Tributo in mostra per Vasco Bendini (Bologna, 1922), personaggio cardine del nostro panorama artistico che, attraverso varie fasi evolutive, ha sempre trovato una propria cifra distintiva. Ora, fresco novantunenne, è celebrato dal Macro tramite una piccola ma preziosa retrospettiva, orientata all’analisi (pur con i limiti imposti dal biennio) delle bendiniane pulsioni avanguardiste di metà anni Sessanta, quelle che sotto certi aspetti polemizzano con la pittura informale – al tempo bisognosa di un momentaneo stand by – e con un “sistema arte” troppo ingabbiante. Pertanto qui di digradazioni seducenti o velleità estetizzanti non c’è traccia; al loro posto tanto coinvolgimento spaziale-sensoriale, concentrato in cinque lavori utili ad esplicare il versante meno conosciuto dell’opera di Bendini, oggi nota soprattutto per la sua parte pittorica.
Lo spazio della Project Room 2 pullula di materia concettuale e processuale, da osservare e, quando occorre, testare in prima persona: non si può perdere l’occasione di entrare in quel grande scatolotto che è Cabina solare, pervasa (quasi alla nausea) dai forti odori di cera e resina posizionate negli angoli. Premendo l’apposito pulsante s’innesca l’accensione in successione delle lampadine, aumenta la luminosità e proporzionalmente sale la temperatura all’interno; una volta spente tutte le luci si esce consci di aver provato un’esperienza ad alto tenore claustrofobico, ma sensorialmente entusiasmante.
Tra le opere presenti, Cabina solare è quella con cui Bendini sperimenta il più ferreo distacco da ogni accenno materialmente pittorico. Ciò va rimarcato, perché abbandonare la pittura per l’artista non implica la necessità di fare lo stesso con gli strumenti che la governano, i quali continuano a ricorrere nella sua produzione, sfruttati però secondo nuove esigenze e concezioni. Se quindi tele e telai (ma in altre opere – non presenti in mostra – anche pennelli, spatole, ecc.) hanno ormai perso in gran parte la funzione di mezzo artistico per divenire quasi dei feticci, anche la mano “creatrice e comunicatrice” può sensatamente rientrare in due opere affini sul piano concettuale: La mano di Vasco e Quadro per Momi (la mano).
La prima forse più impattante della seconda, vuoi per le generose dimensioni o per quei fogli di cellophane aranciato che aggiungono una nota cromatica ai costanti toni bruno-neutri; ma vuoi anche per la posizione scenografica – sul fondo della sala – che in questa circostanza gioca senza dubbio il suo ruolo. Simbolico-imperative risultano le grandi mani in gommapiuma, particolarmente interessanti se osservate da vicino, nelle curve rese imperfette da tagli non precisissimi e che donano un piacevole senso di grossolanità materica.
Votato al minimalismo infine il gioco tra equilibri e dimensioni de La scatola U, posizionata dirimpetto a Come è, l’altra faccia del performativo, composizione ancora pittoricamente “vissuta” in quel telaio/divisorio ricco di macchie cromatiche e nella tela divelta di cui non rimangono che pochi brandelli, peraltro ispessiti da vernici stratificate.
Andrea Rossetti
Mostra visitata l’1 marzo
dal 28 febbraio al 5 maggio 2013
Vasco Bendini, 1966 – 1967
a cura di Gabriele Simongini
Macro – Museo d’Arte Contemporanea Roma
Via Nizza 138 – (00198) Roma
Orari: da martedì a domenica, ore 11 – 19; sabato, ore 11 – 22
Ingresso: intero € 12, ridotto € 10; residenti, intero € 11, ridotto € 9