15 dicembre 2020

Imprese creative, oggi. Intervista a Carlo Moroni, FPT Industrial

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Come è cambiato il modo di supportare cultura dopo la pandemia, per le aziende italiane? Lo abbiamo chiesto a Carlo Moroni, di FPT Industrial, che ricomincia sostenendo Torino, Artissima, e i giovani artisti

Carlo Moroni - Head of Communication FPT Industrial_ph Marco Antinori

Lo scorso anno ci eravamo lasciati a Torino, in occasione dell’accensione-spegnimento di M I R A C O L A di Roberto Cuoghi in piazza San Carlo con Carlo Moroni, Head of Communication di FPT Industrial, che ci raccontava di un progetto per il 2020 con la “grande ambizione di trasformare l’Arte in senso allargato in un patrimonio condiviso a livello aziendale”. Il 2020 che ben tutti conosciamo sta volgendo al termine, e così abbiamo deciso di riprendere le fila del discorso, parlando a un anno di distanza di nuovi progetti e idee che non si sono fatte sparigliare dalla pandemia.

Il 2020 ha stravolto economie e società e, ovviamente, anche rispetto ai sostegni alla cultura, molte cose sono cambiate. Come sta ragionando FPT a riguardo?
La situazione attuale sta imponendo a tutti noi – in ogni ambito e ad ogni scala – di rileggere e adeguare dinamiche che, solo fino a poco tempo fa, erano consolidate e inimmaginabili da modificare. Anche nel nostro percorso legato all’arte abbiamo voluto re-immaginarci, ma rimanendo fedeli alle linee guida della nostra visione.
Torino è la nostra città e ci sembrava doveroso – ancora di più in un anno come questo – consolidare il dialogo con Artissima, così con Ilaria Bonacossa abbiamo pensato che fosse arrivato il momento giusto per dare il via al Premio FPT for Sustainable Art, un’idea su cui da tempo stavamo ragionando insieme, e che ci ha permesso di mantenere solido e concreto l’impegno avviato. La volontà è quella di riuscire a creare dei vasi comunicanti tra i valori e gli obiettivi di sostenibilità della nostra azienda e l’arte in senso allargato, facilitando il dialogo tra queste due realtà e rendendo più comprensibili alcuni aspetti del nostro impegno che troppo spesso rimangono di esclusivo dominio per “addetti ai lavori”.

MARE – Renato Leotta, installation view. ph: Marco Antinori

Nonostante tutto avete lanciato la prima edizione – con Artissima – del premio FPT for Sustainaible Art, riconoscimento nato con la volontà di selezionare l’artista la cui ricerca e opere siano frutto di una filiera concettuale e di produzione virtuosa sostenibile, premiando Renato Leotta e il suo lavoro MARE, presente nella sede della GAM con la galleria Madragoa di Lisbona. Che cosa spinge un’azienda a continuare a supportare cultura in un momento storico difficile, in cui sembra che l’arte “non serva a nulla” per davvero?
FPT Industrial, per il suo DNA industriale, potrebbe sembrare molto lontana dal mondo dell’arte. In realtà ne cogliamo in modo immediato la potenza, e ancora di più l’opportunità: l’arte per noi rappresenta un territorio attraverso cui spiegare in maniera differente il nostro impegno in ambito di sostenibilità. Questo territorio ci permette inoltre di raggiungere persone con cui normalmente non dialoghiamo e cui siamo entusiasti di poter spiegare il ruolo che hanno i motori industriali nel percorso di transizione energetica ormai avviato dalla stragrande maggioranza delle aziende (non solo quelle legate alla mobilità intesa come vetture private, ma anche quelle che operano nella logisitca, inteso come trasporto di cose e persone, nei cantieri di costruzione nell’agricoltura, nella pesca).
Con l’opera Consider yourself as a guest (Cornucopia) di Christian Holstad abbiamo sostenuto l’urgenza di riflettere sull’invasione delle plastiche nei nostri mari, proprio perché, producendo anche motori marini, la salvaguardia del mare è per noi una priorità. Il premio invece riflette un’attitudine che coinvolge in senso più ampio i “processi”, e su come sia necessario interrogarsi su una sostenibilità rivolta, non solo al prodotto finale (che si tratti di un motore o di un’opera d’arte), ma che guardi alla complessità delle fasi e degli elementi coinvolti.

Perché investire nell’arte? Quali sono i vantaggi per un’azienda che in teoria è decisamente lontana da un mondo “umanistico” contemporaneo?
Siamo un’azienda multinazionale, abbiamo 8 mila dipendenti e produciamo più di 1 motore al minuto con 10 siti produttivi in tutto il mondo, per cui le nostre dimensioni e il nostro impatto sul mondo ci impongono un impegno, lavorando per superare costantemente i nostri principi guida, che sono “innovazione” e “sostenibilità”. L’arte rientra in una visione aziendale che, partendo dalla nostra identità, si traduce in sostegno concreto a progetti che sostengono l’ambiente e le comunità locali di tutto il mondo. Per fare degli esempi: abbiamo sostenuto nella nostra città, Torino, il progetto Urban Forestry per la nascita di una foresta urbana; in Africa siamo impegnati nell’iniziativa Yes, we Kenya, con cui abbiamo donato un sistema di irrigazione all’università di Nairobi e soprattutto realizzato un training dedicato per aiutare l’agricoltura sostenibile nel paese; e ancora, grazie alla partnership con il progetto A pesca di plastica, siamo attivi nella salvaguardia dei mari dall’inquinamento dei rifiuti. La scelta di investire nell’arte si inserisce quindi in questo percorso e il linguaggio del contemporaneo è per noi una nuova strada per veicolare un impegno già concretamente avviato.

Quale posizione volete assumere in questo settore? Quella di “sponsorizzanti” (nel senso di contribuire allo sviluppo di un progetto) o mecenati (nel senso dello sviluppo di un sistema)?
Tutti i progetti che ci hanno visto coinvolti, nel ruolo di mecenati (l’installazione di Christian Holstad) e di “sponsorizzanti” (Padiglione Italia alla Biennale Arte di Venezia, la rassegna Leonardo da Vinci. L’uomo è modello del mondo alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, l’installazione M I R A C O L A di Roberto Cuoghi per Luci d’Artista a Torino nel 2019), hanno una stretta correlazione con la nostra visione e sicuramente è questo a guidarci. L’idea è quella di consolidare il nostro ruolo di mecenati, di volta in volta facendo ricadere la scelta su progetti e iniziative che meglio rappresentano il nostro impegno.

Quali sono i modelli a cui guardate per questa vostra nuova impresa nell’impresa?
Siamo ambiziosi e ci piace pensare al futuro come ad un susseguirsi di iniziative che possano creare un percorso solido attraverso una nuova filiera artistica. Filiera costruita con chi ci ha affiancato in questo cammino e che possa creare anche consapevolezza circa la sostenibilità del nostro operato industriale.

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