Emma Suarez, Criminal: Spagna
Berlino, Londra, Parigi, Madrid, quattro città, quattro luoghi ben distinti e caratteristici ma collegati da uno spazio identico che ne stempera i confini: una sala di interrogatorio che annulla le differenze, sospende il tempo, offre pochi punti di riferimento divenendo un non-luogo. Così come in teatro gli elementi della scenografia divengono essenziali anche a definire i comportamenti e i modi di fare e di dire, in Criminal, serie antologica disponibile su Netflix, tutto si svolge dietro e avanti al vetro dell’interrogatorio e nell’atrio che si divide tra l’ascensore, i distributori del caffè e una vetrata che mostra un freddo e anonimo panorama di grattacieli.
Questi i punti cardine e innovativi della serie ideata da George Kay e Jim Field Smith, che propone tre puntate per quattro nazioni (Regno Unito, Germania, Francia e Spagna), ambientate tutte nello stesso, identico interno. Non solo quella scena ma anche il dolore e i crimini, l’odio e l’amore, la ricerca della verità e la menzogna, uniscono le quattro città, uniformano l’umanità, creano un unico, ampio percorso dove, cambiando la lingua e i protagonisti, non cambiano i contenuti. La scelta degli attori, tutti, impreziosisce e rende ampia credibilità alle vicende narrate, offrendo un pretesto per mostrare il marchio di fabbrica e le caratteristiche di una recitazione e di uno stile di narrazione tipici di ogni nazione di produzione.
Ogni puntata ha il nome dell’interrogato le cui tragiche storie vengono fuori attraverso le domande della squadra investigativa e tutto ciò che sappiamo è narrato dalla parola, non esistono i flashback dei delitti, non abbiamo mai visione dell’esterno, due ore valgono un giorno, la vita nelle sale dell’interrogatorio fagocita quella privata, familiare, sentimentale degli agenti, la sostituisce come un microcosmo, un buco nero che vale e assorbe l’universo. Ricercare le verità altrui e allo stesso tempo nascondere se stessi e le proprie debolezze sono il quotidiano travaglio degli investigatori e si rimane incollati al vetro, scusate, allo schermo, con il dispiacere e la liberazione, ogni volta, di lasciare quelle stanze.
Esperimento ambizioso, ma riuscito, quindi. E la voglia che presto continui, lasciando una sola questione insoluta, per noi e anche per Netflix: ci sarai mai un Criminal: Italia?
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