Gli Angeli sono messi o messaggeri presenti in molte religioni e in quella cristiana portano annunci e sono custodi dei battezzati. Ma, che si tratti di religione greca, mesopotamica o di Zoroastrismo, le ali sono spesso un loro attributo, anche se peculiare del modo in cui un angelo viene rappresentato. Del resto, in molte religioni, le ali sono riservate agli esseri spirituali e alle divinità, anche se si tratta di puro simbolismo perché gli angeli non dovrebbero aver corpo. Ma non proviamo a spiegare perché tra i ruminanti il cammello è l’unico senza corna – questione filosofica per Aristotele – e andiamo avanti, fino al medioevo e al primo rinascimento, quando le ali degli angeli erano sempre coloratissime e variopinte, come quelle degli angeli accanto al trono della Maestà di Giotto. Di una bellezza inaspettata e sconvolgente sono anche quelle dell’Arcangelo Gabriele che si annuncia alla Madonna di Simone Martini nel 1333: ali colorate, decorate e verticali, che sembrano quelle di un pavone. Le ali variopinte raggiungono anche il Beato Angelico, ovviamente, che nelle varie annunciazioni degli anni 20 e 40 del Quattrocento le immortala nelle celle dei suoi confratelli nel convento di San Marco, a Firenze. Ce n’è una, ad esempio, dove l’Arcangelo Gabriele appare a noi e alla Vergine con le sue ali multicolore gialle, rosse, bianche, arancio, azzurre, bordeaux e blu, sotto un arco a tutto sesto, tra due colonne in stile corinzio.
In quegli anni s’impone però anche un’altra tradizione, che diviene poi molto popolare, e le ali perdono gamme di colore e rimangono a tinta uniforme, come quelle dei due angeli nella Madonna del Parto di Piero della Francesca che reggono il tendone, con i colori degli abiti e delle ali che risultano alternati. Nel secondo Rinascimento imperversa nell’arte occidentale una più attenta osservazione del mondo naturale e con ali di volatile in fase d’atterraggio s’è immaginato dunque l’angelo Leonardo, che per realizzarlo aveva ben studiato il volo degli uccelli e le loro piume differenti. Ali simili di poco successive le intravediamo nell’angelo del Compianto di Antonello, che si è inventato un angelo a sostegno del Cristo, con ali colorate solo sul bordo. Come scolpite nella pietra sembrano invece le ali dell’angelo annunciante di Orazio Gentileschi, che vede la Madonnna e indica verso l’alto.
Le sue ali non sono colorate ma bianche, anche se meno candide del giglio simbolo di verginità e purezza, e del lenzuolo sfatto, come in uso nello stile fiammingo. Lunghe, appuntite e di diverso colore sono le ali degli angeli che visitano Maria nell’Annunciazione Martelli, per mano di Filippo Lippi. E grazie all’angelo in primo piano che ci volta la schiena intuiamo come si attaccano le ali alla corporatura, risolvendo un’enigma di lunga durata. Meno presenti e rigide sono le ali dell’angelo nell’Annunciazione del Pontormo, forse perché sono spiegate e l’angelo è ancora svolazzante.
Risultano bianche, arancio, grigio-verde e vinaccia, ma sono corte e aperte, e stanno bene con la veste cangiante. Voliamo poi a Recanati per vedere le ali più strane: verdi che sembran foglie, concave come le orecchie di un gatto, che in secondo piano tra l’altro scappa, le ha partorite la fantasia di Lorenzo Lotto.
E non ci solo le annunciazioni ma tanti altri casi, e la storia dell’arte è ricca di raffigurazioni di angeli adoranti, ribelli, cherubini e serafini, dei quali a volte sono visibili solo ali e visi.
Domina comunque il bianco, che per le ali resiste fino al settecento e oltre e che verrà scelto anche dal Tiepolo per affrescare i suoi soffitti, ricchi di nuvole e personaggi barocchi. E con le ali spiegate finalmente, vol(t)iamo pagina e ci posiamo su questioni diverse, meno alte, sicuramente.
Nicola Mafessoni è gallerista (Loom Gallery, Milano) e amante di libri (ben scritti). Convinto che l’arte sia sempre concettuale, tira le fila del suo studiare. E scrive per ricordarle.
IG: dallapartedel_drago
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