Liliana Moro (Milano, 1961) usa una narrazione che arriva da un processo di sintesi visiva per parlare del mondo e delle contraddizioni della realtà. Per la seconda personale alla Galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea, l’artista elabora un dispositivo di scarto visivo; le immagini si assottigliano fino ad arrivare al cuore della percezione, al punto di fusione tra tutto ciò che accade e tutto ciò che resta della miriade di immagini ipertrofiche.
Il suo è un lavoro sulla materia dell’immagine che arriva a compimento mostrando i punti fondamentali. Solo quelli, non c’è eccesso estetico e le cose appaiono chiare, se pur nella loro moltitudine. Un metodo di lavoro che entra nel cuore delle cose, come sempre nella sua ricerca, dentro l’essenza dei significati, dentro il senso delle cose che accadono, attraversando però la sostanza della materia di cui queste cose sono fatte. Ed è proprio questo il punto centrale del progetto a cura di Agata Polizzi: ripercorrere la realtà procedendo con le stesse modalità, ossia con una costruzione poliedrica che stabilisce continuità, ma che a differenza della realtà si manifesta con un certo distacco emotivo, con lucidità. Sintesi ed ecletticità, in piena coerenza con lo spazio, situato in un palazzo storico della città, con pareti bianche e neutre, ma con l’accenno di alcuni elementi strutturali che rimandano ad una estetica concreta e industriale.
In questo contesto le opere di Liliana Moro si integrano in modo ineccepibile e dialogano con il mondo intero, in un rimando continuo tra universale e particolare. Così l’opera Salvagente che non salva, una serie di sculture in cemento, al centro dello spazio, mostrano l’anima della camera d’aria, ma in negativo, con la pesantezza del cemento che non galleggia e tocca un fondo, senza mare. Sembrerebbe scontato pensare ai fatti di cronaca che bagnano il Mediterraneo ma non è così, è un lavoro di semiologia che tratta il segno di una generale pesantezza dell’esistenza che ha mille approdi e allo stesso tempo nessuno. In relazione alle sculture si presenta l’installazione del lampione capovolto, che illumina il basso, il pavimento, le storie in ombra. Dar luce alle cose fragili, a tutte le cose calpestabili, a qualunque latitudine. Il lampione intercetta le traiettorie non solo delle sculture, ma anche degli altri due lavori presenti in mostra: Àncóra, il neon che dà il nome alla mostra, è ossimoro e simbolo in equilibrio tra un senso di continuità e la ricerca di stabilità; il neon, speculare ai quattro collage con immagini crude tratte dalla contemporaneità e dalla cronaca, chiude il progetto lasciando nella retina una piccola macchia di luce che ci si porta dietro per un po’, come a dire: ancóra qui? No, ancóra ovunque.
Salvatore Davì
mostra visitata il 18 febbraio
Dal1’8 febbraio al 1 maggio 2015
Liliana Moro, Àncóra
Galleria Francesco Pantaleone Arte Contemporanea
Via Vittorio Emanuele 303 – Palermo
Orari: dal martedì al venerdì 10:00 – 19:00 sabato 10:00 – 18:00
Lunedì e domenica chiusi