Il museo MADRE di Napoli continua la sua azione “performativa” accogliendo nuove opere nella collezione permanente. L’operazione, a cura di Alessandro Rabottini ed Eugenio Viola, con il supporto del dipartimento di ricerca del museo, presenta opere di artisti italiani ed internazionali che hanno occupato la scena partenopea dagli anni Sessanta del secolo scorso.
Impostata su accordi tematici più che cronologici, la raccolta propone nuove opere che contribuiscono a rafforzare uno degli argomenti cardine della ricerca, già avviata con la prima tranche della collezione: “Il ruolo del linguaggio come elemento fondamentale della riflessione artistica”.
A contribuire all’analisi delle pratiche artistiche contemporanee si aggiungono le opere concettuali di Vincenzo Agnetti, Rober Barry e Duglas Huebler, mentre l’opera di George Brecht reinterpreta uno dei linguaggi più tradizionali, restituendoci una scultura che sfiora i limiti dell’onirico e che l’artista realizza proprio a Napoli negli anni Settanta.
Nel percorso trasversale del riallestimento, il museo focalizza l’attenzione sul rapporto tra arte e sfera sociale. Così, al secondo piano di Palazzo Donnaregina, compaiono le edizioni originali di La rivoluzione siamo noi di Joseph Beuys, i cappelli-bullone di Piero Gilardi, l’installazione site specific di Giulia Piscitelli, Slave, acquisita dopo la recente personale dell’artista al museo e il video della performance di Eulalia Valdossera. Intensa la documentazione sulla performing art che testimonia come arte, teatro e performance costituiscano un‘inscindibile triade a cui il museo dedica un’intera sezione ed un’approfondita ricerca; questa occasione ha permesso inoltre di aggiungere opere ed interventi di Spazio libero, Zoo, Gianni Pisani e la performance di Jeremy Deller, I love melancholy cortocircuito istantaneo che interrompe la visita e destabilizza il pubblico.
Si viene poi avvolti dalla poesia dei lavori di Maria Lai e di Emilio Isgrò che pervadono le sale adiacenti: i gesti semplici e delicati ma allo stesso tempo carichi di tensione emotiva e di forte incisività dei due artisti si combinano con le opere di altri pilastri dell’arte contemporanea, come Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto e Gilberto Zorio, che fanno dei quattro principi fondamentali della natura (fuoco, acqua, aria, terra) gli elementi minimi della loro sintassi.
Il “museo-laboratorio” pensato da Viliani è un luogo in cui vige l’atemporalità, in cui presente e passato sono in continua osmosi, un luogo dove è possibile l’approfondimento, il confronto e la “(ri)discussione” della storia dell’avanguardia culturale a Napoli. Per sottolinearne inoltre la natura intergenerazionale, è stata allestita una sala dedicata ad Alighiero Boetti in dialogo con l’artista messicano Mario Garcia Torres, un estratto della mostra Mario Garcia Torres. La Lezione di Boetti, ospitata dal MADRE da giugno ad ottobre dello scorso anno.
La collezione in progress che abbraccia anche gli spazi esterni del museo, include infine l’installazione con balle di paglia di Gino Marotta, Giardino all’italiana, collocata nel cortile del palazzo, a due passi da Yard, l’installazione del padre dell’Happening, Allan Kaprow, già presente in collezione.
PER_FORMARE UNA COLLEZIONE#2 è una parte del più articolato progetto PER-FORMARE UN MUSEO, il piano di riattivazione culturale concepito dal direttore Andrea Viliani che, grazie ad una serie di attività, fa del MADRE un incubatore ed erogatore di energia. Dunque, il museo è vivo! E proprio come un organismo vivente cresce e si modifica nel tempo, nutrendosi dell’attività dinamica interna ed esterna al palazzo. Aprendosi all’ “altro” e modificando la geografia sociale del territorio su cui insiste.