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[12|12|2008] |||arte contemporanea/collettiva Una mostra al Pan di Napoli per definire il concetto di pubblico | |
| MY SPACE. COSA VUOL DIRE PUBBLICO? dal 13 dicembre 2008 | a cura di laura barreca e julia draganovic | pan, palazzo delle arti | napoli Nell’accezione più comune l’arte pubblica si riferisce ad interventi di natura urbana che presentano opere in spazi pubblici, aperti alla fruizione collettiva. In molti casi, però, tali interventi non instaurando col territorio una vera e propria relazione, provocano attorno all’opera ciò che il critico americano Clement Greenberg definisce “isolamento estetico”. Gli artisti di My Space. Cosa vuol dire ‘pubblico’? offrono spunti per una riflessione sfaccettata sulla dicotomia fra “privato” e “pubblico”: dagli elementi fisici, come lo spazio inteso nella sua accezione di nido familiare, piazza aperta o sistema urbanistico, la gamma tematica si estende al comportamento individuale (dall’introverso quasi “invisibile” al performer che si offre al pubblico in modo estremo e senza filtri, fino alla possibilità di diventare una “star”, anche ma non solo tramite i diversi media) fino ai ruoli differenti attributi a uomini e donne. Più che dare risposte gli artisti, stimolano dibattiti immaginari di tipo sociologico e urbanistico, ispirano ricerche architettoniche e più in generale estetiche, sollecitando una riflessione su opportunità e limiti legati al genere. La relazione tra l’opera d’arte e la sua pubblica diffusione trova testimonianza nella storica raccolta di video Identifications, 1970, di Gerry Schum, che per la prima volta trasmette azioni di Land Art nel palinsesto televisivo della TV tedesca, ispirando più di trent’anni dopo l’esperimento artistico di Kuba Bakowski, che, grazie alle sue incursioni in TV Zero Zones, 2004, riesce addirittura ad impossessarsi dello spazio televisivo, capovolgendo il ruolo statico dello spettatore portandolo ad interagire direttamente con il dispositivo tecnologico. Nel suo Beautiful World, 2006, Mieke Gerritzen, racconta le mutazioni del mondo globalizzato in cui scritte e immagini assumono valori universali che vanno oltre la semiologia classica, mentre Vedovamazzei nell’opera Communist Dictators, 2007, espongono 18 disegni di dittatori comunisti dal sorriso smagliante, e il disfacimento della loro stessa immagine, svelando la realtà nascosta dietro quel sorriso. La grande struttura architettonica di Sopra, 2008, realizzata specificamente al PAN dall’artista tedesco Michael Beutler, ricrea uno spazio utopico, aereo e inconsueto, adattandosi agli ambienti del museo e utilizzando un semplice materiale edile. Nella Zone C, 2008, Niklas Goldbach racconta la sommessa e stridente contraddizione delle periferie cittadine, richiamate, seppur in maniera teatrale e decisamente meno malinconica, dal progetto-scultura di Kaarina Kaikkonen, un gioco di linee e colori dal sapore vagamente partenopeo, che suggerisce un’inattesa illusione di profondità tipica delle “architetture” rinascimentali. I pensieri di Sissi si “librano” in The Feeling of The Room Is Still Warm From A Fight The Night Before (Voliare II) , una fitta trama di fili d’acciaio che mette in contrapposizione la levità del volo e l’impossibilità a spiccarlo, l’inconsistenza di un ordito e il peso della materia di cui si compone. My Space. Cosa vuol dire ‘pubblico’? Con Vito Acconci, Fikret Atay, Kuba Bakowski, Michael Beutler, Mieke Gerritzen, Kate Gilmore, Niklas Goldbach, Kaarina Kaikkonen, Lorenza Lucchi Basili, Sabrina Mezzaqui, Cesare Pietroiusti, Melita Rotondo, Gerry Schum, Sissi, Giuseppe Stampone, Janaina Tschäpe, Nico Vascellari, Vedovamazzei Dal 13 dicembre 2008 al 20 aprile 2009 Orari: feriali: 9.30 > 19.30 | festivi: 9.30 > 14.00 chiuso il martedì PAN | Palazzo delle Arti Napoli Palazzo Roccella , Via dei Mille, 60 – 80121 Napoli info@palazzoartinapoli.net www.palazzoartinapoli.net Ufficio stampa: Adelaide Auriemma +39-081-795 863 052 foto: Kate Gilmore, With Open Arms, 2005, video, 5’39”, courtesy dell’artista e francosoffiantino artecontemporanea, Torino
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