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04
maggio 2014
Impara l’arte e mettila nel cuore. E in azienda
Senza categoria
Hanno iniziato un po’ per caso e molto per passione. Ma dopo un po’ di anni i fratelli Lucchetta di Falzè del Piave sono diventati collezionisti veri e propri. Tanto da mettere in piedi una raccolta con cui fanno mostre. È il caso di quella che si è appena inaugurata a Vittorio veneto. Dedicata all’Arte Optical e Programmata. Vi raccontiamo una bella storia italiana
A Palazzo Todesco di Vittorio Veneto, ieri si è inaugurata la mostra “Percezione creativa a Nordest, collezionare arte optical e programmata” a cura di Giovanni Granzotto e Dino Marangon. Ideata da Duilio Dal Fabbro, la mostra è una dimostrazione di lungimiranza dei Fratelli Lucchetta, prima piccoli artigiani di un paese in provincia di Treviso (Falzè di Piave), poi giovani imprenditori e infine attenti collezionisti e convinti sostenitori dell’arte Optical e Programmata. La “case history” di Euromobil fondata nel 1972, di proprietà di Antonio, Fiorenzo e Giancarlo Lucchetta, diventa presto una delle realtà industriali più importanti d’Italia e non solo. Il Gruppo Euromobil, che si articola in Zalf mobili, Euromobil Cucine e Désirée, dimostra ben presto di saper essere un passo avanti, per scelte, per gusto e per definizione. Dalla seconda metà degli anni Ottanta modificano il concetto di mobilificio rendendo la loro azienda un vero e proprio centro di progettazione e di consulenza per l’arredamento. L’ottimizzazione del prodotto industriale d’arredamento gioca il ruolo di svolta, in quanto, durante la crisi, riescono a sviare i problemi economici italiani riuscendo a offrire il cosiddetto giusto rapporto qualità prezzo. Il gusto, la sensibilità verso il design, verso un senso più ampio di arte, e la sicurezza economica, ha reso possibile l’inizio di un viaggio verso un collezionismo credibile.
Più di cinquant’anni fa, Gaspare e Antonio Lucchetta andarono nello studio di un pittore della zona, Donadel, per portargli delle tavole da utilizzare come supporto, al posto delle tele che allora costavano troppo. E in quel momento scattò la fiamma. Nasce nei fratelli la curiosità verso l’arte e iniziano a collezionare, ancora giovanissimi. Pochi anni dopo coinvolgono anche Fiorenzo e Giancarlo, i fratelli minori. Perché la semplice curiosità si trasforma in vero collezionismo? A questa domanda i fratelli rispondono che nel loro interesse c’era solo «acquistare per piacere». Nessuna spinta esterna, nessun consigliere e soprattutto nessun bisogno né di apparire né di emulare nessuno. Priorità? La loro piccola realtà industriale di famiglia.
È evidente che nel loro DNA c’è fiuto per gli affari e per il buon gusto, quale miglior piacere di far acquisti per passione che diventano investimento sicuro? Si ricorda inoltre l’origine della famiglia: semplice e senza le possibilità né economiche né di tempo per coltivare passioni alternative al lavoro e alla famiglia stessa. Quasi una favola del passato.
I fratelli Lucchetta hanno iniziato per una e propria bizzarria, e la figura dell’imprenditore come tale era ancora a loro sconosciuta. Troppo giovani per riconoscersi e definirsi imprenditori, tantomeno collezionisti.
Amavano la conoscenza diretta degli artisti, tipico delle persone di cultura e curiose, e dal 1982 iniziano a supportare mostre ed esposizioni. Piccoli passi locali, poi regionali, poi nazionali, fino a raggiungere due mete di fama mondiale: il Louvre di Parigi e l’Hermitage di Sanpietroburgo. Il 1992 è la data che lega i fratelli Lucchetta al sistema dell’arte e che, tra altre iniziative li porta, anni dopo, a diventare sponsor di Arte Fiera di Bologna. Da questo momento, la decisione di realizzare prodotti industriali intimamente ispirati al design artistico, diventa prassi quotidiana. Professione e passione ora sono indissolubilmente legati. Importanti i rapporti con critici come, tra gli altri, Luciano Caramel, Giovanni Granzotto, Marco Goldin, o Dino Marangon e Michele Beraldo, amici oltre che professionisti, ma i Lucchetta sottolineano «poi, però, preferiamo rischiare ascoltando le voci dentro».
La mostra “Percezione creativa a Nordest, collezionare arte optical e programmata” propone grandi nomi: da Vasarely, che insieme a Bridget Riley è stato fondatore del movimento artistico dell’Op Art, a Munari e Morellet, che ne confermano l’importanza nella storia. Ancora: Demarco, Garcia Rossi, Le Parc, Sobrino, Stein, Yvaral e Biasi, Chiggio, Costa, Landi e Massironi, Alviani, Finzi, Ormenese, ma non finiscono qui. La mostra presenta altri artisti e si sviluppa attraverso un percorso di ben 80 opere. I capolavori sono stati acquistati dalla fine degli anni Novanta e, osservandoli insieme e consecutivamente, non ci si può che complimentare con i fratelli Lucchetta. Che, attraverso un collezionismo accorto, hanno saputo acquistare un pezzo di storia, non solo un’opera d’arte. I Lucchetta hanno tra le mani una collezione distinta e, in quanto tale, possono permettersi il lusso di progettare una vera e propria mostra dedicata alla loro raccolta, cosa che non tutti i collezionisti possono fare. Nel caso dei fratelli Lucchetta le idee sono sempre state chiare e il risultato lo dimostra. Inoltre, questi capolavori hanno ancora oggi hanno il sapore di contemporaneo, perché spesso la base, i riferimenti e le riflessioni, per installazioni così di tendenza, provengono da quel periodo tanto amato e odiato che ha regalato illusioni ottiche e movimento colorato.
I Lucchetta hanno collezionato arte contemporanea, del loro e del nostro tempo, affermando che «l’arte è della vita che conosciamo e pratichiamo». L’arte inventata, quella contrabbandata per tale non fa per loro… «è solo una bolla speculativa, un trend, una moda», sottolineano confermando che «se un movimento ci interessa, e lo riteniamo solido, anche se non è ancora apprezzato dal mercato, noi lo seguiamo. Poi il tempo e le persone di valore probabilmente faranno le loro scelte».
“La percezione creativa a Nordest” vede nella provincia trevigiana la sua linfa migliore e ritrova le sue origini a Palazzo Todesco dove, nella magnifica architettura del VX secolo, mette a disposizione un ritaglio della storia dell’arte degli anni Sessanta a comprova di un collezionismo ben riuscito. Si conferma l’importanza della mostra con un catalogo (De Bastiani Editore) con apparati critici curati da Giovanni Granzotto, DinoMarangon, Lorena Gava, Alberto Pasini e Michele Beraldo.