindere i legami con la terra e la sua tradizione. Madre e Terra sono le parole chiave della sua poetica e muse ispiratrici del suo lavoro.
Invece il lavoro attuale è un ritorno all’opera, apparentemente ad una formula compiuta e più consona alla pratica quotidiana dell’arte. Ma anche in questa svolta a cui si dedica negli ultimi anni, Bertuzzi ha saputo conservare la freschezza e l’originalità del suo lavoro performativo. Infatti l’artista piacentino è passato ad una meticolosa tecnica del disegno in cui rappresenta fondamentalmente o alberi o di mucchi di sassi. Due caratteristiche del territorio del Po e della fascia di pianura limitrofa, ma anche due esempi di caratteristiche dello sguardo comune sul mondo. Quindi il suo spostamento verso il paesaggio e verso il disegno sono sempre insite all’interno della poetica iniziale, ma con un passaggio verso lè’icona, verso alcune immagini simboliche. L’estrema capacità tecnica, in cui Bertuzzi eccelle come pochissimi in Italia, e che richiama gli erbari rinascimentali per l’acutezza del dettaglio, fa di questi lavori un unicum che va compreso e non solo ammirato. Quello che dobbiamo tenere presente per comprendere questi disegni di una natura ipostatizzata, è che l’artista in questo modo recupera con intelligenza, un altro dato antropologico fondamentale: il tempo. Le ore e i giorni di lavoro che impiega per realizzare queste composizioni chiare e metafisiche, diventano una componente dell’opera. Il tempo è proprio ciò che maggiormente si è modificato nel passaggio tra un’economia contadina a una metropolitana. Il tempo è ciò che manca sempre ad una cultura basata sulla velocità e sugli affari. Invece Bertuzzi lo adopera e lo dissipa in modo cosciente e progettuale: il suo è un vero e proprio dono, antropologicamente parlando, perché non viene adoperato per trasformarsi immediatamente in denaro. Il tempo della cultura non è equivalente a quello del mercante. Se dovessero essere valutati in ore di lavoro, queste opere costerebbero cifre impensabili.
Questa dimensione concettuale fa sì che questa mostra abbia le caratteristiche di un modo molto contemporaneo da parte di un artista di comunicare un lavoro in cui la dimensione mentale e quella manuale trovano una sintesi perfetta. E il fatto stesso che l’artista abbia saputo nella sua storia personale e artistica affrontare forme di espressività diverse, con ottimi risultati ovunque si sia messo alla prova, dà una connotazione di scoperta nei confronti di un artista originale. Inoltre questi disegni hanno una loro spettacolarità che salta agli occhi di tutti. Nel rigore di un bianco e nero che ha morbidezze inattese, Bertuzzi mostra il suo mondo duro e compatto, ma aperto al mondo e agli altri. La sua storia è tutta qui, in questa semplicità riconquistata e duramente difesa.
Per la città di Sabbioneta, l’artista affascinato dalla celebre Cavalcata cinquecentesca dei Gonzaga conservata presso il Palazzo Ducale –ha realizzato il ritratto a carboncino dei cavalieri rimasti (nove su dieci) interpretando il decimo cavaliere –andato perduto- con il suo autoritratto.
L’evento sarà supportato da un elegante catalogo con testo critico del prof. Giorgio Celli, che sarà presente all’inaugurazione.


Romano Bertuzzi: La spiritualità del fare nell’arte e nella natura
dal 13 maggio al 3 giugno 2007
Sabbioneta Palazzo Ducale
Piazza Ducale, 2
Tel. (0375) 52599 – Fax (0375) 220000

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