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A Napoli i Re Borbone non ci sono più. Ma il teatro San Carlo e la Reggia-Museo di Capodimonte che hanno voluto costruire ci sono ancora. E i loro direttori, Rosanna Purchia e Sylvain Bellenger, si sono alleati per promuovere, insieme agli Amici di Capodimonte e gli American Friends of America, “Napoli, Napoli di lava, di porcellana e di musica”, il grandioso spettacolo della Napoli borbonica che si tiene nella Reggia- Museo di Capodimonte. Tanto originale che non ci sono parole adeguate per definirlo. “È una magia” dice Rosanna Purchia “pensata e realizzata da Sylvain”. “È la creazione di una mente colorata”, dice Errico Di Lorenzo, presidente degli Amici di Capodimonte. È una “reverie”, una fantasticheria a lungo immaginata, per captare e rendere il senso della vita di un’epoca, il sogno di un innamorato di Napoli, napoletano in fieri (una petizione popolare chiede la sua cittadinanza onoraria), che è anche una storia vera.
Un Settecento, quello napoletano, denso di energie vitali, delle idee geniali di scienziati, di poeti, di artisti. Quando si possono incontrare per le strade della città, e possono salutarsi l’un l’altro, Giambattista Vico, Ferdinando Sanfelice, il Principe di Sansevero e Sant’Alfonso. Li immaginiamo mentre giriamo nelle sale della mostra tra manichini vestiti con gli abiti dell’epoca (della sartoria del San Carlo). È il tempo delle scoperte di Ercolano, nel 1738, e di Pompei, dieci anni più tardi. E accorre a Napoli l’élite di tutta Europa. Mentre nasce il neoclassicismo nel continente e oltre. Anche a Napoli. Dove, però, è ammorbidito da una certa ellenistica grazia. Al neoclassicismo si ispirano le ceramiche di Capodimonte in mostra nella Sala dell’Eruzione, come quella de “Il carro del Sole”, che non è priva di una gentilezza rococò. È posata su nere pietre laviche che fanno da contrasto al suo candore. La fabbrica di porcellane di Capodimonte è fondata, nel 1743, da Carlo di Borbone, che ne decreta la fine quando deve partire da Napoli (1759), per diventare re di Spagna. Lascia a Napoli, quale suo erede, un bambino di nove anni, Ferdinando. Un ragazzo esuberante che ama giocare con i ragazzi di quel popolo che sempre ama, riamato. Sarà chiamato Re Lazzarone e sarà detto ignorante. Ma conosce varie lingue, sa tenere relazioni internazionali, organizzare fabbriche e avveniristiche società di lavoratori, imprese agricole. E riattiva la fabbrica di porcellane.
Durante il suo regno, Napoli è considerata “una città felice”, come la definisce anche J.W. Von Goethe, che la conosce nel suo viaggio in Italia (1786/88). Ma ne scrive soltanto nel 1816, con profonda nostalgia. Quel mondo festaiolo, quell’armonia sociale non c’è più. C’è stata la Repubblica del ’99. Poi sono venuti i napoleonidi: prima Giuseppe, fratello di Napoleone e poi Gioacchino Murat, suo cognato. E quando Ferdinando di Borbone ritorna, non si chiama più Terzo Re di Sicilia e Quarto di Napoli ma, obbedendo al modello europeo di un centralistico potere, Ferdinando Primo delle Due Sicilie. Dopo il breve regno di Francesco I, quello tormentato di Ferdinando II e quello brevissimo del ventiduenne Francesco II, il Regno è conquistato dai Piemontesi. E il sogno svanisce. La mostra non segue questo lineare procedimento temporale. Ma ci immerge in un viaggio immaginario. E ci ammalia con la musica del tempo che sentiamo in cuffia: brani scelti dalla eccellente musicologa Elsa Evangelista.
Inizia con lo Stabat Mater di Pergolesi di un morbido, profondo colore scuro, in contrasto con il bianco delle figure dei flagellanti; mentre sorridono i candidi puttini marmorei del Sammartino. Poi entriamo nel mondo esotico di cinesi e di egiziani, ci intrighiamo nei giochi d’azzardo, tra numeri esoterici con magici pulcinella, ammiriamo l’arte della natura nelle pietre e negli uccelli impagliati e quella che fa rivivere la Napoli del Settecento con le sue vedute dalla “Einsteiniana” prospettiva spazio-temporale. (v. “Lo spazio a 4 dimensioni nell’arte napoletana. La scoperta di una prospettiva spazio-tempo” di A. Dragoni- T. Pironti ed.). In conclusione c’è la fantasmagorica video-installazione di Stefano Gargiulo e una domanda: siamo entrati nel Paese delle Meraviglie?
Adriana Dragoni
Mostra visitata il 22 settembre
Dal 22 settembre 2019 al 21 giugno 2020
Napoli, Napoli… di lava, porcellana e musica Napoli
Museo e Real Bosco di Capodimonte
Via Miano, 2
Orari: 8.30-19.30 tutti i giorni. Chiuso mercoledì
Info: http://www.napolilavaporcellanaemusica.it/index.php/it/