L’antologica curata da Daniel Abadie, direttore del Jeu de Paume di Parigi, e Dominique Stella, presenta un vasto panorama di opere che consentono di ripercorrere l’intera produzione del maestro toscano dai primi lavori del 1913 fino a quelli della fine degli anni ‘50. Le opere esposte, 90 oli più una serie cospicua di grafiche, provengono dalla donation Magnelli di Parigi, e da collezioni private italiane, svizzere e francesi. Il nucleo dell’esposizione (70 oli realizzati in Italia tra il 1913 e il 1935) è presentato alla galleria del Credito di Milano, mentre nello spazio di Sondrio sono esposti una ventina di oli relativi al periodo parigino dal 1936 al 1969 e l’intera opera grafica (100 fogli dal 1934 al 1971).
A differenza dell’antologica recentemente presentata a Villa dei Cedri di Bellinzona, volta a illustrare la produzione “internazionale” del maestro, la mostra si concentra sul periodo italiano di Magnelli, analizzando le varie fasi della sua maturazione artistica, a partire dall’adesione al gruppo dei futuristi fiorentini nel 1913, per passare poi con grande coerenza formale al geometrismo e all’astrattismo lirico.
Magnelli, accomunabile a Matisse per l’uso del colore, già nel ‘14, si reca a Parigi, dove frequenta Apolllinaire, Picaso, Léger, e Archipenko, anche se non compare nelle mostre futuriste del tempo. Pur stabilendosi definitivamente nella capitale francese solo nel 1934, e senza peraltro legarsi al movimento «Abstraction-Création», sarà lui l’unico pittore italiano indipendente ad esporre con continuità assieme ai gruppi delle avanguardie.
Drammatica la svolta negli anni ‘30 quando, costretto all’esilio, rinuncia a quelle figurazioni che avevano avuto il loro apice dinamico e cromatico, quasi matissiano, nella serie delle Astrazioni liriche degli anni ’14-’15.
Ma anche qui è impossibile imprigionare l’arte di Magnelli in comode classificazioni: un invito, quindi, a ripercorrere la strada personale ma non solitaria di un artista in tensione sempre dialettica con il proprio tempo.
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