Il fil rouge attorno al quale si snoda l’esposizione è il paesaggio anche perché è qui che si concentra tutta la sintesi creativa di Ardengo Soffici (1879-1964) il quale non si rivela come un pittore “paesaggista” nel senso più ampio (e superficiale) del termine ma sceglie tale soggetto come “progetto di pittura”.
La prima opera in mostra risale al 1903 ed è una piccola tela nella quale è ancora evidente un’adesione ai modi della “macchia” filtrata dall’Impressionismo che Soffici aveva conosciuto negli anni parigini e raffigura una veduta di Nervi in Liguria.
Successivamente, l’artista si sofferma in particolare sulle colline dei dintorni di Poggio a Caiano, luogo dove vive il suo quotidiano, e sul mare di Forte dei Marmi, dove era solito trascorrere con la famiglia i periodi estivi, in anni in cui la Versilia era frequentata anche dall’amico Carlo Carrà, da Mino Maccari, da Giovanni Papini e da Roberto Longhi.
Dopo alcune prove (1908-1912) dove è ben percepibile la lezione di Cézanne, fa la sua comparsa l’eco del Futurismo che a Firenze, intorno al caffè delle Giubbe rosse, aveva uno dei suoi crogiuoli.
Soffici frequenta e vive da vicino questo ambito culturale e vi partecipa attivamente anche dal punto di vista letterario. L’artista, infatti, oltre che pittore è anche scrittore, saggista e giornalista e questi suoi variegati interessi diventano un tutt’uno con la pittura. Un amalgama inscindibile che caratterizza tutta la sua produzione: da un lato gli amici pittori e dall’altro personalità della letteratura come Barna Occhini, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini e tanti altri tra i protagonisti delle riviste letterarie fiorentine.
Dagli anni Venti lo stile di Soffici si modifica ulteriormente acquisendo una personalità più autonoma e definita.
Il colore ha un ruolo determinate e rende l’atmosfera pregnante ma nei paesaggi marini anche il vento, la brezza, diventa protagonista essenziale del paesaggio, un valore aggiunto, quasi una materializzazione sulla tela.
La linearità scarnificata di certe architetture e alcune scansioni dello spazio fanno pensare alle forme cezanniane e al Cubismo che Soffici recupera attraverso la geometria tipica del Quattrocento toscano.
L’artista imprime sulla tela il variare del paesaggio intorno a lui e ne percepisce le mutazioni date dalla sua antropizzazione: è nel 1958, in un’intervista ad Alberto Cavallari che ne sottolineò con rammarico questa trasformazione che non condivideva a pieno, oggi la mostra si può considerare una “mostra di memoria” poiché niente di quello che l’artista ha dipinto è più in quel modo.
Soffici per circa sessant’anni si è soffermato sul paesaggio e lo ha riproposto come travolto da un vortice con insistenza pur rinnovandosi in continuazione e non ha rifatto mai la stessa cosa. Credo stia proprio qui la grandezza di Soffici: egli stesso fa parte del paesaggio e la sua etica si incontra con l’estetica del paesaggio.
Enrica Ravenni
mostra visitata il 24 aprile 2014
Dal 26 aprile al 27 luglio 2014
Ardengo Soffici – Giornate di paesaggio
50 opere a cinquant’anni della scomparsa e 15 opere di pittori italiani
Museo Ardengo Soffici e del ’900 italiano
Scuderie Medicee, via Lorenzo il Magnifico 9
Poggio a Caiano (Po)
Orari: da mercoledì alla domenica ore 10.00 – 13.00; 14.30 – 19.00